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Nemmeno più Insigne ha un ruolo fisso nel Napoli di Ancelotti

Contro il Verona il capitano è tornato sottopunta. Un altro tassello nel progetto dell’allenatore che vuole una squadra difficile da prevedere

Nemmeno più Insigne ha un ruolo fisso nel Napoli di Ancelotti

L’aggressività del Verona

Il Napoli è rientrato dopo la sosta per le Nazionali con una novità sostanziale: Insigne (di nuovo) sottopunta, alle spalle di Milik. Sulle pagine di questo sito, l’aspetto politico della questione è già stato analizzato da Massimiliano Gallo – in questo articolo. Qui, invece, proveremo a dare una lettura tattica della scelta di Ancelotti, nel quadro di quelle fatte per il match contro il Verona. Partiamo, però, proprio dall’analisi dell’avversario. E diciamo subito che la squadra di Juric è uscita dal San Paolo con la certezza di aver dato e fatto il meglio che poteva. Dal punto di vista tattico, l’Hellas è stato estremamente preciso nel rispettare le direttive del suo tecnico: intensità e aggressività sono i termini chiave per raccontare la partita dei gialloblu, ma forse è meglio affidarsi a un’immagine per spiegare bene cosa intendiamo.

Definizione di pressing ultraoffensivo.

Meret ha la palla tra le mani, e ci sono cinque giocatori del Verona nella trequarti avversaria per portare il pressing alto sulla prima costruzione. È la definizione dell’aggressività su un campo da calcio – non a caso Juric è un allievo di Gasperini, di cui è stato anche allenatore in seconda. La prossimità con il tecnico dell’Atalanta si evidenzia anche nelle scelte sul modulo e sulle spaziature in campo: Juric ha optato per un 3-4-2-1 che diventava 5-4-1 in fase difensiva; solo che questi numeri hanno un significato limitato, l’analisi dell’Hellas deve partire dalla comprensione dei meccanismi di riconquista del pallone, che hanno inibito il gioco del Napoli fin quando ci sono state energie fisiche sufficienti da parte dei calciatori.

Tutto è basato sul ritmo altissimo, a sua volta causa e conseguenza di uno schieramento che può apparire coraggioso, ma che in realtà è puramente difensivo: pur di aggredire con molti uomini e velocemente il possesso palla avversario, il Verona ha tenuto un baricentro più alto rispetto a quello del Napoli sia in fase passiva che attiva. Una scelta inevitabile: per accorciare le distanze con gli avversari, serve stazionare molto lontani dalla propria area. Sotto, la grafica che mostra cosa ha determinato questa strategia, il cui risultato più evidente va ricercato nei dati: il Napoli è la seconda squadra di Serie A per precisione nei passaggi (87%); contro il Verona, ieri, lo stesso dato è sceso fino all’80%. È la dimostrazione di come gli uomini di Ancelotti abbiano sofferto – dal punto di vista puramente tecnico – l’esuberanza fisica degli avversari.

Da quanti anni una squadra ospite al San Paolo non finiva la partita con un baricentro medio più alto rispetto a quello del Napoli?

Le scelte di Ancelotti

Il Napoli è sceso in campo con l’ormai collaudato schema fluido (4-4-2 in fase difensiva che si trasformava in 3-2-4-1 in fase offensiva), solo modificando il rapporto di spinta offensiva tra i terzini: schierato a sinistra, Di Lorenzo diventava terzo centrale in fase di costruzione; Malcuit era più libero di proporsi dall’altro lato. Come ha spiegato lo stesso Ancelotti nel postpartita, l’inserimento di Younes a sinistra ha ribaltato l’asse orizzontale degli azzurri: la presenza del tedesco richiede maggiore disciplina dal suo lato e allora ecco spiegata l’esclusione di Ghoulam. E di Mario Rui.

Il 3-2-4-1 del Napoli in fase offensiva.

Ne è venuto fuori un Napoli abbastanza equilibrato nella scelta del lato su cui costruire gioco (38% a sinistra, 32% a destra), solo che – come detto – il Verona è riuscito a imporre dei ritmi difensivi altissimi per tutto il primo tempo. In questo modo, la produzione offensiva del Napoli è stata limitata a 9 conclusioni totali, di cui solo 3 in porta. Una di queste è stato il gol di Milik. Dall’altra parte, il Verona ha tirato di più (11 tentativi scoccati verso la porta di Meret), però solo 4 sono entrati nello specchio della porta; di questi, 3 sono arrivati nella stessa azione, quella del 17esimo minuto – tutti respinti dal portiere del Napoli.

Questo per dire: la squadra di Ancelotti ha prodotto poche azioni davvero insidiose, ma ha anche subito poco, dati alla mano. Solo che il Verona ha dovuto fare – e ha fatto – uno sforzo fisico enorme per pareggiare il gap qualitativo e bloccare il Napoli, mentre gli azzurri hanno potuto contare su Meret quando c’è stato un pericolo reale e poi hanno sfruttato la prima occasione buona, con Milik. Nel secondo tempo, l’intensità del Verona doveva calare ed è calata, e il Napoli ha condotto in porto il risultato senza grandi affanni. Solo dopo il 2-0 ha rischiato di concedere il gol agli avversari, su azioni casuali.

Manolas-Koulibaly-Di Lorenzo: il Napoli continua a far partire l’azione dalla difesa schierata a tre

Insigne sottopunta

Nel primo paragrafo, abbiamo preannunciato il tentativo di spiegare il ritorno di Insigne nel ruolo di sottopunta, alle spalle di Milik. Abbiamo aggiunto una postilla importante: la lettura tattica della scelta di Ancelotti sarebbe stata fatta nel quadro di quelle fatte per il match contro il Verona.

In uno screen in alto, abbiamo visto come l’inserimento di Younes e Malcuit e l’utilizzo di Di Lorenzo a sinistra abbiano determinato un modo di occupare il campo diverso in fase offensiva. Il terzino francese ha agito molto largo, così da lasciare il mezzo spazio sul centrodestra a Callejón; Insigne è stato l’omologo dello spagnolo sul centrosinistra, con Younes che garantiva ampiezza dall’altro lato. La scelta di schierare Insigne proprio in quello slot nasce da un ragionamento sequenziale: per stanare il Verona, il Napoli doveva trovare il maggior numero possibile di passaggi tra le linee, e nei mezzi spazi; inoltre, la ricezione di questi appoggi doveva essere perfetta.

Perciò Ancelotti ha spostato un giocatore molto tecnico come Insigne verso il centro, lasciando l’esterno a uno più funambolico come Younes. Allo stesso modo, però, la tendenza di Insigne a muoversi verso sinistra (che si evince dalla heatmap appena sotto, ma che è una caratteristica genetica del capitano del Napoli) doveva creare scambi e sovrapposizioni con Younes; il tedesco, a sua volta, tendeva a rientrare nel campo con il piede forte. Non a caso, i due giocatori sono quelli che hanno compiuto il maggior numero di dribbling nel Napoli (2 a testa); inoltre Insigne è stato anche il secondo per passaggi chiave dopo Fabián Ruiz (4 per lo spagnolo, 3 per Insigne). Insomma, l’idea era di aumentare la creatività pura al centro: i dati, la buona prestazione e alcune giocate di Insigne dicono che la scelta è stata quantomeno promettente. Se non addirittura indovinata.

Che strano: la zona in cui Insigne ha toccato più palloni è quella di centrosinistra.

Un altro aspetto che va considerato è l’interazione di Insigne con Milik. Differentemente delle altre punte in rosa (Lozano ama attaccare la profondità, Llorente è più statico), il polacco vuole partecipare alla manovra offensiva, retrocede a centrocampo per cercare di giocare il pallone, cerca il dialogo con i compagni. Secondo il sito di statistiche Whoscored, infatti, la posizione media di Milik è stata addirittura più arretrata rispetto a quella di Insigne; secondo il report ufficiale della Lega Serie A, invece, Milik si è mosso in una porzione di campo leggermente più avanzata.

La scelta di schierare Milik dal primo minuto contro il Verona alimenta l’idea per cui Ancelotti volesse muovere la difesa avversaria, costringendola a uscire giocando sulla qualità dei propri uomini. Quindi, dentro Younes, Insigne (in posizione più centrale) e Milik, una punta più tecnica e abile negli spazi stretti e lontano dalla porta; più Callejón e Malcuit a fare gioco sulla destra. La strategia non ha impattato direttamente sui gol segnati (entrambi nati sugli sviluppi di un calcio piazzato, il primo con un’azione più “lunga” e il secondo diretto), ma ha mostrato un’ulteriore possibilità a disposizione del Napoli. Probabilmente la migliore contro avversari così intensi nel loro gioco difensivo.

Sotto, la heatmap di Milik polacco mostra come abbia interpretato il ruolo in maniera atipica – che poi non è atipica, ma è la sua maniera – anche contro il Verona. Ovviamente, parliamo da un punto di vista puramente posizionale. I due gol dell’ex Ajax, infatti, sono da attaccante puro, qualcuno direbbe vecchia scuola – in ogni caso il concetto è abbastanza chiaro.

Solo che Milik è molto di più di un centravanti vecchia scuola.

Conclusioni

Il Napoli conferma la sua natura di squadra offensivamente liquida, per cui ogni scelta – tattica e/o di formazione – determina un cambiamento nella manovra d’attacco. Dal punto di vista difensivo, invece, Ancelotti continua a utilizzare un sistema rigido e scolastico, con risultati che stanno diventando eccellenti. Anche ieri, infatti, Meret ha tenuto la porta inviolata. Fanno 3 clean sheet consecutivi, 5 totali in stagione; soprattutto, fanno appena 3 reti incassate nelle ultime 8 partite – di queste, una su rigore e una su corner.

Il Napoli sta consolidando le sue certezze in difesa, questo è evidente. In avanti, il recupero di Milik e l’esplorazione di nuove alternative – contro il Verona è stata la prima volta in stagione per Insigne da sottopunta, e per Younes da titolare – sono notizie importanti nel progetto che ha in mente Ancelotti, per cui ogni partita e ogni avversario sono da approcciare – e saranno approcciati – in maniera diversa. Questo comporta e comporterà qualche rinuncia nella precisione dei meccanismi, come nella percezione estetica e nella sensazione di controllo costante, e in qualche modo “costringe” e “costringerà” il Napoli a dipendere molto dalla qualità delle giocate dei suoi calciatori, quindi dal loro stato di forma a breve, medio e lungo termine. Allo stesso tempo, però, la squadra azzurra è già ora difficile da comprendere. Da conoscere. Quindi, da affrontare, da domare e da battere, per chiunque.

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