Il New York Times racconta la disavventura di due novelli sposi sudafricani che non possono lasciare l’atollo e quando ci riusciranno saranno costretti a pagare un conto stellare
Confinati in una infinita luna di miele, ad oltranza. Il sogno che diventa una specie di gabbia dorata, con risvolti grotteschi. Olivia e Raul De Freitas sono due novelli sposi sudafricani bloccati su un atollo delle Maldive dalla pandemia. Il viaggio di nozze s’è trasformato in una permanenza obbligata: non sono riusciti a tornare in patria prima che chiudessero frontiere ed aeroporti. E ogni giorno che passa, stra-viziati dallo staff di un resort di lusso che in pratica ora lavora solo per loro, diventano più poveri: il soggiorno resta a spese loro, il governo sudafricano non ha alcuna intenzione di pagare nemmeno il volo privato che servirebbe per riportarli a casa assieme ad un’altra ventina di connazionali nella stessa situazione.
La storia l’ha raccontata il New York Times, ed è una sceneggiatura già scritta. I De Freitas sono arrivati al Cinnamon Velifushi Maldives il 22 marzo scorso, un atollo-resort da 180 ospiti. La camera costa 700 euro a notte. Il 25 marzo leggono che il Sudafrica il giorno seguente avrebbe chiuso tutti gli aeroporti. Non essendoci voli diretti dalle Maldive la coppia avrebbe dovuto imbarcarsi su un volo che avrebbe fatto scalo altrove rischiando seriamente di restare bloccati in un’aeroporto internazionale chissà fino a quando. Quindi restano. Gli ultimi ospiti del resort – degli americani – vanno via il 28 marzo facendo scalo in Russia.
Restano soli. Il Consolato gli comunica che l’unica soluzione sarebbe noleggiare un jet privato, per circa 100mila euro, da dividere con gli altri pochi sventurati nelle stesse condizioni. Ma nessuno accetta di sborsare quella cifra. Nel frattempo non resta che provare a godersi questa strana “vacanza” ad oltranza.
Il New York Times racconta di queste giornate lunghissime, passate tra un tuffo, lunghe dormite, qualche lettura e tanta noia. Giocano a biliardo e ping pong, i camerieri sono a loro completa disposizione e non avendo altro da fare li “perseguitano” cercando di rendere il soggiorno piacevole: c’è l’istruttore di subacquea che ogni volta che li incrocia gli propone di fare snorkeling, c’è l’addetto alle camere che bussa alla porta anche 5 volte al giorno, c’è lo chef che cucina manicaretti solo per loro.
Ieri, dopo due settimane, con un’ora di preavviso l’ambasciata gli comunica via WhatsApp di fare i bagagli. Vengono trasferiti in un altro resort di lusso, dove trovano altri 20 connazionali convogliati lì. E per ora sono lì. Gli aeroporti sudafricani dovrebbero riaprire il 16 aprile, ma non si sa chi dovrebbe pagare il volo speciale per riportarli a casa e non si riesce a trovare un equipaggio maldiviano pronto a pilotare l’aereo, perché probabilmente una volta atterrati verrebbero bloccati in quarantena.
Ogni giorno che passa il conto aumenta. E il rischio, ora, è che quando questa avventura di nozze sarà finita, si ritroveranno poveri in canna per una luna di miele infinita.