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#MeToo nel ciclismo, la Procura archivia. Quasi nessuno testimonia, vince l’omertà

Non ci sono prove sufficienti. Troppo pochi i testimoni che si sono presentati volontariamente. Il presidente Di Rocco e il ct Salvoldi annunciano azioni legali

#MeToo nel ciclismo, la Procura archivia. Quasi nessuno testimonia, vince l’omertà

Per la procura federale il #MeToo nel ciclismo non è mai esistito. Tutto archiviato. I testimoni ascoltati finora non hanno prodotto nulla che potesse incriminare qualcuno. Non solo. Ci sono state troppe poche testimonianze. La Procura si è limitata a convocare testimoni i cui nomi erano stati fatti dai giornali, ma nessun altro si è presentato di sua spontanea volontà a dare la sua versione dei fatti.

Dunque, nulla di fatto. Finisce tutto nel cassetto.

La notizia arriva da un comunicato stampa congiunto tra Federazione e Coni.

“si rende noto che, a seguito delle indagini svolte, compendiate nella documentazione acquisita e nelle dichiarazioni rese dai soggetti auditi ed informati dei fatti, la Procura federale ha formalizzato avviso di conclusione delle indagini con intendimento di archiviazione ritualmente comunicato alla Procura generale dello Sport presso il CONI la quale, in data 24 ottobre 2019, in condivisione della medesima, ha autorizzato l’archiviazione”.

Il presidente della Federciclismo, Renato Di Rocco, si dice soddisfatto.

“È la dimostrazione che la giustizia funziona. Io sono sempre stato sereno su tutte le attività della Procura, che ha fatto un grandissimo lavoro. Mi è spiaciuto solo per il linciaggio mediatico a cui è stato sottoposto un nostro validissimo tecnico che non meritava tutto questo”.

Ora Di Rocco valuta azioni legali contro chi ha testimoniato.

“Ora tiriamo un po’ il fiato, e poi appena sarà possibile ci leggeremo anche le carte e se i nostri legali lo riterranno opportuno, non escludo che ci muoveremo nelle sedi opportune per difendere il buon nome della Federazione e di chi la compone”.

Stessa intenzione espressa dal ct Salvoldi, sotto accusa nelle scorse settimane per le dichiarazioni di Maila Andreotti:

“Sono sollevato dal peso che questo clamore aveva portato sulla Nazionale, sulle atlete e su tutte le persone che conoscono il mio modo di agire. Ora vogliamo lavorare in serenità. Non so perché sia scaturito questo odio nei miei confronti e quali interessi siano sottesi a questo disegno di falsità e diffamazione. Ma gli autori di certe dichiarazioni dovranno risponderne davanti alle autorità competenti, la mia reputazione deve essere difesa. Ho già dato mandato ai miei legali”.

Il Corriere della sera scrive:

La Procura ha deciso di chiudere il caso in assenza di ulteriori testimonianze delle atlete ed ex atlete azzurre. Nessuna di loro si è presentata a supportare le tesi di comportamenti «inappropriati» da parte del c.t. azzurro Dino Salvoldi (foto) e del suo entourage. E alla Procura – che di fatto si è limitata a convocare testi il cui nome era stato fatto in «numerosi articoli di stampa» – non è rimasto che mettere nel cassetto la denuncia con il beneplacito del Coni.

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