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Berrettini: «Nel tennis non c’è contatto, ma obbliga a viaggiare, e questo rende problematica la ripresa»

A La Stampa: «Negli Usa ogni stato ha le sue regole. In Florida hanno riaperto spiagge e parchi mentre a New York ci sono più di 30 mila morti e la situazione è terribile. Per noi giovani sarà una bella sfida tornare in campo» 

Berrettini: «Nel tennis non c’è contatto, ma obbliga a viaggiare, e questo rende problematica la ripresa»

Su La Stampa un’intervista a Matteo Berrettini. Racconta la sua quarantena, trascorsa ad allenarsi in giardino, dove ha allestito una palestra artigianale. Parla del futuro del tennis.

«Complicato. Per me sarà lunga, quindi bisogna gestirsi bene. Il tennis è uno sport facile perché non c’è contatto, ma ti obbliga a viaggiare, e questo lo rende problematico.  E non si può neanche dire: tu vieni da una nazione e puoi giocare, tu da un’altra e non puoi. Occorre aspettare che la situazione si stabilizzi prima di capire se, quando e come si giocherà».

Sulle porte chiuse:

«Sia per noi sia per gli spettatori sarebbe importante avere qualcosa da guardare. Una passione da coltivare, nel limite delle regole, in un periodo così difficile. Il bello del tennis è avere il pubblico, sul campo e in tv, ma se si in campo potranno starci solo in due, pazienza, bisognerà accontentarsi».

Se dovesse scegliere salverebbe un unico torneo: Roma.

«Roma. Giocare anche gli Us Open e Parigi sarebbe bello, ma non so se avrebbe un senso salvare uno o due tornei. Meglio inventarsi dei tornei “regionali”e ripartire l’anno prossimo».

Accetterebbe anche l’idea degli Internazionali in versione indoor.

«Su due piedi: più riusciamo a giocare, meglio è. Giocare a Milano o Torino non sarebbe il finimondo, e farebbe bene anche all’economia».

Berrettini parla anche dell’emergenza virus.

«Difficile dare un giudizio. Un’emergenza così nessuno l’aveva mai vissuta. Parlo con i miei genitori, mi dicono che in Italia è dura. Gli Usa sono un paese enorme, c’è un presidente, ma ogni stato ha le sue regole. In Florida hanno riaperto spiagge e parchi mentre a New York ci sono più di 30 mila morti e la situazione è terribile».

Ipotizza come sarà la ripresa, con i giovani che faticheranno di più.

«I Next Gen, specie chi è più in basso in classifica. I tornei minori soffriranno di più e sarà difficile emergere. I tre grandi hanno già dimostrato di saper tornare più forti di prima dopo lunghi infortuni. Per noi giovani sarà una bella sfida. Tutti avranno voglia di giocare, mi aspetto una ripartenza molto competitiva».

La prima cosa che farà quando sarà tutto finito?

«Affitterò una grande casa per stare insieme alla mia famiglia e ai miei amici. Come si faceva prima».

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