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Insigne è uno degli equivoci del Napoli di Ancelotti

Si è rivelato sbagliato il tentativo di responsabilizzare i calciatori dal punto di vista della tattica individuale. Una scelta inadatta per questa rosa

Insigne è uno degli equivoci del Napoli di Ancelotti

La tattica e la testa

I discorsi sui rapporti interni al Napoli condizionano inevitabilmente i giudizi su ciò che avviene in campo. In questo spazio, però, parliamo di campo. Per quanto riguarda Udinese-Napoli, non possiamo ignorare – non è possibile farlo – l’impatto della psiche sull’evanescenza del Napoli del primo tempo, così come un approccio diverso avrà sicuramente determinato il (leggero) miglioramento che si è percepito nella ripresa. Però ci sono anche delle spiegazioni tattiche, per cui il Napoli visto nei secondi 45′ di gioco è parso una squadra su un livello più alto rispetto a quella della prima frazione.

Le scelte iniziali di Ancelotti sono state quelle classiche: 4-4-2 in fase difensiva; in fase offensiva, Di Lorenzo scalava terzo centrale e Mario Rui diventava esterno sinistro a tutta fascia; il “dirimpettaio” del portoghese, sulla destra, era Callejón. Come si vede nel frame sotto, si è ripetuta la classica dinamica utilizzata dal Napoli per avere superiorità numerica durante la costruzione bassa.

Fin dai primissimi istanti di partita, il Napoli imposta con tre centrali difensivi

In avanti, la posizione fluida di Insigne determinava un modulo oscillante tra il  3-5-2 al 3-4-2; Lorenzo ha agito nel mezzo spazio di centrosinistra, ma ovviamente ha ricercato una posizione più avanzata, quasi come a creare una sorta di schema 2-1 con Mertens alle spalle di Lozano.

Il Napoli in fase attiva nei primi 45 minuti di gioco

Ebbene, con questa disposizione il Napoli non ha creato una sola azione offensiva reale. Nei primi minuti, la squadra di Ancelotti è anche riuscita a occupare il campo con ordine, ha cercato di alzare la frequenza e l’intensità del pressing per tenere bloccata l’Udinese. A sua volta, però, la squadra di casa ha agito in maniera furba. Semplicemente, si è raccolta a protezione della propria area e degli spazi a ridosso della trequarti. È bastato questo per neutralizzare completamente qualsiasi velleità offensiva degli uomini di Ancelotti.

I dati impietosi del primo tempo: il Napoli ha tentato solo 5 volte la conclusione verso la porta; dei 3 tiri provati all’interno dei 16 metri, solo uno è arrivato da azione manovrata; un solo dribbling riuscito su 8 tentati; due soli passaggi chiave (ovvero i passaggi che determinano un’occasione da gol), di cui uno dalla bandierina del calcio d’angolo, quindi da palla ferma, e uno di Koulibaly. Che di mestiere farebbe, fa, il difensore centrale.

L’Udinese schiera undici uomini nella propria metà campo

Insomma, torniamo a uno dei topic classici di questa rubrica, almeno nell’ultimo periodo: il Napoli è una squadra che non riesce a costruire gioco offensivo. Che fa fatica a trovare connessioni tra i reparti e tra i giocatori in fase d’attacco, e in cui nessuno si assume una reale responsabilità creativa. Con quest’ultima considerazione, intendiamo non solo spunti personali, ma anche passaggi e/o soluzioni che riescano a disordinare l’assetto difensivo avversario. Nel gioco offensivo di Ancelotti, quest’ultimo aspetto è fondamentale. E al Napoli 2019/20 manca completamente.

È una critica rivolta contemporaneamente alla squadra e all’allenatore, anche alla luce di quello che è successo nel secondo tempo – e che proveremo a spiegare tra poco. Il Napoli non ha meccanismi offensivi fissi, soprattutto dopo la primissima impostazione. Il talento dei giocatori e un ritmo alto delle giocate dovrebbero determinare la creazione delle occasioni da gol. È stata una scelta di Ancelotti fin dal suo arrivo al Napoli, nel tentativo di responsabilizzare i calciatori dal punto di vista della tattica individuale. Ecco, oggi quella scelta non sta pagando dividendi tecnici. Si è rivelata sbagliata. Inadatta per questa rosa, per quasi tutti i suoi elementi cardine. Sono state sbagliate le valutazioni della società e del tecnico, nel frattempo i calciatori – a loro volta – non sono riusciti e non riescono a uscire da una loro comfort zone emotiva e tecnica.

Il Napoli a sprazzi (che in realtà avrebbe dovuto essere a strappi)

Nella ripresa, Ancelotti ha inserito Llorente per Insigne. Ma soprattutto ha determinato un reale passaggio al 4-4-2, diventato schema di riferimento pure in fase offensiva. In realtà, la spinta di Di Lorenzo e Mario Rui ha portato il Napoli ad attaccare con un 2-4-4, come si evince dal campetto delle posizioni medie in basso.

Anche per via di questa trasformazione, il Napoli è riuscito ad alzare di più e più volte il ritmo del proprio gioco offensivo. Come detto sopra, si è visto anche un diverso approccio mentale – ma non è un dato empirico, quindi il discorso su questo aspetto si esaurisce qui, almeno in questo articolo. Per quanto riguarda l’analisi tattica e statistica, i risultati positivi di questo cambiamento appartengono a un discorso che abbiamo già affrontato in precedenti articoli di questa rubrica: le scelte di Ancelotti, in alcune partite, ci sono sembrate troppo conservative.

Contro un’Udinese schierata senza alcuna attitudine offensiva a parte la ricerca del contropiede, bloccare Di Lorenzo sulla linea dei difensori in fase di costruzione si è rivelata una precauzione eccessiva. Lo dicono anche i dati: gol a parte, la squadra friulana ha tentato solo 4 conclusioni verso la porta di Meret; nel secondo tempo, due tiri totali, uno al 75esimo minuto e uno all’89esimo.

Il 12esimo uomo in campo è Amin Younes (col numero 34), subentrato a Lozano (numero 11) nel corso della ripresa

Riprendiamo una frase di questo articolo, non per autocitarci ma per provare a spiegare meglio questo concetto: se la pericolosità offensiva del Napoli si determina attraverso il talento dei giocatori e il ritmo alto delle giocate, la presenza di due esterni per fascia (il terzino e il laterale offensivo) e di due punte aumenta la presenza di uomini nella metà campo offensiva. Quindi, aumentano le linee di passaggio, il possesso può essere più fluido, più veloce. E, ovviamente, ci sono più uomini in avanti, in grado di smarcarsi e quindi da poter potenzialmente servire.

Nel secondo tempo di Udinese-Napoli, la squadra di Ancelotti schierata con il 4-4-2 (o 2-4-4 in fase offensiva) ha generato 14 conclusioni verso la porta di Musso; di queste 14, 9 sono arrivate dall’interno dell’area di rigore e 3 nello specchio della porta. Sempre per tornare al discorso precedente: come è arrivato il gol del Napoli? Dopo un’azione personale di Zielinski, che ha deciso di accelerare palla al piede, ha creato uno scompenso nel sistema difensivo dell’Udinese, ha determinato un’azione di pressing alto in posizione avanzata di campo e poi ha avuto la freddezza e la qualità di approfittare di una palla sporca all’interno dell’area di rigore.

Il gol di Zielinski

Ecco, in questo e in alcuni momenti abbiamo visto il Napoli che ha in mente Ancelotti. Quello di ieri è stato una squadra vista a sprazzi quando invece dovrebbe andare a strappi. Come quello di Zielinski, appunto; come quelli di Di Lorenzo, che sfruttando i giochi a due con Callejón ha creato 3 occasioni da gol solo nel secondo tempo, la quota più alta del Napoli e di tutti i giocatori in campo.

È da inizio stagione che il Napoli non riesce a esprimersi come nel secondo tempo di Udine, però con una buona continuità all’interno della stessa partita. In questo discorso hanno un peso importante anche le assenze. Questa squadra è stata costruita (anche) intorno a Malcuit e Ghoulam e Milik, ovvero giocatori (potenzialmente) in grado di inventare giocate – fisiche, tecniche, in velocità – che possono alzare il ritmo della manovra, creando nuovi sbocchi oppure soluzioni diverse in fase conclusiva. Anche le scelte di Ancelotti, in alcuni casi – la partita con il Genoa, per esempio – hanno determinato una spinta offensiva minore quando invece il problema da risolvere è palesemente offensivo.

Contro l’Udinese, ieri, è bastato inserire Llorente al posto di Insigne per determinare un sistema in grado di aumentare l’intensità del pressing. Quindi, della fase d’attacco. Insigne è solo uno degli equivoci del Napoli, intendiamoci. Ieri, però, la sua prestazione è stata nulla e la sua presenza in campo dall’inizio ha impedito al Napoli di poter cercare opzioni diverse. Che si sono materializzate nella ripresa. Che si sono percepite. Ancelotti potrebbe ripartire da qui, al netto dei rapporti tesi e della condizione psicologica della squadra, per provare a invertire un trend da incubo, nei risultati e nella qualità del gioco.

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