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Il senso dell’Europa League per il Napoli di Ancelotti

Il Napoli si affaccia all’Europa League nel gruppetto delle favorite: sarà un’occasione per certificare la crescita europea del club e dei giocatori.

Il senso dell’Europa League per il Napoli di Ancelotti

Consolidare la crescita europea

Liverpool-Napoli ha rappresentato un passo indietro, o meglio un mancato passo avanti per il Napoli di Ancelotti. Che, in ogni caso, è stato protagonista in Champions, protagonista di un girone complicatissimo e tenuto aperto fino all’ultimo secondo. Una sola sconfitta in sei partite, quella decisiva. Contro un avversario al meglio delle sue possibilità. Al netto del risultato finale, una crescita percettibile per quanto riguarda l’approccio al calcio internazionale, alla Champions, a una serie di significati che negli ultimi anni erano finiti in secondo piano. Che ora deve essere certificato con un percorso importante in Europa League.

Questo è il senso della partecipazione del Napoli alla seconda competizione europea. In molti hanno già scritto che bisogna puntare alla finale di Baku, che la vittoria finale stile Atletico Madrid deve diventare il grande obiettivo stagionale della squadra di Ancelotti. C’è un fondo di verità in queste parole, d’altronde proprio questa rocambolesca eliminazione in Champions League ha dimostrato come il Napoli abbia una buona consistenza rispetto a rivali importanti, a squadre ricchissime nel bilancio e per la rosa.

Allo stesso modo, però, va sottolineato la presenza di una concorrenza agguerrita: il Chelsea e l’Arsenal, ma anche le retrocesse dalla Champions (Inter, Benfica, Valencia, una tra Shakhtar e Lione) e lo stesso Milan. Insomma, non sarà facile. Il Napoli sarà testa di serie per il sorteggio dei sedicesimi, e ha già promesso – via Ancelotti – di voler onorare la competizione. Diversamente da quanto è accaduto lo scorso anno.

La politica del Napoli

La scelta di assumere Ancelotti ha avuto ed ha un chiaro significato politico: il Napoli che ha in testa De Laurentiis deve essere una squadra che fa ruotare gli uomini della rosa e che non faccia scelte gerarchiche nette tra le varie competizioni. Inevitabilmente, un gruppo di calciatori viene utilizzato di più in partite considerate più difficili, ma la distinzione tra titolarissimi riserve è diventata quella tra squadra di Champions alternative per il campionato. Finora è andata così, e i risultati sono stati positivi. Resta una strategia buona, un viatico potenzialmente perfetto perché un impegno dispendioso come l’Europa League al giovedì possa essere approcciato senza eccessive preoccupazioni.

Anzi, una competizione di questo tipo può essere un’occasione per alimentare il circuito di crescita dell’organico avviato da Ancelotti in questa stagione. Non che il Napoli debba preferire l’Europa League alla corsa in campionato – anche perché la Juventus è lontana ma non imprendibile sul lungo -, ma l’idea di impostare un turn over equilibrato tra un Parma-Napoli e un eventuale Napoli-Bruges può essere assolutamente realistica. E realizzabile. Se vogliamo, può anche essere d’aiuto a quei calciatori che cercano ancora la propria dimensione definitiva. Noi continuiamo a credere che lo sviluppo del talento di Ounas e Diawara sia maggiore in partite contro il Siviglia o il Bayer Leverkusen piuttosto che in una trasferta a Bologna.

Trent’anni dopo Stoccarda

E poi, è una questione di suggestioni e possibilità. Trent’anni esatti dopo Stoccarda 1989, il Napoli torna in Europa League da favorito. O quantomeno rientra nella shortlist delle squadre che possono tranquillamente pensare di arrivare fino in fondo. Ne abbiamo scritto prima, le stesse avversarie inglesi Chelsea ed Arsenal sono squadre cui Ancelotti e i suoi uomini possono pensare di tener testa. Non sarebbe un confronto squilibrato come quello contro il Liverpool, questo no. Anzi, si può anche arrivare a dire che praticamente tutte le squadre iscritte al tabellone dei sedicesimi non sarebbero e non saranno proprio felici di incrociare gli azzurri.

Tre anni fa, il Napoli di Benitez partì più o meno nelle stesse condizioni. E mancò l’accesso alla finale in maniera (ancora) rocambolesca, diciamo pure anomala. Pensare all’Europa League come ad una distrazione rispetto ad altri obiettivi è un’eventualità che non esiste più, il Napoli dovrà inserirla nella sua agenda con la considerazione giusta, con rispetto e ambizione. In questo senso, le parole di Ancelotti sono un’assoluta garanzia.

E poi, appunto, c’è il buon Carletto. Il tecnico emiliano ha partecipato poche volte alla seconda manifestazione continentale, e non è mai stato fortunato: eliminazione con il Parma ai 32esimi di finale (1996/97, contro il Vitoria Guimaraes); eliminazione agli ottavi con la Juventus (1999/2000, contro il Celta Vigo); eliminazione col Milan in semifinale e ai sedicesimi (contro il Borussia Dortmund nel 2002 e contro il Wolfsburg nel 2009). È un trofeo che manca nel suo palmarés. Anche per lui è un’occasione, dopotutto. Invertire il suo trend insieme a quello del Napoli sarebbe una storia divertente da raccontare, da vivere.

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