Eriksen: «La mia pandemia nel centro dell’Inter. Una volta sono uscito, la polizia mi ha fermato»
Al Sun: «Chiusi gli alberghi, ho pensato di andare dormire sul divano di Lukaku o Young, ma tre settimane sono tante. Mi alleno in un garage seminterrato»

Essere Christian Eriksen. Essere considerato un grande calciatore, aver disputato la finale di Champions, e pochi mesi dopo finire catapultato in una squadra – l’Inter – dove fai la riserva e il tuo allenatore ti tratta come un comprimario qualsiasi. Ma non è tutto. Eriksen – racconta al Sun – cosa gli è successo quando è scoppiata la pandemia e l’Italia ha adottato il lockdown. Ha dovuto lasciare l’albergo e si è trasferito in un centro messo a disposizione dall’Inter. Non tocca il pallone da due mesi, si allena facendo il giro del garage seminterrato.
«Posso correre 35 metri, mi giro e torno indietro lungo gli stessi 35 metri». Depresso dalla condizione, ha anche pensato di farsi ospitare da Lukaku e Ashley Young ma dormire sul divano in casa altrui per tre settimane, non è semplice, è molto tempo. «Anche loro avevano la loro famiglia. Alla fine, altri cinque membri dell’Inter hanno scelto di proteggere le loro famiglie e di rimanere nel complesso di allenamento come me».
Eriksen dice che non gioca da più di due mesi. «Non tocco un pallone da sette settimane, non mi era mai successo. Mi manca molto».
«La polizia mi ha fermato. Nel mio italiano piuttosto scadente ho dovuto spiegare cosa stavo facendo, dove stavo andando e perché ero fuori di casa».
«Non ho mai avuto così tanto tempo libero e non si può nemmeno fare shopping. Non possiamo lamentarci, è molto più difficile per molti altri, ma è così diverso dalla vita cui siamo abituati».
«Seguo il programma di allenamento inviato dal club e anche la loro dieta».