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Ancelotti e Allegri smentiscono Andreotti: il potere logora chi ce l’ha

In conferenza, l’allenatore della Juventus era l’emblema della tensione: pallido, sfibrato. Con in testa solo l’Atletico. Il contrario di Carletto che pure sta 13 punti dietro

Ancelotti e Allegri smentiscono Andreotti: il potere logora chi ce l’ha
Andreotti e Ancelotti (foto tratta da Modena Sportiva)

Sembrano di pianeti diversi

Certo che a guardarli ieri, in conferenza stampa, sembravano l’incarnazione  secca smentita della frase che in Italia da sempre viene associata a Giulio Andreotti: «Il potere logora chi non ce l’ha». E pazienza se la primogenitura è del Talleyrand. Eppure, a osservare Allegri e Ancelotti, sembra che Andreotti si sbagli e di grosso.

Allegri e Ancelotti sembrano di pianeti diversi. Massimiliano Allegri, l’allenatore della Juventus, da un pianeta dove regna la contestazione, la fibrillazione, la perenne tensione. Era agitato, ieri in conferenza stampa, persino più del solito. Quasi si muoveva a scatti. Ed era soprattutto sfibrato. Il volto pallido. L’espressione di chi ha avuto quantomeno un lutto felino in famiglia. Sulla difensiva. Pronto a rintuzzare gli attacchi che avvertiva nascosti nelle pieghe delle domande dei giornalisti e da quelli che avverte distintamente da tempo a Torino. E che lo hanno spinto a dire basta con i social. Talmente nervoso da attribuire al Napoli, ancor prima di giocare, tre punti in più in classifica. Tu chiamalo, se vuoi, lapsus freudiano.

Ambasciatore di un’ossessione

È un uomo, Allegri, che ha vinto tutto o quasi. Ed è il quasi il tarlo che lo logora. È diventato suo malgrado l’ambasciatore di un’ossessione chiamata Champions League. La coppa maledetta per la Juventus che he ha alzate due di cui una intrisa di sangue che per dignità e rispetto dello sport non dovrebbe mai essere conteggiata.

Allegri non aveva affatto il volto di chi domina il calcio italiano da cinque anni. Che sia campionato o Coppa Italia. Giusto qualche Supercoppa Italiana ha lasciato per strada. Eppure aveva l’aria di un condannato a morte. O di un prigioniero le cui sorti sono molto poco chiare.

Carletto di tarli non ne ha

Un effetto che strideva non poco con l’aria serena, ma determinata, di Carlo Ancelotti che pure allena una squadra che in classifica è tredici punti indietro. Che due mesi fa la Champions l’ha persino salutata e ora punta alla Europa League. Non che a Napoli non ci siano contestazioni e tensioni. La juventinizzazione del tifo napoletano è un processo bello e compiuto. Dei secondi posti il popolo dei seguitori non sanno che cosa farsene. Loro che sono abituati a Champions, campionati, Coppe Intercontinentali.

Tutto questo, però, scivola su Carlo Ancelotti che a ben altre tensioni è abituato. Ieri, in conferenza, era l’emblema dell’uomo sereno eppure concentrato. Sul pezzo, si direbbe. «Con qualsiasi formazione giocheremo, faremo una partita d’attacco». «Non c’è momento migliore per affrontare la Juventus e dimostrare sul campo i progressi che abbiamo compiuto e che abbiamo mostrato contro avversari inferiori». Mai un arretramento, anzi. Mai un accenno alla retorica miracolistica. Grande rispetto per l’avversario, ma «possono essere battuti, come tutti».

Lui, Ancelotti, che di tarli non ne ha. Che di Champions, da allenatore, ne ha alzate tre. Nessuno più di lui. Al massimo come lui. Che ne ha vinto una storica, a Madrid: la Décima. e che una l’ha persa come chiunque gli ricorda quasi ogni settimana, dopo aver chiuso il rimo tempo in vantaggio 3-0.

«Potrei anche chiudere a Napoli la mia carriera». Un’autostrada davanti a sé, senza ansie, senza fibrillazioni. E, direbbero i seguitori, pur senza aver vinto nulla qui. A Torino, invece, dove la bacheca gronda trofei, Allegri sembrava seduto sulle spine. Giocherà contro il Napoli ma sa che per altri dieci giorni sarà sempre 11 marzo. La vigilia. L’unico appuntamento che conta, è fissato per il 12. Il ritorno di Champions contro l’Atletico Madrid. E a giudicare dall’espressione di ieri, non sarà una vigilia armoniosa e di festa.

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