ilNapolista

«Sì, è una questione di soldi. I club sono aziende e producono tasse»: la sincerità del Crystal Palace

The Athletic riprende un articolo di Steve Parish sul Sunday Times: «Chi ci dice che ad agosto e settembre la situazione sarà diversa?»

«Sì, è una questione di soldi. I club sono aziende e producono tasse»: la sincerità del Crystal Palace

“Il calcio non ha senso, ma è magnificamente insignificante”. Steve Parish è il Presidente del Crystal Palace, squadra bloccata a mezza classifica dal lockdown. È una posizione privilegiata per osservare il grande dibattito della ripresa del calcio inglese: nessun interesse sportivo in particolare, se non quelli finanziari. Che è poi, secondo Parish, prevedibilmente la chiave di tutto: “Sì, in parte si tratta di soldi”, ha scritto in un articolo pubblicato dal Sunday Times e sul sito del Crystal Palace e ripreso da The Athletic.

“Nessuno vince se la Premier League prende meno soldi. Nessuno”. Il presidente del Palace dice che il calcio è “una delle industrie più efficienti nel produrre tasse in Gran Bretagna”, e che, nonostante tutte le critiche sui giocatori pagati eccessivamente, il 50% di questi stipendi torna direttamente nelle casse dello Stato. I club della Premier League pagano circa 3,3 miliardi di sterline di tasse ogni anno. E ogni club ha un enorme impatto sulle imprese locali e nelle rispettive comunità.

La discussione al netto della facciata, dell’ “integrità sportiva”, è tutta lì: le squadre di calcio sono aziende. E, dice Parish, nessuna impresa è immune alla realtà dei profitti e del flusso di cassa. Il modello economico del Palace si basa fortemente sulle entrate dei diritti tv, che potrebbero essere tagliate se la stagione finisse per essere cancellata. Gli introiti delle tv ammontavano a 121 milioni di sterline, oltre l’80% delle entrate totali. Perdere questi soldi li metterebbe in crisi.

The Athletic sottolinea che, “come ogni altro club, il Palace sta facendo tutto ciò che può a livello locale per aiutare la comunità, fornendo 900 pasti a settimana ai lavoratori del servizio sanitario nazionale in collaborazione con l’organizzazione benefica alimentare City Harvest London, aiutando a organizzare la consegna di 3.000 mascherine. La capacità di fornire tali servizi, tuttavia, può continuare solo se l’attività è ancora redditizia”. Insomma: hanno bisogno del calcio giocato, e che i contratti con le emittenti tv siano rispettati.

In questo momento c’è una frattura in corso, con 6-7 club su 20 che non hanno intenzione di accettare di giocare la restante parte di stagione in campo neutro. Parish sottolinea che se la stagione in corso non può essere conclusa, “perché dovremmo supporre che la prossima possa iniziare ad agosto o settembre? Siamo convinti che le cose saranno diverse da come lo sono adesso? Più riusciamo a risolvere ora, maggiori sono le possibilità di tornare al gioco che tutti amiamo. Ma se lo Stato decide che la gravità degli eventi impone che non è appropriato giocare, allora lo rispetteremo”. “Ma preoccuparci della terribile situazione che ci circonda e preoccuparci dei club e del nostro settore sono cose che non si escludono a vicenda”.

ilnapolista © riproduzione riservata