Se parliamo di tecnologia, il Var è l’equivalente del telegrafo. I lettori storceranno il naso ma la realtà è che una macchina arbitrerebbe facilmente una partita di calcio
Il calcio è lo sport che misura meno bene degli altri la differenza di prestazioni e quindi di abilità, specialmente se la differenza tra i due contendenti non è ampia.
E’ l’unico sport dove nella singola partita anche una piccola squadra contro una grande ha qualche chance concreta di uscire con un risultato utile.
La ragione sta nel fatto che fare goal (il punto a calcio) è difficile, il che essenzialmente dipende dalle misure delle porte, che non sono ben calibrate rispetto alla precisione che riesce ad avere coi piedi e con un pallone anche un calciatore di primo livello, che viene fuori da una selezione di decine di migliaia di semiprofessionisti e professionisti. Dato che può risultare per qualcuno un’affermazione sorprendente, qui accenno solo che in ciascuno dei 5 maggiori Campionati Europei si fanno ogni anno dai 9.000 ai 10.000 tiri e che ogni anno sono stabilmente circa un terzo quelli che arrivano nello specchio della porta e che ogni anno i goal sono circa un decimo di tutti i tiri, compresi i tiri con palla ferma – punizioni e rigori -, che sono molto più facili.
Il goal non è perciò fortemente correlato con il volume di occasioni, di tiri e in generale con la superiorità esercitata.
Nel basket ad esempio, dove è relativamente facile fare un canestro, una squadra più forte di un’altra man mano accumula punti di vantaggio realizzandoli quasi azione dopo azione e cioè la sua maggiore abilità si traduce regolarmente, progressivamente e facilmente anche in punti.
Nel calcio invece non è infrequente che una squadra anche abbastanza superiore a un’altra non riesca però a segnare, ma se non fa goal non accumula un vantaggio, cioè la sua superiorità non si converte in punti.
Ciò comporta una maggior valenza nel calcio della casualità e inoltre, dato che anche un solo goal può essere facilmente decisivo, assumono grande importanza le decisioni arbitrali, che invece in altri sport sono molto più raramente determinanti, in quanto relative a pochissimi punti sui tanti che si realizzano durante una partita.
I PROBLEMI DELL’ARBITRAGGIO
I principali obiettivi sono:
1) Ridurre gli errori al minimo
2) Garantire uniformità di giudizio
Riguardo al primo punto non sono molto soddisfacenti i risultati. Gli errori restano parecchi, checché se ne dica.
Inoltre, a parte gli errori, si è costantemente in presenza di casi dubbi sui quali anche ex Arbitri nelle loro analisi post partita prendono spesso decisioni opposte tra di loro, il che significa che entrambe le decisioni erano possibili.
Perciò per una squadra in quei casi, per niente rari, dipende in definitiva da quale arbitro trova quel giorno in quella partita.
Il secondo punto è ancora più importante. Senza fare qui degli elenchi sulla difformità di interpretazione su episodi del tutto simili tra loro, basti dire che è così alta che ogni settimana c’è qualche discussione.
Faccio presente inoltre una circostanza che non viene inclusa e nemmeno menzionata tra le possibili difformità, e cioè è ritenuta perfettamente normale.
Ci sono arbitri che hanno uno stile “all’Inglese” e cioè che fischiano e ammoniscono poco. Al contrario ce ne sono altri con uno stile molto fiscale, che sanzionano ogni contatto e dispensano più facilmente ammonizioni. Nessuno fa una piega, ma per due squadre che si affrontano, una molto fisica che pratica un calcio atletico e l’altra meno fisica e che poggia invece più sulla tecnica, avere uno o l’altro tipo di arbitro significa rispettivamente partire con un sensibile vantaggio o con un sensibile handicap.
LA GUIDA AUTOMATICA
Invito intanto i lettori a leggere sull’argomento questa semplice pagina su Wikipedia:
https://it.wikipedia.org/wiki/Autovettura_autonoma
Qui riassumo solo alcuni punti: la SAE International individua dei livelli crescenti di automazione, classificati da 0 a 5.
A livello 5 la vettura fa tutto da sola, l’uomo non fa più nulla.
Il livello 5 dal punto di vista tecnologico c’è già, non è fantascienza o futuro lontano. E’ già il presente.
Non è ancora pronto a entrare in commercio, come anche il livello 4, che è simile, e non lo è essenzialmente a causa degli enormi problemi legislativi, assicurativi ed etici ancora da risolvere, che in alcuni casi hanno anche un po’ rallentato programmi e test per la messa a punto definitiva. Comunque per dare almeno un’idea Waymo, la vettura autonoma di uno dei leader del settore, ha percorso già oltre 7 milioni di miglia in sei Stati e 25 città degli Stati Uniti.
Per il trasporto pubblico saranno veicoli di attualità molto presto.
Realizzare un’auto a guida automatica vuol dire risolvere innumerevoli problemi di grande complessità, accentuati dalla grande varietà e diversità di ambienti, di situazioni e di condizioni.
Basti pensare intanto a strade strette o larghe, pianeggianti o meno, dritte o tortuose. Sterrate, asfaltate, asciutte, bagnate, innevate, ghiacciate. In condizioni metereologiche diverse, con pioggia, neve, nebbia.
Con tipologie di guida diversa, dal traffico cittadino alla guida extra urbana, con una gamma di velocità che va dalla vettura ferma a velocità di oltre 100 kmh. Con un segnaletica abbastanza complicata e con un numero pressoché illimitato di possibili imprevisti da dover affrontare e a cui reagire appropriatamente.
E oltre a tutto questo bisogna considerare che il nostro cervello mentre guidiamo elabora istantaneamente le informazioni sensoriali (specie la vista), le giudica e trasmette immediatamente dei comandi agli arti.
Ma non sono comandi semplici tipo: “sterza” o “frena”.
Sono tutti comandi molto finemente graduati: “frena dolcemente, o un po’ più a fondo o molto energicamente” e anche “sterza a sinistra, ma poco”. E un attimo dopo il cervello invia subito un altro comando e così fa continuamente attimo dopo attimo adattando le risposte alle variazioni a cui va incontro il guidatore e agli effetti dei comandi precedenti.
La guida automatica deve garantire la stessa sensibilità, istantaneità e continuità. E c’è già oggi, non è futuro.
L’ARBITRO AUTOMATICO
Un campo di calcio non è in salita o in discesa, dritto o tortuoso, è sempre quello, con le stesse poche righe disegnate, uguali in tutti i campi da gioco.
Non succedono poi tante cose in un campo di calcio: la palla può uscire a lato od oltre la linea di fondo.
Le regole sono poche.
La velocità è bassa, non anche di oltre 100 kmh. Gli imprevisti possibili sono relativamente pochi.
I falli, salvo il fuorigioco che è un fallo di posizione, sono tutti contatti con una gradualità da giudicare, come per la vettura automatica quanto frenare e quanto sterzare, ma sono situazioni, decisioni e comandi molto più semplici.
O è solo un fallo di gioco o è da ammonizione o è da espulsione. E a seconda di dove avviene è o punizione o rigore.
Tutto qui.
I falli commessi ogni anno in ognuno dei 5 maggiori Campionati (Premier, Liga, Ligue 1, Bundesliga, SerieA …) sono circa 10.000 all’anno, ossia circa 500.000 falli sono stati tutti quelli commessi in 10 anni in tutti i cinque maggiori Campionati. Sembra un grande numero ma per l’informatica è un numero molto piccolo.
Rispetto alla complessità di una guida automatica progettare un arbitraggio automatico pare quasi un gioco da bambini.
Si tratta di avere un arbitro provvisto di microfono e auricolari a cui “una macchina” dice – in tempo reale – quando e cosa fischiare e che sanzioni eventualmente applicare.
Una macchina che elabora istantantaneamente delle sequenze video prese da angolature diverse e quindi con un margine di errore infimo rispetto a un arbitro che corre a livello del terreno con a disposizione la sola prospettiva data dai suoi occhi, che magari talvolta non è neanche abbastanza vicino all’azione, o che lo è ma sfortunatamente in una posizione infelice o con qualcuno davanti che gli oscura la visuale.
Non si tratta poi nemmeno di una cosa rivoluzionaria, ma di estendere, con tecnologie appropriate, quello che già è iniziato.
Al lettore prevenuto nei confronti di qualunque cambiamento ricordo che GIA’ OGGI l’arbitro corre con auricolare e microfono e GIA’ OGGI il fuorigioco (e anche il goal – non goal) lo decide una “macchina”.
E se il guardalinee prima aveva alzato o non aveva alzato la bandierina, quello che aveva fatto GIA’ OGGI non conta.
Rammento poi che “prima della macchina” il fuorigioco era uno dei piatti forti delle polemiche, delle insinuazioni e dei sospetti. Che sono poi praticamente spariti, perchè non si può proprio insinuare che una macchina favorisca o abbia una sudditanza psicologica nei confronti di qualche squadra.
Sono rimaste invece le polemiche e i sospetti, guarda caso, per tutti quegli episodi soggetti a interpretazione: la spinta “abbastanza forte” da poter assegnare o no un rigore, il fallo di mano volontario o involontario ecc…Tutte interpretazioni. Tutte discrezionali.
E’ stato istituito da poco più di un anno il VAR.
Il fatto è che il VAR è una tecnologia antidiluviana, come dire che il calcio si è dotato finalmente del telegrafo in tempi di telecomunicazioni, digitale e fibre ottiche.
Ma la cosa ancora più grave è che il VAR non ha fatto altro che trasferire parte della discrezionalità dall’arbitro in campo a quello seduto al VAR, il quale sempre a sua discrezione giudica ad esempio se c’era o no “un grave ed evidente errore”.
Cioè non ha risolto il vero problema di fondo, l’uniformità di giudizio.
E così si assiste ogni settimana a casi uguali a fronte dei quali vengono prese decisioni differenti.
Il calcio muove interessi rilevanti. Si pensi solo, tra i tanti esempi possibili, a due squadre in lotta per il quarto posto, cioè l’accesso alla Champions, che per un Club sono decine di milioni in più o in meno. Decine di milioni affidati da Presidenti, proprietari, investitori, sponsor ecc…alle decisioni di un arbitro che sono spesso diverse da quelle di un altro, e senza nemmeno considerare la quantità di errori, taluni anche marchiani. E non perché gli arbitri siano scarsi, ma semplicemente perché dal lato errori tanto meglio di così un essere umano non può fare e dal lato uniformità di giudizio, essendo le decisioni soggettive e discrezionali, non può proprio esserci uniformità di giudizio, per definizione.
A CHI SI RIVOLGE QUESTO ARTICOLO
-Al pubblico, che oltretutto paga, e avrebbe diritto a uno spettacolo sportivo di qualità e finalmente non più inquinato e degradato da continue polemiche e sospetti. E che non dovrebbe sempre restare passivo e accontentarsi di quel che gli passa il convento, salvo poi brontolare e recriminare. La soluzione c’è, ma bisogna anche volerla.
-Ai Presidenti dei Club, che spesso vanno davanti ai microfoni a lamentarsi di torti subiti facendo anche talvolta qualche allusione più o meno velata.
-Agli allenatori. Idem come sopra.
-Alle Istituzioni che governano il calcio, non solo quelle Italiane, FIGC e Lega, ma anche a quelle sovranazionali, perché è una soluzione possibile che riguarda tutto il calcio, non solo l’Italia.
-Ai media che producono e vendono lo spettacolo, e che dovrebbero avere le stesse istanze degli spettatori.
-Ai Governi. Perché la maleducazione, il fanatismo e la violenza in crescita sono dovute a un odio cieco e ottuso che deriva anche dalla convinzione da parte dei più fanatici che la propria squadra sia vittima costante di soprusi perpetrati deliberatamente, e al contempo che altre squadre siano invece beneficiarie di continui favori e privilegi.
Un arbitraggio automatico azzera all’istante tutti quei sospetti.
E’ molto più preciso perché si avvale di più immagini prese da diverse angolature, che poi è un po’ quello che fa anche il VAR solo che non in tempo reale, in modo obsoleto e anche soggettivo.
E’ uniforme: c’è una sola interpretazione, una sola e uguale per tutti.
Sparirebbero probabilmente man mano quelli che campano proprio sulle polemiche, quelli che alimentano le contrapposizioni, quelli sempre lesti ad esagerare dichiarazioni e fatti, se non anche a inventarli, al fine di aizzare i peggiori sentimenti nelle persone più semplici, ma sarebbe proprio un male?
EPILOGO
Se questo articolo non suscita un dibattito ampio, una discussione approfondita, se non trova eco sui media a larga diffusione, se a nessuno, Presidenti, manager, allenatori, Istituzioni, sponsor, media ecc…interessa parlarne, allora bisogna purtroppo prendere atto e in maniera definitiva che il calcio lo si vuole proprio ed esattamente così, con un’ampia zona di discrezionalità.
E qui mi fermo.