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Il progetto Ancelotti è troppo ambizioso per questo Napoli

Tanti, troppi, errori individuali: tattici e tecnici. Ma non si può assolvere il tecnico: i calciatori non reggono questo sistema che teoricamente (lo dicono i numeri) funziona

Il progetto Ancelotti è troppo ambizioso per questo Napoli

Il Napoli in purezza/1

Napoli-Salisburgo non è solo una partita, ma è la partita che descrive perfettamente il Napoli. Nelle sue caratteristiche. Nei suoi pregi, nei suoi difetti. In purezza. Anche dal punto di vista tattico, perché se riavvolgiamo il nastro della partita del San Paolo identifichiamo facilmente i concetti che Ancelotti ha imposto alla sua squadra. Intanto, sistema di gioco fluido: anche contro gli austriaci, il Napoli si è schierato con il 4-4-2 in fase difensiva e poi ha alternato vari schemi nella fase di costruzione. La difesa a tre in impostazione è diventata a due in alcuni frangenti, il 3-5-2 con Callejón e Mario Rui esterni a tutta fascia è diventato 4-2-4, con Mertens a galleggiare qualche metro indietro a Lozano, deputato ad attaccare continuamente la profondità alle spalle dei difensori del Salisburgo.

E poi gli sviluppi di gioco, i meccanismi pensati e attuati per la partita. Lozano che va in profondità, appunto: il Napoli ha utilizzato continuamente questa soluzione. Al punto che i passaggi lunghi sono stati tantissimi, addirittura 57 (contro i 50 del Salisburgo). Di questi, 16 sono arrivati dalla coppia centrale Koulibaly-Maksimovic (10+6); il record è di Insigne, con 18 (ma vanno contati anche i cross); Meret è addirittura terzo in questa particolare graduatoria, con 8 lanci in avanti.

Esattamente come visto contro il Liverpool, Ancelotti ha cercato di sfruttare a proprio favore le tipicità difensive del Salisburgo, che porta un pressing estremamente aggressivo in tutte le zone del campo. L’idea era quella di superare la pressione e lanciare in verticale Mertens e Lozano, per creare situazioni di parità o superiorità numerica in avanti.

Il pressing alto del Salisburgo

Il gol di Lozano è nato proprio così, uno contro uno con un difensore avversario – anche se l’azione si è sviluppata in maniera diversa, non con un lancio lungo.

Il gol di Lozano

La dinamica del gol, in realtà, va considerata parte del piano partita. Dello stesso piano partita. Come vediamo sotto, nelle heatmap di Mertens e del messicano, l’idea era quella di non dare punti di riferimento offensivi alla difesa del Salisburgo. Entrambi gli attaccanti scelti da Ancelotti hanno esplorato il campo in lungo e in largo, per creare situazioni come quella del gol in alto ma anche per favorire l’inserimento a rimorchio dei centrocampisti, e/o di Insigne che rientra verso il centro dalla sua posizione di esterno sinistro.

In alto Lozano, in basso Mertens: praticamente, non ci sono differenze sostanziali.

Questa scelta, tatticamente, ha funzionato: il Napoli ha tirato 29 volte verso la porta di Coronel; ha colpito due volte il legno. Solo che poi c’è anche la descrizione del Napoli in purezza, come detto sopra: la verità è che la squadra di Ancelotti ha problemi in attacco, nel senso che fatica a convertire in gol la quantità di gioco e occasioni che produce. Il dato sui tiri nello specchio della porta è eloquente, anzi inquietante e impietoso: solo 4 sui 29 tentativi totali. Uno di Insigne, uno di Mertens, due di Lozano. Quindi, si tratta di imprecisione e sfortuna. In quest’ordine, perché la sfortuna può essere considerata tale per le conclusioni finite sui legni, ma l’incapacità di sfruttare le occasioni inquadrando la porta, e di farlo con tiri difficili da parare, è una costante di questa squadra.

Ancelotti aveva pensato di forzare così la difesa del Salisburgo. Ci è riuscito, ma il Napoli è mancato nella fase di conclusione delle azioni.

Il Napoli in purezza/2

L’altro discorso sui pregi e sui difetti del Napoli riguarda la tenuta difensiva. Numeri alla mano, il Salisburgo ha tirato una sola volta in porta su 9 tentativi. Ovvero, in occasione del rigore di Håland. Le altre chance importanti per gli austriaci sono arrivate con le conclusioni di Wöber su situazioni da fermo, e/o al termine di azioni confuse (Szoboszlai e Hwang dall’interno dell’area, in avvio di ripresa). Insomma, il Napoli non ha rischiato praticamente mai su azione manovrata, se non per un tiro ancora di Szoboszlai finito sull’esterno della rete, subito dopo il gol di Lozano.

Come abbiamo detto più volte: Ancelotti ha costruito  una squadra che non sembra avere perennemente in mano il controllo della partita, perché in lunghi tratti delle gare sceglie di lasciare il possesso e l’iniziativa agli avversari per riposarsi e/o farli scoprire – soprattutto se parliamo di avversari come il Salisburgo, squilibrati tra fase difensiva e offensiva a favore di quest’ultima. Allo stesso tempo, però, il Napoli concede pochissime occasioni nitide agli avversari. Persino in una partita totalmente negativa come quella contro la Roma, i giallorossi hanno concluso nello specchio della porta solo poche volte: 6, e in questa cifra sono compresi i due rigori. Inoltre, sempre all’Olimpico, uno di questi 6 tiri in porta è arrivato sugli sviluppi di un calcio d’angolo, con Mancini.

Come ha attaccato il Salisburgo nel secondo tempo. Quattro difensori, Junuzovic centromediano e vertice basso di un rombo che non ricercava ampiezza, piuttosto dialoghi stretti in spazi interni.

Il punto è che ci sono le ingenuità dei singoli, che restituiscono il Napoli in purezza per la seconda volta. A Roma è toccato a Mario Rui e Callejón concedere due rigori; contro il Salisburgo è stato invece Koulibaly ad azzardare una scivolata priva di senso logico su Hwang, dopo pochi minuti di gioco. Questo, però, non rappresenta un alibi per Ancelotti: è evidente come la squadra, in questo momento della stagione – e soprattutto con un Koulibaly spesso fuori posizione e fuori fase –, non riesca a sostenere un sistema difensivo così responsabilizzante per i giocatori dal punto di vista puramente tecnico. Oppure diciamola meglio: non riesce a mantenere un rendimento difensivo efficace e costante nell’arco dei 90 minuti. Soprattutto per quanto riguarda la concentrazione dei singoli.

Il Napoli sa ritirarsi e contrarsi, così come ha gli strumenti per difendersi in avanti e per assorbire i cambiamenti tattici avversari. Non a caso, Ancelotti ha sempre lodato la vastità di conoscenze tattiche della rosa azzurra. Ce ne siamo accorti ieri sera nel secondo tempo, quando Marsch ha cambiato completamente la disposizione e il modo di attaccare del Salisburgo. Il tecnico americano è passato dal 3-5-2 al 4-3-1-2, per esasperare la ricerca di passaggi filtranti tra le linee in zona centrale, o nei mezzi spazi. Il frame in alto mostra la nuova disposizione degli austriaci, a cui il Napoli si è adattato in pochi minuti, grazie al contributo di Lozano e Mertens in fase di non possesso e alla capacità di tenere distanze ridotte tra i reparti. Non è un caso che nella ripresa il Salisburgo abbia tentato zero (!) volte la conclusione tra il 53esimo e l’86esimo minuto.

I problemi del Napoli

Quello che abbiamo cercato di dire tra le linee di questa analisi è che il Napoli non ha problemi tattici collettivi, bensì problemi tattici individuali. Come già accennato, questo non giustifica pienamente Ancelotti: se la sua squadra non è ancora riuscita a rendere efficace un certo tipo di calcio, è evidente che qualcosa non funzioni ancora al meglio. Allo stesso tempo, però, i dati danno ragione all’allenatore emiliano: il Napoli è quinto su 32 squadre di Champions per tiri ogni 90 minuti (17,3, più di Juventus e Liverpool); di questi, solo 4 per match entrano nello specchio della porta (il quinto posto diventa 22esimo). Proporzione solo leggermente migliore in campionato: Napoli secondo dietro l’Atalanta per conclusioni tentate (19,4), e quarto per tiri in porta (6,2).

I problemi offensivi sono simili a quelli difensivi: in alcuni momenti, è come se certi giocatori soffrissero di veri e propri blackout. Mentali e tecnici. Solo che in avanti certi errori sono meno impattanti, perché la qualità dei giocatori è alta e perché una conclusione sbagliata non pregiudica un risultato e la condizione psicologica come un rigore procurato e trasformato dagli avversari. Alla lunga, però, anche le azioni d’attacco non convertite in gol possono indirizzare una stagione. Se il Napoli fosse stato più preciso in attacco contro Cagliari e Atalanta, per esempio, avrebbe cinque punti in più in classifica; se il Napoli fosse stato più preciso in attacco contro il Salisburgo sarebbe già agli ottavi di Champions. L’ambiente, poi, sarebbe decisamente più rilassato.

Il compito di trovare una soluzione a questi problemi è ovviamente di Ancelotti. La sensazione di chi cura questa rubrica è che il tecnico abbia un progetto troppo ambizioso per questo Napoli. O meglio: per il Napoli di questo periodo. Una squadra che, oltre a essere sfortunata in avanti e in difetto di condizione in alcuni giocatori chiave, è anche priva dello spessore mentale (individuale e di gruppo), quindi degli strumenti per superare le difficoltà senza aggrapparsi a meccanismi di gioco fissi. È il dark side del calcio liquido, che ha compromesso le ultime partite. E che sarà cancellato solo quando i risultati torneranno a essere positivi.

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