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Caro Napolista, sul calcio femminile ti stai arrampicando

La polemica mi pare autoreferenziale e compiaciuta (acchiappa click). Se non è competitivo né attrattivo, è perché non è finanziato non il contrario. Te lo dico da affezionata lettrice

Caro Napolista, sul calcio femminile ti stai arrampicando

Non vi piace, quindi non è uno sport

Caro Massimiliano Gallo e caro Napolista, intanto sono lusingata della dedica, ma se devo essere onesta, quella che leggo è una risposta che non trovo soddisfacente. Non credo sia necessario avventurarsi in evoluzioni citazionistiche circensi per dare un po’ di sostegno ad un concetto che mi sembra tutto sommato basico. E che attiene strettamente al solo modo di sentire di chi lo esprime o chi lo condivide e cioè: ”È impossibile chiamare sport il calcio femmine”, cui è sotteso “Il calcio femminile non mi piace”.

In realtà, sia tu Massimiliano che Michele Fusco sembrate volervi arrampicare in un sillogismo che non può esserlo per definizione. E cioè il calcio femminile non mi piace. E quindi il calcio femminile non è uno sport. Almeno questo è quello che io capisco. E se pensate che io parli dal punto di vista di chi sta fruendo mediaticamente di un evento e che quindi ne sia inebriata per il sol fatto di poterne in qualche modo partecipare, salvo poi dimenticarmene appena i riflettori saranno spenti, vi sbagliate. Non solo perché non ho visto la partita ma perché non seguo il calcio femminile così come non seguo quello maschile.

Invertite causa ed effetto

E dirò di più. Seguo ciò che riguarda il calcio solo per il piacere di sentire i commenti di alcune persone a me vicine. E per il piacere di leggere il Napolista. Quindi potremmo dire che io seguo il Napolista più che il calcio. E questo sgombra il campo da qualsiasi pregiudizio nei confronti dell’articolo da voi pubblicato e da me letto e commentato.

Hai giustamente citato la vicenda della calciatrice, riportata dalla collega Federica Seneghini, che non potendo sostenersi con la sua passione sportiva ha dovuto ripiegare sul mestiere di commessa in un supermercato.

Bene, questa storia dovrebbe farci riflettere sulla mancanza di opportunità che nel calcio femminile, così come in molti altri sport in cui si cimentano le donne, esiste, condiziona e a volte pregiudica. In effetti se proprio vogliamo fare un’analisi del fenomeno dobbiamo rimettere a posto i parametri causa ed effetto. Se tu citi la vicenda della ex calciatrice azzurra e l’“affermatissimo e seguitissimo” calcio femminile negli Stati Uniti e anche il risultato che evidenzia una scarsa competitività in questo settore (13-0), dovrai arrivare necessariamente ad una conclusione opposta a quella che hai argomentato. Il calcio femminile italiano è poco competitivo e attraente. Questo perché non è finanziato e non vengono date le necessarie chance alle sportive di dedicarsi professionalmente a questo sport e di raggiungere risultati che “facciano spettacolo”.

Il vostro ragionamento sembra essere invece: il calcio femminile è brutto e poco seguito e quindi non viene finanziato. Una considerazione che inverte palesemente gli elementi di causa ed effetto.

Inoltre sarebbe interessante capire qual è la fonte sociologica descritta nell’editoriale di Fusco riguardante la favoletta della donna schizzinosa che guarda dall’alto verso il basso un troglodita uomo da divano.

Più che un excursus para-scientifico mi pare semplicemente una empirica considerazione personale rispetto alla quale mi sento anche di esprimere una certa solidarietà. Massimiliano, tu scrivi “l’indignazione soffoca”.

A proposito dell’indignazione

Ebbene, io credo che questo sia un concetto pericoloso, oltre che di moda, in questo particolare momento storico. Infatti attraverso questa formula si tende sovente a sdoganare una serie di atteggiamenti che finiscono per essere violenti (Pensa a frasi omofobie, razziste, xenofobe, sessiste). E quindi, proprio perché tu, pubblicando questo articolo, hai a tua volta subito una serie di insulti assolutamente inaccettabili (mi riferisco per esempio al termine “nazista”) dovresti capire che l’articolo da me definito “un commento inutile” a cui tu hai dato asilo politico, diventa parte di questo meccanismo. In un senso e nell’altro.

Ecco perché, non trovando argomentazioni logiche nel testo ma soltanto una serie di immagini e descrizioni autoreferenziali e anche a tratti un po’ compiaciute, tendo ancora a pensare che l’autore, indossati i famosi occhiali che danno più carisma e sintomatico mistero, non volesse altro che scatenare una polemica acchiappa click, strumento di cui il Napolista non ha bisogno.

Infine, vorrei sia chiaro che non scrivo certamente per spirito femminista, in questo caso, in quanto, oltre ad essere allergica ai piagnistei e ai lamenti, credo che le rivendicazioni siano un affare serio che poco ha a che fare con queste mie chiacchiere da bar dello sport.

Tua affezionatissima, fiera, irriducibile e indisciplinata lettrice.

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