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La vittoria in casa della Juventus ha nascosto il crollo del Napoli

Numeri e sensazioni degli ultimi due mesi di Napoli: 16 punti, 13 gol fatti e altrettanti subiti in dieci partite. Un calo verticale, che è costato lo scudetto.

La vittoria in casa della Juventus ha nascosto il crollo del Napoli
Photo Matteo Ciambelli

Tra cifre e sensazioni

Sedici punti in dieci partite raccontano meglio di ogni altra cosa lo scudetto ormai perso dal Napoli. Un vero e proprio crollo verticale, rispetto alla continuità mostruosa tenuta fino alla partita con la Roma. Due mesi e sei giorni fa, il Napoli perdeva in casa contro i giallorossi dopo una serie di dieci vittorie consecutive. Certo, vincere sempre è impossibile e una flessione è fisiologica rispetto ad un campionato intero giocato a mille all’ora. Ma, come dire: c’è modo e modo, anzi c’è una possibile dimensione intermedia. La squadra di Sarri ha perso lo scudetto a Reggio Emilia contro il Sassuolo, a Firenze, nelle due partite di Milano. Dopo averlo (parzialmente) riconquistato nell’unica partita giocata davvero bene in questo segmento negativo, quella di Torino contro la Juventus.

Ecco, il paradosso è proprio questo: il miglior Napoli possibile si è visto una sola volta negli ultimi sessantasei giorni. Tra l’altro, contro l’avversario più duro da affrontare. La serata dello Stadium, al netto di vittorie casuali o comunque non lineari nello sviluppo della partita (Genoa, Chievo, Udinese), è stata l’unica davvero positiva da inizio marzo ad oggi. È una questione di cifre ma anche di sensazioni, due cose che quando si parla del Napoli vanno necessariamente di pari passo. Se la squadra di Sarri è stata effettivamente in grado di competere per il titolo, è per la sua capacità di essere efficace e performante secondo tutti i parametri di rendimento. Parliamo di gol fatti, gol subiti, occasioni concesse e costruite. Ecco, tutti questi indicatori sono andati in picchiata negli ultimi due mesi. In tutte le partite degli ultimi due mesi. Tranne che a Torino. Quindi, al di là delle contingenze, il crollo psicologico e fisico del Napoli è quantomeno evidente. Ed è costato lo scudetto.

Confronti

Prima abbiamo parlato dei 16 punti in dieci partite, effettivamente pochi. Meno rispetto a quelli della Juventus e della Roma (23), della Fiorentina (22), della Lazio (19). Certo, pesano le ultime due mancate vittorie contro i Viola e il Torino, ma come detto sopra è anche una questione di gol segnati e di confronti con le statistiche della squadra di Sarri. Che, per dire, vale sicuramente di più dei 13 gol fatti e degli altrettanti subiti in questo pessimo scorcio di campionato. Soprattutto se in relazione a quanto visto nelle giornate precedenti: 60 gol fatti e 15 subiti in 26 partite, 69 punti (media di 2.65) e una proiezione superiore ai 100 a fine stagione. Tutto aggiornato al ribasso, anzi cancellato negli ultimi dieci match. 

Ecco, il punto fondamentale è proprio questo: il Napoli, dal match con la Roma in poi, ha perso molto della sua efficacia. Non è più bastato il gioco per indirizzare l’andamento delle partite.

La forza mentale

A un certo punto della stagione, è come se il Napoli avesse dovuto cambiare proprio il modo di scendere in campo per vincere. Genoa, Chievo, Udinese: partite in cui il Napoli ha mostrato una forza mentale enorme, in grado di coprire crepe fisiche e tecniche che stavano diventando voragini. Che sono scomparse a Torino, in occasione di una partita giocata benissimo, in un contesto tattico favorevole (la Juventus ha solo difeso la sua porta, per di più in maniera disordinata rispetto ai suoi standard), e risolta ancora con il surplus finale dei nervi. A Milano e contro la Roma, la qualità del gioco in via di deterioramento non è stata sostituita da un’adeguata controproposta psicologica. Come dire: il Napoli non è riuscito ad andare così tanto oltre sé stesso da portare a casa i tre punti. Ci sta, è possibile.

Solo che poi è arrivato anche il crollo mentale, indotto dall’esterno e passivamente accettato all’interno. Parliamo ovviamente della partita di Firenze, 7 minuti giocati malissimo e altri 83 nemmeno giocati. Vissuti con l’ansia tragica della rassegnazione a una serie di eventi evidentemente troppo forti, anche per una squadra fino a quel momento in grado di reagire alle avversità. Ne abbiamo scritto qui, quando erano passate poche ore dalla partita del Franchi.

Individuare le cause

Il compito del Napoli, nell’analisi interna di questa stagione, sarà capire se questo calo finale sia imputabile a un errore riparabile. Di preparazione, di gestione mentale, di scarse rotazioni nell’organico. Come detto sopra: il Napoli è una squadra che può valere dieci vittorie consecutive, e proprio per questo un ciclo da dieci partite e sedici punti rientra nel “fuori giri”, quasi nell’imponderabile. Soprattutto dopo un campionato così, costruito sulla continuità e sulla capacità di perseguire un obiettivo chiaro, definito, diventato alla portata.

Certo, la qualità dei calciatori è un discorso sempre importante, soprattutto in relazione alla forza di chi ha approfittato di questo crollo. Ma resta l’amaro in bocca per un finale col freno a mano, ben distante dal reale valore assoluto di una squadra che si era dimostrata all’altezza dello scudetto. Gli ultimi due mesi devono essere il punto da cui ripartire per fare la cosa più importante, nello sport e nella vita: l’autocorrezione. Il fatto che in questi due mesi ci sia stata Juventus-Napoli ci dimostra che il periodo di riferimento su cui iniziare a costruire il futuro è proprio quello giusto. Peccato che Sarri e i suoi ragazzi non siano riusciti a dare continuità a quella notte, al netto di alcune situazioni poco limpide fuori dal campo, o su altri campi.

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