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Il Napoli di Ancelotti è rimasto a metà strada

Ha provato a voltare pagina dal punto di vista tattico, eppure va ancora in campo con Callejón, Mertens e Insigne. È un progetto incompiuto

Il Napoli di Ancelotti è rimasto a metà strada

Il Napoli ha problemi offensivi

Quando Carlo Ancelotti, un anno fa, ha iniziato a schierare il Napoli con un centrocampo a due, ha fatto una scelta chiara. La sua squadra avrebbe dovuto attaccare soprattutto in verticale e in ampiezza, portando in avanti due uomini su entrambe le fasce (l’esterno basso e l’esterno alto). In alcune partite, il Napoli è riuscito a mostrare questa dinamica. Ieri sera contro il Genoa, e in questa prima fase negativa di stagione, la squadra azzurra ha fatto fatica a concretizzare questo meccanismo offensivo. A cascata, tutto il progetto tattico diventa inefficace, perché basta pochissimo per disinnescare la fase d’attacco del Napoli.

Thiago Motta, ieri sera, ci è riuscito con pochissimi accorgimenti: possesso palla esasperato fin dalla prima costruzione (il dato finale vede il Genoa avanti al 58%), grazie al movimento del regista (Schöne) che veniva in mezzo ai due centrali per creare superiorità numerica con i due attaccanti del Napoli; continui ribaltamenti orizzontali; sovraccarico sulla fascia sinistra, quella in cui il Napoli schierava l’esterno più offensivo (Insigne) e un terzino destro adattato (Hysaj). Sotto, la mappa posizionale del Genoa spiega chiaramente quest’ultima dinamica: Pandev, a piede invertito, ha lavorato come terzo uomo accanto al laterale basso a destra (l’ottimo Ankersen) e alla mezzala (Cassata).

Pandev, ovviamente, è il numero 19

Tenendo palla, il Genoa si è difeso. Il resto della fase passiva della squadra ospite è tutto in una semplice densità centrale, nella chiusura elementare degli spazi. Non c’è stato mai bisogno del raddoppio sull’esterno, se non per alcune (pochissime) sortite di Di Lorenzo a destra. A sinistra, invece, Hysaj non si è praticamente mai sovrapposto (come si vede nel campetto posizionale appena sotto). Torniamo al discorso iniziale: senza terzini sinistri di ruolo, ma in generale senza terzini che spingono forte sulla propria fascia di competenza, il gioco del Napoli diventa facilmente leggibile. Diventa prevedibile. Non a caso, 12 delle conclusioni del Napoli sono arrivate da fuori area; delle 7 scoccate dall’interno dell’area, solo una è finita nello specchio della porta (il colpo di testa di Elmas). Traduzione dei numeri in lettere: il Napoli ha problemi offensivi.

Hysaj ha toccato pochissimi palloni nella metà campo avversaria, e non è mai andato sul fondo

Per questa partita, le scelte di Ancelotti sono state chiarissime fin dal primo minuto. Con Hysaj sulla fascia sinistra, ha provato ad alternare la difesa a tre in fase di costruzione con uno schema più audace, in cui l’albanese saliva sulla stessa linea di Di Lorenzo,  mentre Fabián offriva il suo supporto in fase di costruzione, retrocedendo quasi sul centrodestra della difesa. In questo modo, si determinava una sorta di 3-3-4 con doppia asimmetria, con Insigne e Callejón a cercare di aggredire i mezzi spazi e l’appoggio dei terzini.

Difesa a tre in costruzione; Fabián Ruiz è sul centrodestra, Zielinski offre lo scarico semplice

Solo che, ripetiamo: questa sarebbe stata una dinamica funzionale e funzionante qualora Hysaj avesse garantito una spinta costante dal suo lato. L’albanese, invece, è un giocatore offensivamente (e tecnicamente) poco brillante, e inoltre è stato schierato sul suo piede debole. Ovviamente tutto va legato anche alla volontà di insistere su Insigne come esterno offensivo. La scelta di utilizzare il capitano del Napoli in quello slot spinge Ancelotti a inserire un terzino più difensivo da quella parte. Insigne ha grande qualità e può sempre inventare una giocata che risolve positivamente la partita, ma quando non è in serata (come ieri contro il Genoa: zero tiri, zero passaggi chiave, zero dribbling in 65 minuti) diventa un peso tattico insostenibile per il Napoli.

Torniamo ancora al discorso iniziale: se la squadra si dispone in campo per sfruttare l’ampiezza, e l’esterno creativo non offre sbocchi alla manovra e non può nemmeno contare su un valido gioco a due con il laterale basso, il castello di carte è destinato a crollare. Inoltre, una squadra che cerca di rimanere sempre molto larga in fase offensiva finisce per dilatare troppo le distanze tra i propri giocatori in campo. Quindi non è facile trovare alternative, se non attraverso giocate estemporanee dei singoli. Un altro aspetto che al Napoli è mancato, ieri sera: solo Mertens ha superato più di una volta il suo avversario diretto in dribbling,

Le scelte in attacco

Il secondo aspetto da analizzare circa le difficoltà offensive del Napoli, riguarda la scelta degli attaccanti. L’assenza di Milik ha tolto una possibilità ad Ancelotti, d’accordo, ma per chi scrive non è facile spiegare la rinuncia a Llorente e la riproposizione della coppia Mertens-Lozano contro il Genoa. Se nella sfida al Salisburgo l’idea è stata quella di aggredire in verticale una squadra geneticamente squilibrata, che tende fatalmente a scoprirsi – un’idea che ha funzionato, seppure solo parzialmente –, e la stessa cosa avvenne contro il Liverpool al San Paolo, il match contro un avversario più compatto in fase difensiva non ha offerto il contesto migliore alle due punte del Napoli.

Zielinski porta bene il pallone dentro la metà campo avversaria; Insigne entra bene nel mezzo spazio sul centrosinistra; Callejón si lamenta con l’arbitro ma è nella posizione giusta, a occupare il mezzo spazio sul centrodestra; ci sono i due terzini larghi; Lozano e Mertens sono inizialmente sulla stessa linea.

Non è il discorso vuoto e retorico delle palle sporche, della fisicità, della capacità di riempire l’area. La questione, piuttosto, è capire come si vuole attaccare un certo dispositivo difensivo. Nell’azione descritta nei due frame appena sopra, per esempio, il Napoli è anche disposto bene nella metà campo del Genoa – come scritto nella didascalia. Quando il pallone arriva a Insigne, però, tutti i difensori avversari collassano su di lui, togliendogli facilmente la sfera. Insigne magari commette un errore, ma in realtà non ha compagni da servire: il taglio di Lozano è giusto, ma serve solo per liberare spazio; toccare verso Mertens porterebbe il belga a un duello in situazione di scompenso, due contro uno, e a una probabile conclusione da fuori; un’ulteriore apertura sulla fascia, su Hysaj, dopo un altro tocco verso Zielinski, determinerebbe lo spazio per un cross dell’albanese: chi e come avrebbe sfruttato questo eventuale cross?

Conclusioni

In questo spazio, lo sapete, proviamo a dare una lettura razionale di quanto succede in campo. Sulla partita di ieri avranno certamente pesato le difficoltà emotive vissute in settimana, ma il fatto che non siano oggettive, né oggettivamente misurabili, le rende laterali, se non inutili, nello spirito della rubrica. Qui si prova a parlare di tattica calcistica, appunto, ma anche da questo punto di vista il Napoli è evidentemente in confusione.

Il termine giusto, però, è incompiuto: ecco, il Napoli di Ancelotti è una squadra tatticamente incompiuta. È un discorso su cui incidono sicuramente le assenze – quella momentanea di Mario Rui e quella ormai eterna del vero Ghoulam –, ma anche le scelte di allenatore e società. Già l’anno scorso, su questo sito, si è scritto più volte di come Mertens e Insigne influenzino il gioco del Napoli, nel bene e nel male. In estate non sono stati ceduti. Per una questione di valore assoluto ma anche di gerarchie, sono tra i più utilizzati in questa stagione. Riprendiamo nuovo una frase di questo articolo, e la ampliamo: Insigne e Mertens hanno grande qualità e possono sempre inventare una giocata che risolve positivamente la partita, ma quando non sono in serata diventano un peso tattico insostenibile per il Napoli. Perché costringono tutti gli altri giocatori a giocare per lorosu di loroin un certo modo.

Qui però entra in gioco anche Ancelotti. Prima abbiamo parlato del mancato utilizzo di Llorente dal primo minuto, ma questo è solo un sintomo di un malessere più profondo. Proprio perché il Napoli è pensata come squadra liquida, il cambio di atteggiamento degli avversari dovrebbe determinare un cambio di dinamiche offensive. Volendo, anche di uomini. In virtù di tutto questo, il Napoli è una squadra che ha provato a voltare pagina dal punto di vista tattico, eppure va ancora in campo con Callejón, Mertens e Insigne. Insomma, è rimasta a metà tra ciò che era e ciò che avrebbe potuto/dovuto essere. È la definizione di una rivoluzione rimasta incompiuta negli equivoci tra società, squadra e allenatore.

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