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La Serie A (che vuole giocare) si sente prigioniera del governo e pensa a una clamorosa rottura

Il fronte del sì vorrebbe una decisione alla tedesca. “Se ci impediscono di lavorare, portiamo il governo in tribunale”. Intanto è cominciata la strategia del pantano

La Serie A (che vuole giocare) si sente prigioniera del governo e pensa a una clamorosa rottura

È stata Angela Merkel, anzi sono stati i Laender a cambiare il quadro e la prospettiva del calcio in Europa. Il sì alla ripresa della Bundesliga (si ricomincia il 16 maggio, c’è anche il calendario) è parso dare una scossa decisiva. Come se da un giorno all’altro il resto d’Europa potesse uniformarsi alla Germania. In realtà le cose non stanno propriamente così.

Nel Regno Unito si procede a circa 500 vittime al giorno (oggi 539), la fase due è di là da venire. In Spagna l’associazione calciatori è lontana mille miglia da quella italiana e indirizza al governo una lettera al vetriolo in cui definisce incostituzionale il protocollo per la ripresa della Liga.

E in Italia? In Italia tra i club che vogliono riprendere a giocare, comincia a farsi strada l’idea che la nuova strategia del governo sia quella del pantano, delle sabbie mobili. La classica strada italiana. Sembra finito il tempo delle contrapposizioni più o meno ufficiali. La modalità è cambiata. Il fronte del no si affida, per dirla calcisticamente, al palla lunga e pedalare, o anche alla palla in tribuna. Si prende tempo.

Oggi si è svolto l’incontro tra la federcalcio e il comitato tecnico-scientifico. Sostanzialmente, al di là del burocratese, non è stato fatto mezzo passo in avanti. Anche perché il nodo non è così facile da sbrogliare: cosa fare in caso di giocatori positivi? L’Italia potrà seguire il modello tedesco e bypassare la quarantena e provvedere all’isolamento del singolo? Adesso la procedura prevede l’invio di una relazione al ministero della Sanità. È storicamente complicato trovare in Italia qualcuno che si assuma responsabilità, figurarsi in una situazione in cui comunque domani si toccheranno i trentamila morti per coronavirus.

Sembra finito il tempo del botta e risposta, degli schieramenti. Conte che commissaria Spadafora, Lotito e i suoi contro Malagò, il fronte del sì che si avvale di un’intervista al giorno tra Renzi, Salvini e Meloni, l’assocalciatori che si è ammorbidita e sembra voler giocare. Si è invece entrati nella classica fase del temporaggiamento. Fase che sta irritando i club desiderosi di tornare in campo. Avrebbero desiderato un approccio tedesco: riunione, decisione, nuovo calendario. In Italia funziona diversamente. È vero che il presidente del Consiglio è più incline del ministro Spadafora al ritorno in campo. Ma la partita che si sta giocando è decisamente più ampia. I tempi della politica non sono quelli del calcio. Gli equilibri sono delicati – oggi sono ricomparsi sui quotidiani i retroscena sulla tenuta della maggioranza – e una cosa sono le schermaglie, un’altra le rotture effettive.

Il fronte del sì si sta spazientendo. Tra i presidenti si sta facendo strada l’ipotesi di una clamorosa rottura. Di una ufficiale presa di distanza dal governo. Uno scontro aperto con Palazzo Chigi, scontro che potrebbe persino finire in tribunale. “Ci impediscono di tornare in campo, dobbiamo tutelarci in qualche modo”. Non sappiamo se finirà alle carte bollate. Di certo il fronte del sì ha capito che i tempi non sono così rapidi. Pretende risposte chiare, preferibilmente in linea con quelle assunte a Berlino.

Nel frattempo oggi è arrivata la notizia dei sei positivi della Fiorentina (tre calciatori e tre dello staff) e Spadafora ha proseguito nella sua nuova linea. Addio scontro frontale.

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