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Dalai: «Sarri comunica così perché si sente offeso dal calcio italiano»

Intervista all’editore-scrittore: «Il suo Napoli è un Barcellona in vitro. È consumato dalla sua missione. Ha un solo neo: la comunicazione. Sente di non aver avuto la legittimazione che avrebbe meritato»

Dalai: «Sarri comunica così perché si sente offeso dal calcio italiano»
Maurizio Sarri in una foto di Matteo Ciambelli

Un uomo di calcio

Michele Dalai è uno storyteller calcistico, un editore, uno scrittore, un ex calciatore dilettante. Scrive e coordina un blog sull’Inter, “Il Nero e L’Azzurro”, con cui Il Napolista ha dialogato un paio di volte (qui e qui). L’ultima opera in libreria è “La Lentezza della Luce”, un altro caso editoriale è stato il suo “Contro il Tiqui Taca – Come ho imparato a detestare il Barcellona”, pamphlet pubblicato ai tempi dell’esplosione del guardiolismo. Conduce un programma su Fox Sports, “Due di Uno”, storie di calciatori forti e meno forti, famosi e meno famosi, eroi e antieroi vicini per un evento, un momento in comune. Insomma, è un uomo di sport e di calcio, che si occupa soprattutto di comunicazione.

Abbiamo deciso di chiedere a Dalai di Sarri, Allegri, di Napoli-Juventus e relativo rapporto con i media. Di questo duello infinito, che si sviluppa in luoghi ideali diversi, dal campo al ring dei microfoni. Le sue risposte, da osservatore esterno eppure interno alle dinamiche del gioco, ci hanno offerto un quadro chiaro e alternativo della realtà.

Dalai

Michele Dalai

Il Sarri di campo

Dalai apprezza il tecnico del Napoli. Lo definisce così, con termini e paragoni impegnativi: «Sarri ha una personalità molto più complessa rispetto alla narrazione comune. Non è solo un uomo di campo, un filosofo del gioco, un allenatore perfezionista. È molto di più. A me, per esempio, restituisce l’immagine di una persona consumata dalla sua missione. Di un tecnico che fa una fatica tremenda a mantenere la sua squadra collegate alle sue idee, che pratica il doping dell’attenzione ai suoi calciatori. È un nevrotico del gioco, in lui rivedo la stessa tensione tattica di Guardiola. Il suo Napoli, del resto, è un Barcellona in vitro – fatte le dovute proporzioni».

Dalai amplia questo concetto: «Il Napoli è una squadra non proprio fortissima, costruita in maniera intelligente, che prova a giocare un calcio unico in Italia pur non avendo interpreti eccezionali. Sarri si sente sicuro solo con questa impostazione, con certi calciatori in certi ruoli. Tutto è rapportato a questi concetti, a questa routine tattica molto dispendiosa. È l’unica strada da percorrere per costruire un duello possibile contro la Juventus, un club corazzato, abituato a combattere per certi obiettivi e con una disponibilità economica superiore».

Il Sarri comunicatore

Abbiamo scelto Michele Dalai perché volevamo parlare prima, e soprattutto, di comunicazione. Di come viene recepito il personaggio Sarri, in questo momento e in assoluto, lontano dal contesto napoletano. Il ritratto che ne è venuto fuori è ricco di sfaccettature: «Maurizio Sarri parla e si comporta come un grande offeso dal sistema calcio italiano. Dà sempre la sensazione di cercare la legittimazione che gli è mancata, e dal suo punto di vista questo è imperdonabile. Ne viene fuori una versione sbagliatissima, del resto io credo che la gestione del rapporto con i media sia il grande difetto, se non l’unico difetto, del tecnico del Napoli. Al di là di alcune interpretazioni come quella di Tuttosport, io credo che il vero rischio sia quello di nevrotizzare ulteriormente il suo stesso ambiente».

La severità di Dalai nei confronti del Sarri comunicatore è più un rammarico che un giudizio di parte. Perché alcune delle sue ultime uscite sembrano averlo convinto molto di più: «La battuta su Marotta/Politano è stata perfetta. E spiega quelle che potrebbero essere le grandi potenzialità comunicative di Sarri. A differenza di un personaggio come Mourinho, abilissimo a manipolare i fatti in base al tornaconto, personale e della squadra, Sarri ha una grande qualità che sta sfruttando poco. Può dire la verità, da personaggio schietto e puramente toscano. Tornando al caso Politano, Sarri non ha fatto altro che dire le cose come stanno. Una cosa che sembra essere vietata nel nostro calcio. La Juventus ha fatto un’azione di disturbo odiosa ma legittima, lui ha spiegato quanta influenza possa avere il club bianconero sul calciomercato. Dovrebbe utilizzare sempre questa strategia, in questo dovrebbe essere aiutato».

“La Lentezza della Luca”, l’ultimo libro di Michele Dalai

L’uomo cuscinetto in società

A Sarri, in effetti, manca un aiuto nella gestione dell’immagine del Napoli veicolata al suo lavoro, alla sua persona. Anzi, al suo personaggio. Dalai individua maturità e mancanze, nell’organigramma del Napoli, che in qualche modo si riferiscono a una figura tramite: «C’è grande maturità, secondo me, nel comportamento mediatico di De Laurentiis. Il presidente del Napoli si sta stringendo intorno al suo allenatore, nel senso che sta assecondando questo suo modo di essere e di comunicare. De Laurentiis e Sarri sono molto diversi, eppure in questo momento sono convergenti per rincorrere insieme un obiettivo storico. Anche la piazza sembra sostenere fideisticamente il suo allenatore, è quello di cui c’è bisogno».

Allo stesso modo, però, Dalai spiega che si potrebbe fare di più: «C’è tanto di buono, nel Napoli. C’è un potenziale comunicativo impressionante, se solo Sarri e De Laurentiis fossero guidati da un uomo cuscinetto. Da un dirigente, magari un ex calciatore, che sappia di calcio e sappia muoversi nel calcio. Che orienti gli atteggiamenti di entrambi, che faccia percepire armonia all’esterno del club. Perché il Napoli è una società importante con ambizioni internazionali, deve essere riconosciuto in questo modo. Certi volti fanno la differenza, assolverebbero a delle funzioni istituzionali che in questo momento non sono nelle corde di De Laurentiis e Sarri. Penso all’Inter, che una volta inviava Luis Figo o Gabriele Oriali a sedersi a tutti i tavoli più importanti. Penso alla Juventus, che oggi manda in giro per il mondo un Pallone d’Oro».

Anni fa, non a caso, il Napolista creò il fantasioso personaggio di Italo Alloggi, proprio per evidenziare questa lacuna.

La Juventus

Inevitabilmente, il discorso cade anche su Allegri e sulla Juventus. Dalai spiega che il tecnico bianconero «è molto diverso da Sarri, è un aziendalista puro, ha un profilo tattico e comunicativo molto più vicino ai grandi del calcio europeo. Ci sono cose per cui è davvero mourinhista, molto più di quanto pensiamo: per esempio le sceneggiate a partita finita, quando la Juventus si rilassa e lui perde le staffe. Ecco, quello è lavoro di comunicazione e di immagine, è un comportamento studiato a tavolino».

«Allegri è diverso da Conte, non parlerebbe mai male del mercato della Juventus, anche se dovessero vendergli cinque calciatori importanti. Inoltre, è un tecnico liquido, si adatta alle circostanze e alla narrazione del contesto. È un discepolo di Galeone, eppure oggi persegue un’idea di calcio speculativo, difensivo, vicino alla tradizione della Juventus, alla retorica del club bianconero. Il rapporto tra i due tecnici e la loro comunicazione si nutre anche delle dinamiche dei club che rappresentano. La differenza tra Napoli e Juventus, da questo punto di vista, è enorme. Anche per Dalai: «Quando parliamo di Juventus, facciamo riferimento a una società portaerei che vive di armonia assoluta – o comunque si percepisce questo, all’esterno -, di certezze monolitiche. È un grande pregio, ovviamente».

Il pamplhet di Michele Dalai: “Contro il Tiqui Taca – Come ho imparato a detestare il Barcellona”

«Secondo me – prosegue Dalai – la ricezione di Sarri e delle sue dichiarazioni va distinta. Da una parte c’è il rispetto e anche un po’ il timore del club; dall’altra c’è l’atteggiamento anche violento della tifoseria, dell’opinione pubblica. In qualche modo, loro sono diventati così dopo il 2006, subiscono molto la pressione ideologica del complottismo, sono vittima di un certo pregiudizio. Anche per questo rispondono attaccando».

Il finale è un atto di fede. Nel calcio e in un certo approccio al modo di viverlo, e raccontarlo: «Da osservatore esterno, penso che questo duello sia bellissimo. È quello di cui il calcio italiano ha bisogno, soprattutto in questo momento. Anche per questo spero che certi atteggiamenti non lo rovinino, ci saranno inevitabilmente dei veleni, ma vanno gestiti con intelligenza e lucidità. È l’unica strada possibile». Difficile non essere d’accordo.

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