In Germania, tutti si concedono un attimo di illusorio godimento con i fuochi d’artificio. Napoli si divide come al solito, ma non supera il suo tarlo: l’illegalità necessaria.
Tra il moralismo e la carneficina
Brandelli di cartoni a centro strada e rimanenze di polvere da sparo sui marciapiedi. Non è un vicolo del centro di Napoli, ma Berlino e i suoi viali, piccoli e grandi, la mattina del primo gennaio. Nella capitale tedesca si spara tantissimo. Spara tutta la sua popolazione, sparano nel mio palazzo tedeschi, messicani, bulgari, russi, italiani e serbi. Pochi botti ma moltissimi fuochi d’artificio. Da mezzanotte in poi si vedono padri con i figli, ragazzini, fidanzati, anziani camminare per strada tra razzi e fontane di fuoco.
A Napoli il tema fuochi di Capodanno ha preso da tempo quella piega noiosamente moralistica che spesso si riserva a ciò che tocca il senso del limite tra individualità e appartenenza ad una comunità, la linea sottile tra la perdita del controllo e il suo riacquisto. Nel tentativo di arginare in passato anni di folle carneficina dovuta alla cieca furia di potentissimi esplosivi artigianali, si è istruita la comunità a pensare che sparare i botti sia attività da barbari, se non da criminali.
Al supermercato
Ci è stato detto che solo da noi succedeva roba del genere – come oggi si dice della tragicomica storia dell’albero in galleria -, che altrove ci si limitava a ad una civilissima bottiglia di spumante, per poi ritrovarci sotto piogge di luminarie in Sassonia e Brandeburgo. Tutto questo lo si è fatto per la fretta di tagliare corto e coprire, con una strategia arraffazzonata, l’unico vero tarlo della nostra città, che è il voler operare, sovente ed a tutti i livelli, esclusivamente in una illegalità che non è necessaria ma che si presenta a tutti come tale.
I fuochi di artificio in Germania si acquistano al supermercato, accanto al banco dei surgelati. Sono omologati e sicuri, come previsto dalle norme comunitarie. Sono pur sempre esplosivi, quindi sta a chi li compra saper trovare il luogo giusto per spararli. Ma, in generale, il fuoco dell’ultimo dell’anno non ha un connotato di mercato nero, non si ha l’idea che si debba scendere nel buio di uno scantinato di periferia per comprare il botto più vicino ad una mina antiuomo da pagare subito e cash, sperando che la polizia non ti sia alle calcagna. Al supermercato i botti li compri anche con la carta di credito, li comprano anche i poliziotti.
Per aiutare l’esistenza
Ed è un gesto di civiltà quello di sottrarre il fuoco dell’ultimo dell’anno dalle ganasce dell’illegalità senza spingersi all’estremo opposto, alla repressione o peggio al dipingerlo come un atto rozzo. Comprare fuochi d’artificio è una straordinaria avventura sociale. È il momento in cui si spende del danaro da bruciare in un qualche secondo di godimento che, seppur illusorio, aiuta l’esistenza. Esattamente come il biglietto di una partita di calcio. E come per le gradinate di uno stadio, ci si trova in una zona franca temporanea in cui è permesso muoversi sul limite, sparare il razzo che parta dal centro dell’incrocio sotto casa oppur trovare il migliore coro osceno che sintetizzi l’odio contro l’avversario di turno, per poi ritornare nella nostra consueta chiave di rispetto civico.
Questi sbalzi sono necessari per vivere quanto abbiamo al completo. Lo si fa una volta all’anno, in un clima che ha l’ansia del compimento di un tempo e l’attesa del nuovo, in una sospensione che non necessita certo di dita staccate e mani perse nel tentativo di far brillare ordigni balordi, ma deve avere un suo senso di tensione, a volte paura, ma anche potente attrazione, quella che ci infonde il fuoco – il doverlo domare, usare, calibrare, e l’attenzione alla miccia che non prende o l’apprensione all’accensione di una batteria che non sai cosa scatenerà.
La solita divisione
La lotta ai fuochi d’artificio, a Napoli, è stata a mio avviso una occasione perduta. Si è finito per dividerci, come al solito, tra ultras dello sparo libero da una parte e difensori d’ufficio del senso civico dall’altra. Ma se non misceliamo questi due mondi non recupereremo alcuna ricchezza. Anche in Germania gli efficienti e ricchissimi bavaresi, che pagano ancora la tassa di solidarietà per l’est, additano Berlino come la solita ipertrofica capitale che getta al vento danari pubblici (ed hanno piena ragione).
D’altra parte, è necessario avere anche Berlino, i suoi locali underground ed i suoi club porto franco di sesso e trasgressione per evitare che il populismo, che mette radice spesso dove il benessere fine a se stesso è massiccio, porti via tutto.