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È il peggior momento del Napoli, ora la soluzione va cercata nella testa

La squadra di Sarri ha già superato periodi complicati nel corso della stagione. Solo che ora il pallone pesa molto di più

È il peggior momento del Napoli, ora la soluzione va cercata nella testa
Foto Ssc Napoli

Questione di media punti

Il Napoli sta vivendo il periodo peggiore della sua stagione. Questa è una constatazione puramente numerica, dettata in maniera inequivocabile dalle cifre: cinque punti in quattro partite, una media punti di 2,65 (alla 29esima giornata) è scesa fino a 2,46. Una quota di altissimo livello, se non fosse per la Juventus, e per quanto reso possibile dalla stessa squadra di Sarri fino al match con la Roma. Ecco, il punto è proprio questo: le difficoltà del Napoli sono iniziate da poco. Anzi, proprio nel momento in cui tutti (si) aspettavano il rilancio sul tavolo verde dello scudetto.

Da una parte c’è la certezza/consapevolezza di essere ancora in corsa, le otto partite che mancano (compreso scontro diretto) lasciano una buona fetta di speranza. Dall’altra parte, però, resta l’amarezza per un calo mai così vistoso come in questa parte di stagione. L’altro picco negativo, a novembre, era coinciso con un “minimo” di otto punti in cinque partite (contro Chievo, Milan, Udinese, Juventus e Fiorentina). Una quota che, battendo i gialloblu nella prossima partita, potrebbe essere “pareggiata”. Ma che fu superata brillantemente, cominciando la serie che dal Torino in poi portò Sarri a mettere insieme 10 vittorie consecutive.

Gol

I numeri, quindi, continuano a dare speranza al Napoli. È ancora possibile recuperare e costruire il sorpasso sulla Juventus, a patto di batterla a Torino nello scontro diretto. Dopo il match di Reggio Emilia, però, è difficile immaginare una squadra in grado di compiere un’impresa di questa portata. Non fosse altro che per i problemi di natura mentale, più che tecnica, palesati nell’ultimo mini-ciclo. La squadra di Sarri è parsa lontana dalla sua edizione migliore, perché incapace di sommare rendimento difensivo e offensivo all’interno dei 90′.

Anche questo concetto si può leggere nei numeri: il Napoli è stato brillante in fase offensiva contro la Roma, con occasioni create e non sfruttate. Nel match contro i giallorossi, ma anche in casa del Sassuolo, è parso friabile e poco concentrato dietro – per lunghi tratti nella sfida a alla Roma e per pochi ma decisivi frangenti in Emilia. In occasione delle gare contro Inter, Genoa e Sassuolo (in parte), il problema ha abitato più che altro nell’area avversaria: poche occasioni costruite, e difficoltà palese in fase di conclusione. Anzi, di concretizzazione rispetto alla mole di gioco creata. Non è un caso che il Napoli abbia segnato quattro gol negli ultimi 360′, due su azione (Mertens e Insigne contro la Roma), un autogol e una rete su sviluppi da corner. Come dire: tutto torna.

La mente e il gioco

Se la stanchezza sul piano fisico non è rintracciabile dal punto di vista empirico (ieri, in questo pezzo, abbiamo scritto di come i km percorsi a Reggio Emilia siano stati di più rispetto al match di Cagliari), si può fare ancora meno per intercettare stress e ansie di tipo psicologico. Resta un fatto, però: appena il pallone ha iniziato a pesare, il Napoli ha perso parte della sua brillantezza. È una condizione palpabile, da Napoli-Roma in poi.

La squadra di Sarri non è riuscita – se non per brevi segmenti – a esprimere la miglior versione di sé stessa. A Reggio Emilia, come spiegato da Alfonso Fasano nella sua analisi tattica, abbiamo visto come la mancanza di precisione, anche solo in poche giocate e pochi momenti, può pregiudicare il sistema costruito dal Napoli. È il prezzo che si paga al mercatino ideologico del gioco: se vuoi basare i risultati sulla qualità, se i tuoi calciatori ti spingono (e costringono, per caratteristiche) a costruire un modello raffinato e codificato, non puoi concedere deroghe alla pulizia tecnica e di lettura.

Lo sviluppo del match contro il Sassuolo, a ripensarci, non è molto diverso da quello col Genoa. Per step: Napoli che sembra impallato, che costruisce un buon numero di occasioni ma non le sfrutta – per bravura di Consigli, sfortuna e imprecisione degli attaccanti. Poi un assalto finale. Di nervi, più che di testa. Gol segnato con una giocata “alternativa” e risultato rimesso in piedi. L’unica differenza sta nella rete realizzata dai neroverdi. Un surplus di disattenzione, stavolta in difesa, con Koulibaly troppo irruento e una marcatura di squadra troppo blanda sulla successiva punizione. Se ci pensate, anche Zukanovic andò vicinissimo al gol, durante Napoli-Genoa.

Superare le debolezze

Solo il recupero dei calciatori, delle loro migliori misure, può portare il Napoli fuori dal pantano. È già successo, l’abbiamo visto sopra. Sarà una questione di forza, fisica e soprattutto mentale. Dopo l’uscita dall’Europa League, il primo tipo di carburante dovrebbe essere a disposizione. Il secondo propellente va ricercato e alimentato con il lavoro di questa settimane, e di quelle che verranno. Quelle cruciali, quelle finali. Non sarà facile, proprio in virtù di questo. Ma il tentativo è obbligatorio.

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