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Le 10 cose da ricordare di Napoli-Parma (due sono parate di Meret)

Gli scivoloni di Koulibaly e Zielinski da cui nascono in due gol. La nemesi del contropiede perfetto di Gervinho. Il primo pallone sbagliato da Allan regista. Callejon in controtempo. La manona e il piedone di Meret. La porta mancata da Insigne da 10 metri.

Le 10 cose da ricordare di Napoli-Parma (due sono parate di Meret)

Uno. Il pallone perso da Allan al primo minuto. Chiamiamolo vertice basso o chiamiamolo regista, il nuovo Allan ha debuttato con uno strafalcione, importa poco stabilire se tecnico o psicologico, forse entrambi. Nel Napoli dell’esasperato palleggio sarriano, aveva in Allan il giocatore più bisognoso di un tocco in più. Era difficile pensarlo all’epoca come il faro della costruzione del gioco. Se sbagli il primo pallone c’è di sicuro una componente mentale. Ora rimane da capire se la sostituzione di Gattuso è una presa di coscienza di tutto questo, la consapevolezza cioè che Allan non sia il profilo giusto per quel compito. Rimane da capire pure se il ritorno al 4-4-2, o vogliamo chiamarlo 4-2-3-1, non sia la realizzazione dell’idea che senza un regista puro le due linee a tre non sono sostenibili. 

Due. Il pasticcio di Koulibaly. Salta all’occhio il gigante scivolato che manda verso la porta Kulusevski per il primo gol, come momento massimo dei primi 10 minuti da incubo. Il fatto che KK si sia anche infortunato nell’azione aggiunge una componente di fatalità. A parte questo, bisogna sottolineare la genesi del pasticcio, cioè le letture difensive sbagliate che hanno portato Koulibaly a scivolare. Manolas è andato a saltare su Cornelius in modo improprio lasciando prato libero alle sue spalle. Il muro sognato in estate non c’è stato mai. La partenza di Albiol ha lasciato un vuoto sottovalutato. 

Tre. Il duello spalla a spalla Manolas-Gervinho. Un altro scivolone a metà campo (i tacchetti li abbiamo controllati bene?) ha messo in moto l’ivoriano. In questo caso, senza dover puntare sulla lucidità, il greco è andato sul terreno della velocità e ha retto la sfida in corsa. È il segno di una buona tenuta atletica della squadra. Il Napoli non ha grossi problemi di condizione fisica. La squadra corre. 

Quattro. La porta mancata da Insigne da 10 metri. Al minuto 33 l’assist di Milik ha messo Lorenzo nelle condizioni ideali per segnare. Ideali per chi? Questo bisogna domandarsi. Non per un giocatore spaventato non solo dal pubblico ma dalla sua ombra. Uno che non osa le giocate difficili e non indovina quelle facili. Gioca con un senso di colpa addosso che gli impedisce di essere d’aiuto. 

Cinque. La manona con cui Meret manda sul palo il tiro di Gervinho. Minuto 42. Un’altra straordinaria parata del miglior giocatore della stagione del Napoli. Si dice spesso che non è facile avere due o tre occasioni a partita in cui giocare e farsi trovare pronti. La sensazione è che il Napoli si stia preparando a concedergliene sempre di più di occasioni per parare. 

Sei. Il non rigore sul finire del primo tempo. Zielinski si infila in un corridoio verso l’area e inciampa in qualcosa, forse la punta di un piede forse in un refolo di vento. Il VAR corregge il fischio dell’arbitro e porta la palla fuori dall’area per una punizione dal limite. Meglio così. Un rigore del genere, fragile come la tenuta attuale del Napoli, non è roba da voler avere nel proprio curriculum. 

Sette. Callejon preso in controtempo. Minuto 53. Di Lorenzo cerca l’ala spagnola con un pallone teso e veloce che si perde in fallo laterale. Callejon in controtempo è un ossimoro. Callejon è l’uomo della battuta al volo e della scelta precisa dell’istante esatto. È l’uomo degli inserimenti con il timer. Se non arriva su un pallone semplice ha un disagio epocale.

Otto. La scivolata di Manolas con le braccia strette al corpo. Minuto 55. Il greco va a fare muro sdraiandosi a terra in area di rigore senza appoggiare le mani a terra, ma tenendole strette sul tronco, appoggiate al busto. È l’atto di nascita di un nuovo fondamentale. I difensori cominciano ad allenarsi a questo gesto

Nove. Il garellismo di Meret. Minuto 70. Giusto per proseguire il discorso sulle sue parate, bisogna qui aggiungere quella di piede su Gervinho. Un gesto che cita il miglior Garella dell’anno dello scudetto. Ora ci mancano solo un Maradona, un Giordano, un Carnevale, un Bagni e un Ciccio Romano. 

Dieci. Il gol di Gervinho. Il contropiede perfetto segnato alla squadra che ha interpretato questi suoi ultimi anni nel segno del possesso palla. Una nemesi. Una pietra definitiva su una storia. La scivolata di Zielinski a metà campo (e sono tre, i tacchetti!) è un timbro beffardo non una causa. È più decisiva casomai la cattiva copertura di Mario Rui che non va a marcare al centro. Certe volte il fatalismo spiega molto più di una lavagna tattica. Deve andare così. 

 

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