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A nome di chi ha parlato Salvini dopo il vertice sul calcio?

Ci sono volute 48 ore per scoprire che le dichiarazioni del ministro dell’Interno non erano condivise. Così sarà dura contrastare razzismo e violenza

A nome di chi ha parlato Salvini dopo il vertice sul calcio?

Non si è capito nulla

L’Italia è un Paese meraviglioso. Oltre che sorprendente. In tre giorni siamo passati da un ministro dell’Interno che dichiara la propria contrarietà alla sospensione delle partite in caso di cori razzisti, a un sottosegretario e al presidente della Federcalcio che con nonchalance due giorni dopo dichiarano l’esatto contrario. Il tutto dopo aver partecipato, insieme, a un vertice convocato ad hoc sul razzismo e la violenza negli stadi (e soprattutto fuori, visto che quello è accaduto a Milano la sera di Inter-Napoli).

La domanda sorge spontanea: a nome di chi ha parlato Matteo Salvini dopo il vertice di lunedì? Vertice cui hanno partecipato il governo, il Coni, la Federcalcio, la Lega Serie A e le altre leghe, persino rappresentanti di giornalisti e editori. In un Paese normale, dopo un vertice così atteso, ti viene da immaginare che se in conferenza stampa si presentano il ministro dell’Interno (non il primo passa) e il sottosegretario alla presidenza del consiglio (con delega allo sport), lo loro siano da considerare dichiarazioni condivise. Altrimenti vuol dire che siamo in mano ai folli, a degli sprovveduti, a incoscienti. Peraltro, a domanda diretta al termine della conferenza, Salvini ha risposto: «Certo, si tratta di opinioni condivise».

48 ore di buio prima del chiarimento

Le idee espresse da Salvini ormai le conosciamo bene. “Non c’è il razzismo negli stadi, è solo rivalità di quartiere. Sono contrario alla sospensione delle partite per cori discriminatori, ho condiviso la decisione di non sospendere Inter-Napoli. Sono contrario alla chiusura degli stadi. Sono contrario a vietare gli striscioni. Gli stadi devono essere luoghi colorati e coloriti. Sono favorevole al ripristino delle trasferte organizzate. Vanno isolati i seimila violenti”.

Una posizione in antitesi con quella della Uefa che pure si è espressa sulla gestione di Inter-Napoli e lo ha fatto con una severa critica per la mancata sospensione dell’incontro. E decisamente distanti da quelle espresse dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel discorso di fine anno.

Nessun altro dei partecipanti al vertice ha detto nulla pubblicamente. La Figc ha diramato un comunicato in cui sì ha scritto che l’obiettivo è ridurre l’iter per arrivare alla sospensione delle partite, ma le parole di Salvini hanno scavalcato tutti. Il giorno dopo: silenzio. In questo silenzio il Napoli ha fatto sapere che avrebbe continuato a considerare valide le norme vigenti e che quindi in caso di ulteriori cori razzisti, si sarebbe comunque fermato anche senza sospensione della partita.

Soltanto due giorni dopo, il sottosegretario Giorgetti e il presidente della Figc Gravina hanno chiarito che nulla cambia, che la Figc aderisce al protocollo Uefa per il razzismo e addirittura Gravina ha avuto l’ardire di dichiarare:

Le parole di Giorgetti sullo stop alle gare per razzismo? Non mi sembra molto diverso da quello che ho detto l’altro giorno all’incontro con Salvini. È in linea con quelle che sono le nostre norme federali, che recepiscono le indicazioni di Uefa e Fifa. Per me non è una novità.

Una pericolosa confusione

Quasi come se ci fossimo inventati tutto noi. Come se al termine del vertice il ministro dell’Interno non fosse arrivato in sala stampa a dettare la linea. Torniamo alla domanda principale: a nome di chi ha parlato Matteo Salvini? Non si sono accordati prima di concedergli la passerella mediatica? Ci sono state 48 ore di confusione. Confusione che in realtà ancora regna. E lo dimostrano le reazioni dei funzionari di polizia dopo le parole del ministro dell’Interno.

L’amara conclusione è: che speranze possiamo avere di contrastare razzismo e violenza nel calcio se non c’è accordo su come comunicare quel che si sono detti in una riunione?

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