Al Corsport: «È qualcosa di molto simile a una guerra. I soldi, il potere non possono essere il fondamento di tutto. Spero che questa vicenda possa far bene a tutti»
Lunga intervista concessa da Marco Tardelli – adesso candidato alla presidenza dell’associazione calciatori – al Corriere dello Sport. Parla ovviamente dell’emergenza coronavirus.
Uscire da un tunnel di questo genere fornirà energia. Spero che questa vicenda possa fare bene a tutti. A tutto il calcio? A tutti noi. Guarderemo la vita in una maniera diversa. Questa esperienza c’insegnerà che continuare a massacrare la natura come stiamo facendo è male. La natura pensa da sola a presentare il conto. Il calcio, ma non solo il calcio, dovrà capire che è arrivato il momento di ridimensionarsi, di calmierarsi. Dobbiamo rivedere un po’ tutto, comprendere dagli errori del passato come garantirci un futuro. Io penso che possa accadere. Anche se l’essere umano ha la memoria corta.
Non posso dire che sia come la guerra. Non l’ho conosciuta. Però mi sembra qualcosa di molto simile. Solo che in guerra ti venivano a stanare. Il Coronavirus puoi evitarlo standotene tranquillo in casa tua. Abbiamo tante chance in più, approfittiamone. I soldi vengono e vanno, la guerra ha distrutto tutto eppure siamo riusciti a ripartire. Ce la faremo anche in questa situazione, se tutti lo vogliamo.
Talvolta sembra che qualche politico, come qualche dirigente sportivo, cerchi solo di trarre profitto dalla situazione.
Evidentemente non tutti la comprendono appieno, la situazione. I soldi, il potere: non possono essere il fondamento di tutto. Né politici né presidenti devono fare polemica in questo momento. Nessuno deve farne. Dobbiamo trovare un modo, tutti insieme, di venirne fuori. Eppure, esempi ne abbiamo avuti: ci sono squadre in cui hanno avuto qualche contagiato, altre che non lo sanno perché non si fanno i test. Non raccontiamoci balle, soprattutto. L’unico modo di rimettere tutto a posto è aiutarci l’un l’altro. Questa cosa colpisce chiunque, non ci sono né ricchi né poveri. Sento qualcuno dire: fanno i tamponi ai calciatori e non li fanno ai medici. Ma se sono gli stessi medici a dire che non serve farli a tutti, se non ci sono sintomi. I calciatori sono anche un investimento, una voce del bilancio. Vanno controllati e comunque sono stati testati quelli che avevano avuto contatti evidenti con persone che poi si sono ammalate».