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Il calcio femminile è mediaticamente il nuovo curling (e no, non siamo nazisti)

Il politicamente corretto opprime, crea un mondo virtuale che ovviamente finisce col non corrispondere mai alla realtà che ci sfila via sotto i nostri occhi

Il calcio femminile è mediaticamente il nuovo curling (e no, non siamo nazisti)

L’articolo è nel titolo

La verità è che – anche per i giornalisti, forse soprattutto nei giornalisti – l’articolo è nel titolo. Sia che si scriva su carta, sia on line, sia sull’acqua. In un momento storico oppresso da dilagante omologazione, è arrivato il giorno in cui il Napolista si è beccato l’accusa di essere nazista, sessista e non so cos’altro.

Tutto è dovuto – e a chi sennò – a Michele Fusco giornalista di lungo corso (vecchio gli ha detto Ilaria Puglia) che ha raccontato il Milan da Milanello prima di essere allontanato perché sgradito alla società e poi il Berlusconi politico. Il tutto dalle colonne de Il Giorno. Che cos’ha scritto Michele? Un articolo così intitolato: “Perché è impossibile chiamare sport il calcio femminile”.  Di cui riporto la parte finale che a me pare un pensiero rispettabilissimo, persino condivisibile. Il calcio femminile in questo momento è né più né meno come il curling quando ci furono le Olimpiadi invernali di Torino. Con in più, però, questo afflato di rivendicazionismo che chissà perché deve passare da un campo di pallone. E – aggiungo – ma perché deve esserci ancora il rivendicazionismo?

Poi c’è il calcio femminile. Che sarebbe pretestuoso considerare uno sport. È, per il momento, un interessante passatempo sportivo. Le ragioni sono quelle che abbiamo appena accennato. Qui è ancora tutto un richiamo maschile, partendo dal rifiuto della storia. Da più parti, questa bella nazionale viene agitata come una sorta di rivendicazione al femminile, come se ci fossero conti aperti da regolare. No. Non è questo il terreno. A quel tempo, le donne non vennero escluse a beneficio degli uomini. Furono loro che decisero in totale autonomia di chiamarsi fuori da uno sport che consideravano volgare, e volgari di conseguenza noi fruitori debosciati. Oggi il dislivello è ancora troppo forte, nei tratti, nelle cerimonie, nel gesto tecnico, per evitare il parallelismo, per poter vivere quello sport in purezza come fu per Wilma Rudolph. Non fatene, care ragazze, una piattaforma rivendicativa. Questa volta, almeno questa volta, il maschio spiaggiato davanti al tv non c’entra.

L’indignazione soffoca

Insomma, si può dire che il calcio femminile è soggettivamente uno sport poco affascinante senza essere considerati nazisti? Io – lo penso da un po’ – credo che queste ondate di indignazione portino solamente a un risultato: il ritrarsi delle persone e delle loro idee. Il che non vuol dire affatto che questi pensieri scompaiono, semplicemente che non vengano più espressi. Perché poi è tale la onda d’urto che non sempre uno ha la forza di opporvisi. A me col Napolista capita spesso. Dico, esprimo, il 50% di quello che penso.

Però, però… questo conduce a un risultato. E il risultato è che periodicamente scopriamo che l’Italia da noi raccontata non corrisponde a quella esistente. E anche qui colate di indignazione. Come – per fare un esempio – per l’Italia salviniana. E prima per quella grillina. Il mondo deve essere a nostra immagine e somiglianza, sennò scalciamo e facciamo i picci. E questo ahimé succede anche – se non soprattutto – con i giornalisti. A me il risultato delle elezioni lo aveva svelato in anticipo una signora di oltre settant’anni, che recita il rosario tutte le sere, che aiuta gli immigrati e che vota Salvini. Perché la realtà è complessa, non si taglia con l’accetta.

In Italia non ne parla nessuno

Che cosa c’entra con l’articolo di Fusco? C’entra, c’entra. Michele non ha offeso nessuno. Ha espresso una sua idea. In modo provocatorio? Può darsi, parliamo pur sempre di calcio da lui sempre definito la terra dei cachi. Qual è il problema se per lui non è uno sport? Poverino, ha dovuto persino proteggersi con Wilma Rudolph per far capire che non è uno di quei rozzi maschilisti. A questo siamo. E sarà sempre peggio. Oggi Renato Zero piumato in tv a RaiUno non lo farebbero manco entrare.

Poi, posso dire la mia. E la mia (ma anche quella di Michele) è che il calcio femminile in Italia non se l’è mai filato nessuno. Tantomeno i media. Non a caso, una ex calciatrice della Nazionale ha dovuto abbandonare per problemi economici e ora lavora in un supermercato. Mentre all’estero era spesso la prima notizia. Almeno un paio di volte alla settimana. Penso al Guardian. Per non parlare degli Stati Uniti dove è uno sport affermatissimo e seguitissimo. Non a caso la Nazionale ha battuto la Thailandia 13-0: a proposito, risultati che nel calcio maschile non si vedono più da oltre vent’anni. Forse vale la pena porsi qualche domanda.

Colpo secco

Sul Napolista abbiamo cercato per anni qualcuno che ne scrivesse, con risultati penosi. Adesso, come il curling (ripeto), è sulla bocca di tutti. Come lo fu la Nazionale di pallavolo femminile qualche mese fa (anche perché ancora ci sorprendiamo di italiane nere, il miele del politicamente corretto e del vivere fuori dal mondo). Ben venga. Mi pare pacifico che se una ragazza ha voglia di giocare a calcio, gioca a calcio.

Io, da malato di pallone, devo confessare di non aver visto la partita e di aver guardato solo gli highlights. Così come ho guardato gli highlights di molte altre partite. Che dire? Io faccio fatica a innamorarmi del nuovo calcio, quello titich e titoch, passa a me e passa a te che ormai sta conquistando anche la nostra Serie A: Fonseca alla Roma, Giampaolo al Milan. Anche la Juventus, che vada Sarri o Guardiola, pare essersi arresa. Posso dire che non mi piace? L’ho detto e mi hanno insultato e ancora mi insulteranno. Io ricordo ancora con grande affetto i tre gemelloni di “Colpo secco” film dedicato all’hockey con Paul Newman. Quanto menavano. 

Non so se ho risposto alle aspettative, soprattutto di Amalia De Simone cui è dedicato quest’articolo. Non siamo nazisti (non è lei che ci ha accusati di esserlo) né volevamo essere acchiappaclic, abbiamo espresso un pensiero che esiste, circola. E che è legittimo. Il che non vuol dire essere rozzi, trogloditi, sessisti, maschilisti e via dicendo.

E per carità di patria, evito di fare l’elenco delle campionesse sportive che seguo, seguiamo, sennò sarebbe alla stregua di quelli che hanno l’amico ebreo, omosessuale e via dicendo. Però vorrei terminare con una domanda: ma quanti di voi che strepitate per il pezzo Fusco, sanno chi è Eva Russo? Il calcio femminile non è nato ieri. E noi lo seguivamo già trent’anni fa (cit.)

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