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E se Younes a Napoli non fosse mai arrivato?

Alla ricerca dei reali motivi della sparizione del calciatore tedesco dell’Ajax, sta indagando persino Federica Sciarelli

E se Younes a Napoli non fosse mai arrivato?

Aspettando la versione del Napoli

In mancanza di qualsiasi versione ufficiale da parte della Società (che vorrebbe pure diffonderne una, ma non trova la carta da lettera e hanno mandato Giuntoli a comprarla ma erano le otto meno cinque e il tabaccaio alle otto chiude e si incazza pure se uno fa tardi), si accavallano le ipotesi su Younes.

La Sciarelli, l’altra sera, ha detto che sarebbe stato avvistato, con addosso una strana maglietta bianca e rossa sul davanti e tutta azzurra dietro (come Pippo Franco in un film degli anni Settanta), nel giardino di una bella casa di riposo presso Dusseldorf, gestita da emigrati di Casalnuovo. Lo tengono d’occhio, perché il ragazzo tende ad accarezzare e abbracciare qualsiasi anziano gli capiti a tiro, per poi dribblarlo furiosamente e urlare “O no’, o no’, nun me fa mettere ‘appaura!”. Un mitomane, evidentemente.

La gita organizzata dal Cral dell’Ajax

A scatenare la follia di Younes sarebbe stata la fatidica gita a Napoli organizzata dal Cral dell’Ajax qualche giorno fa e alla quale il giovane ha deciso di partecipare, in maniera avventata e senza opportuna preparazione (niente schemi a memoria, niente drone, ecc ecc): raduno in piazza Krol alle 5,00, partenza in bus per Napoli, panino col wurstel e cappellino con visiera inclusi, ritorno in nottata dopo avere assistito alla partita (costo del biglietto a parte).

Younes era partito con tanto piacere, per quanto i costi d’iscrizione non fossero moderati (25 milioni + Farias, Politano, Edmundo e metà Regini, a scelta), ma qualcosa, arrivato a Napoli, deve averlo disturbato. Già, che cosa? Qualcuno dice che, una volta allo stadio, il nonno (quello vero, non quello del dribbling a Düsseldorf) lo abbia chiamato per pregarlo di dare un’occhiata ai gabinetti dello stadio. Perché – la cosa è certa come il contratto di Politano – il nonno di Younes è incontinente. Una volta entrato a ispezionare le strutture, il povero Younes, che non è alto, si è sentito con l’acqua (si fa per dire) alla gola, ha cominciato a dribblare tazze di porcellana e tifosi sbottonati, infine è uscito urlando: “Marò E mo’ che ci dico a Nonno??”.

Questa è una versione dei fatti. Non l’unica.

La fredda accoglienza

Altri dicono che, una volta giunto in città, Younes si aspettasse il solito tifoso con la sciarpa (quello che vive annidato in ogni aeroporto del globo) pronto ad abbracciarlo e a vestirlo d’azzurro. Niente. Zitto zitto, invece, un losco emissario della società gli ha messo al collo una sciarpetta verde e nera, festeggiandolo a lungo e sorridendo di circostanza. Younes, che sarà pure libanese ma non è daltonico, ha chiesto subito: “Ma che roba è? Io so che il Napoli è azzurro…”, citando a conferma il testo integrale de “Il ragazzo della Curva B”. E l’emissario, imbarazzato, gli ha spiegato che una volta era così, ma adesso i tempi sono cambiati, e che il marketing del Napoli si sta seriamente impegnando da anni affinché la maglia faccia sempre più schifo e, in questo senso, il nero verde rappresenta l’ultima frontiera della schifezza, molto trendy.

Il pranzo pre-partita

Younes, però, non si è fidato, anche perché qualcuno gli aveva già promesso la maglia di Giaccherini, usata ma “non vi preoccupate che quella dopo un po’ cede e vi sta comoda”… Quando l’hanno portato a mangiare prima della partita (pranzo incluso nel prezzo con un bonus di 5 milioni per avere tenuto la sciarpa nera e verde al collo per due ore), lo sgomento del gitante è definitivamente aumentato davanti ai fiumi di lambrusco serviti, mentre un 50 pollici a circuito chiuso mandava a palla un documentario sulla vita di Falcinelli. E a quel punto, persino a Younes è venuto il sospetto… Con la scusa del bagno, non l’hanno visto più.

Che altro può essere successo, se non questo? Che cosa avrebbe visto, Younes, di tanto brutto per scappare, lasciando in tribuna al suo posto un pupazzo col cappellino e la barba al quale gli steward del San Paolo hanno parlato assiduamente, per altro, fino a fine gara e anche oltre? Forse Umberto, il piccolo Attila degli spogliatoi, la cui estrema pericolosità non è stata ancora sancita per legge? Forse il tabellone elettronico dello stadio, dal momento che lui, sempre Younes, quello stesso modello di tabellone lo tiene come sveglia nella stanza dei nipotini nella casa di villeggiatura vicino a Dusseldorf (ma ora si è fatto vecchio e va cambiato)? Forse ha ascoltato – poveretto – l’inno della Lega scritto da Allevi e ha temuto di doverlo cantare pure lui, senza capire che, invece, basta fischiarlo?
O forse, ed è questa l’ipotesi più inquietante, Younes qua a Napoli non è mai arrivato, alla fine ha ceduto il biglietto del Cral a un nipote della sua vicina di casa (che un poco gli assomiglia, pure), se n’è rimasto ad Amsterdam perché fino a giugno “solo la maglia, amiamo solo la maglia” e ne ha approfittato per andare a trovare il nonno, che dell’incontinenza se ne frega perché in casa ha un cesso che pare Versailles!
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