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Il braccino corto del Napoli, Sarri comandante bravo e fortunato

Il tribunale mediatico e del popolo era già pronto a condannare il Napoli, per una sconfitta col Chievo simile a quella del settembre 2014. È andata diversamente, la guerra non è finita.

Il braccino corto del Napoli, Sarri comandante bravo e fortunato
Foto Ssc Napoli

Il tribunale mediatico e popolare

Alle 16:50 di domenica 8 aprile 2018 l’aula del Tribunale mediatico e popolare era già bella che allestita per processare il Napoli, soprattutto il suo presidente, ma anche i suoi calciatori e il suo allenatore. Il pubblico ministero sarebbe stato in realtà un mix di opinionisti e tifosi, pronti a condannare squadra e società nonostante un campionato finora straordinario.

Sarebbe stato umiliante ascoltare i soliti commentatori esaltare la partita eroica e cinica del Chievo. Il caro vecchio (non) gioco all’italiana, l’inossidabile catenaccio che sconfigge la presunzione di chi gioca bene ma alla fine non vince nulla. Nonostante numeri impietosi di possesso palla e occasioni mancate, sarebbe stata l’apoteosi di quelli che “giocare bene non serve se poi non vinci”.

Anche se in realtà il Napoli tanto bene non sta più giocando. La stanchezza fisica di un campionato di vertice, e il logorio psicologico di un sogno che quasi si accarezzava con mano fino a qualche settimana fa, e che è divenuto nel tempo un’ossessione, hanno appesantito gli azzurri. È la leggerezza dell’incoscienza che sta mancando al Napoli, ma che, tanto per fare un esempio, sta venendo a mancare persino ad una corazzata come il Manchester City di Guardiola. Una squadra che gioca un calcio meraviglioso, ma che in vista del traguardo si è fatta battere per due volte in quattro giorni. Per sua fortuna in campionato ha accumulato un vantaggio che la mantiene al riparo da amare sorprese, ma in Champions League rischia di mandare alle ortiche un sogno per una partita sbagliata nel momento sbagliato.

Il braccino corto, e gli episodi

È la dura legge dello sport e del braccino corto. Ne sanno qualcosa tennisti e pallavolisti capaci di perdere partite dominate, fino a sprecare dei match point. Quando tutto quello che ti riusciva fino a 5 minuti prima non ti basta più, perché il tuo avversario ha capito dove metterai la palla e te la ribatte sempre, all’infinito. Fino a quando le tue forze iniziano a calare e ti sembra di sbattere contro un muro. La testa inizia ad andare in tilt, il tuo avversario si esalta e prende forza e convinzione, e tu invece inizi a convincerti che stai sbagliando tutto. Poi basta una palla sul nastro e pensi che era destino, che forse le cose dovevano andare così.

È ciò che sta succedendo al Napoli nelle ultime settimane. Dal gol di Dybala in extremis a Roma, seguito meno di un’ora dopo dalla traiettoria irreale del gol di Ünder al San Paolo, sembra che ogni episodio giri a sfavore degli azzurri.

Ogni tiro avversario si trasforma in gol, mentre contro il Napoli si mettono pali, traverse, interventi prodigiosi dei portieri avversari e persino rigori sbagliati. Fino a quando la leggerezza dell’incoscienza torna a fare capolino, e si materializza nello stop perfetto e nel tiro millimetrico di Diawara. Gli dei del calcio per fortuna hanno ristabilito un minimo di giustizia, perdere per l’unico tiro in porta subito sarebbe stato troppo anche per loro.

Il finale di stagione

Perché, paradossalmente, agli azzurri è andata di lusso. Nel Napoli del recente passato una gara del genere sarebbe stata persa 9 volte su 10. Una partita incredibilmente simile, contro lo stesso Chievo tre anni e mezzo fa, provocò una mezza rivoluzione contro Rafa Benitez, le cui dimissioni immediate furono chieste seduta stante da mezza Napoli. E le curve si distinsero anche allora per i soliti cori contro De Laurentiis. Fu una sconfitta tecnicamente inspiegabile, come lo sarebbe stata domenica scorsa. Identici numeri di possesso palla e tiri in porta, stesso rigore sbagliato, stessa prestazione mostruosa del portiere avversario. Però quel giorno gli dei del calcio si erano probabilmente appisolati.

Sarri è stato più fortunato. Le sue scelte, non del tutto condivise da chi guardava la partita, alla fine gli hanno dato ragione. Sarri sarebbe piaciuto a Napoleone. Si sta dimostrando un comandante tanto bravo quanto fortunato. E con i comandanti fortunati si vincono le battaglie, amava dire l’imperatore francese. Ora è forse arrivato il momento di meritarsela un po’ di fortuna. La voglia e la leggerezza mentale delle forze fresche potrebbe essere la benzina in un motore in affanno. Sperando che il Napoli si sia tolto definitivamente la scimmia dalla spalla.

In ogni caso, è inutile guardarsi indietro, nel bene e nel male. Ogni partita farà storia a sé, meglio dimenticare, azzerare e ripartire. E soprattutto stringersi intorno al Napoli. Fino al fischio finale, senza farsi mai prendere dallo sconforto. A Milano sarà durissima, ogni partita sarà durissima. Prepariamoci a un mese e mezzo di sofferenza, fino al 95’ di Napoli-Crotone. Perché è finita solo quando è finita.

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