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Le 10 cose che ricorderemo di Lecce-Napoli

Il sinistro di Fabiàn Ruiz. La sciagurata idea di Ospina di andare a spasso per l’area. Il magistero di Llorente in area di rigore e fuori. I rigori che non sappiamo (quasi mai) tirare. Quello che resta della quarta partita di campionato

Le 10 cose che ricorderemo di Lecce-Napoli

Il ritorno allo Stadio del Mare si apre all’insegna di una clamorosa sorpresa che va contro la storia del calcio. Non c’è vento. Ma anche senza vento a favore vediamo le dieci cose da ricordare di questa partita.

Uno. Lo stop di Milik dopo 12 minuti. Sembra una specie – una specie – di riedizione dello stop più stop degli ultimi anni in serie A, quello visto nella primavera scorsa all’Olimpico contro la Roma in area di rigore. Qui non c’è il tiro e non c’è il gol.

Due. Il primo tocco di Llorente del pomeriggio. Più dei due gol segnati, della sua partita voglio ricordare quello. A metà campo, non distante dalla linea laterale, viene a prendere un pallone sporco, lo pulisce e lo riversa dall’altra parte. Una giocata da centravantone con la testa. Una presenza carismatica. Un palamidone epico.

Tre. Mertens che al gol di Llorente sobbalza, lascia la panchina, corre in campo e va ad abbracciarlo. I campioni fra di loro si annusano e sanno riconoscersi.

Quattro. Il rigore. Dico il primo. Quello sbagliato. È incredibile come un giocatore dalla predisposizione altissima alla tecnica pura come Insigne riesca a calciare a quel modo sciatto. Deve essere un virus. Non riusciamo a trovare un tiratore che non dia palpitazioni quando si avvicina al dischetto. Senza che fosse un’eccezione, ne sbagliavano Cavani, Hamsik, Higuaín, Insigne, Mertens. L’uomo giusto poteva essere Jorginho, ma il virus napoletano ne fece sbagliare uno a Udine anche a lui. Più dei rigori a favore mi fanno paura solo i calci d’angolo a favore (questa è per intenditori).

Cinque. Le uova sotto i piedi di Ghoulam. Sul serio. Cammina e corre come se avesse dieci, cento gusci che non vuole schiacciare. Non pesta il campo, lo spolvera. Lo accarezza. Forse è ancora in ascolto del suo corpo e dei suoi dolorini-ini-ini. Ma è una presenza costante nella metà campo loro, e questo dovrebbe essere un segno di salute. Almeno quattro passaggi che potevano diventare occasioni.

Sei. Il sinistro di Fabián. Sembra un’altra giocata da marchio di fabbrica. Com’è il tiraggiro di Insigne, come lo sciuliatone di Koulibaly, come la giravolta su se stesso di Hysaj. Fabián segna un gol – diciamo ormai alla sua maniera – dopo aver fatto l’ala a modo suo, il regista a modo suo, la mezzala a modo suo, il mediano a modo suo. Tutto questo con Abidal in tribuna, mandato dal Barcellona a fregare il Real Madrid. O forse Abidal è venuto per Zielinski. O per Insigne. In ogni caso li abbiamo affrontati due volte in amichevole ad agosto, stiamo in televisione tutte le settimane. Ci stava bisogno di venire fino a Lecce? A meno che Abidal non teneva un agriturismo prenotato nel weekend a Gallipoli e s’è venuto a fare un giro.

Sette. Il rigore di Ospina. Inconcepibile. Dopo una parata straordinaria, dopo la grandissima capacità di scendere in fretta verso il basso con il braccio già disteso, va a passeggio per l’area di rigore cercando una zanzara da ammazzare e un attaccante da buttare a terra. La zanzara non la trova.

Otto. La statistica di fine partita che sto guardando dice che i passaggi riusciti sono stati il 90% del totale (647 complessivi). Ma allora perché io ricorderò il 10% dei passaggi sbagliati. Tanta imprecisione specialmente sullo 0-0.

Nove. Il colpo di tacco di Malcuit. Quale colpo di tacco? Quello che non voleva fare e che toglie al Lecce la possibilità di mettere Tabanelli (mi pare) davanti alla porta. Lui si fa trovare sulla linea del passaggio e sventa come fosse Ibrahimovic.

Dieci. L’ingresso di Luperto. Grazie ai suoi tre minuti in campo, possiamo dire di aver già visto impiegati in sole cinque partite ufficiali 22 dei 24 giocatori della rosa. Diciannove di questi 22 hanno cominciato almeno una volta la partita dal primo minuto. La capitale del turnover sotto controllo.

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