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La situazione finanziaria di Inter e Milan, club “cinesi” prima del derby

Il Corriere della Sera spiega la rivoluzione lenta di Suning all’Inter e la necessità del Milan di fare risultati, sul campo e nei bilanci, per scongiurare i problemi.

La situazione finanziaria di Inter e Milan, club “cinesi” prima del derby
Icardi, qui

Doppio articolo del Corsera

Inter-Milan, derby di Milano e della Cina. Ma anche il derby del tentativo di ricollocazione nel grande calcio, attraverso politiche economiche diametralmente opposte. Da una parte la rivoluzione lenta, step by step, di Suning e Sabatini; dall’altra il tutto e subito di Fassone e Mirabeli. Per capire lo stato finanziario dell’arte, ecco due pezzi a specchio del Corsera sui due club.

Per parlare di Inter si parla di calciomercato, di una campagna che «è stata annunciata come faraonica e poi è stata all’insegna del rigore». Il motivo è presto detto: «Il gruppo Suning ha deciso di non fare follie, stretto nella tenaglia del fair play finanziario Uefa e dei vincoli del governo cinese che ha imposto prudenza a chi investe all’estero nel mondo dell’intrattenimento. L’Inter è un paradosso: ha una proprietà facoltosa e, allo stesso tempo, è un club costretto ad arrangiarsi».

Una situazione che, almeno sul mercato dei calciatori, proseguirà su questa falsariga. Anche perché nel frattempo la famiglia Zhang ha già versato 600 milioni nelle casse nerazzurre e il bilancio è in perdita (24 milioni). Solo che il passivo è nettamente inferiore, è sceso di 35 milioni. Mentre i debiti con le banche arrivano fino a quota 110 milioni. La situazione dell’Inter è semplice: ha un sacco di soldi, ma non può spenderli per via di gestioni precedenti dissennate. Quindi aspetta, magari anche solo il ritorno in Champions, per far valere la solidità della nuova proprietà. Nel frattempo, ricavi senza Europa a 320 milioni. Non male.

Milan

Situazione particolare quella dei rossoneri, divisi tra risultati inferiori alle aspettative e condizione economica interlocutoria. Scrive così, il Corsera: «Il Milan è il meno cinese dei club cinesi, visto che il proprietario Yonghong Li, dopo i blocchi imposti dal suo governo, ha dovuto dire addio agli investitori del progetto originario e utilizzare società e risorse extra Cina. Compreso il famoso fondo Elliott, che ha prestato 303 milioni, 180 alla Rossoneri Lux (tasso 11,5%), 123 al Milan (tasso 7,7%) da restituire a ottobre 2018. Se il debito non viene pagato, il Milan passa a Elliott, che è pronto a fare un ottimo affare rivendendo subito».

Insomma, una storia sportiva così importante ridotta – per il momento – a mera operazione finanziaria. L’obiettivo di Fassone è quello di rifinanziare il debito, in modo da ottenere – per primavera – dei tempi più lunghi su cui costruire solidità finanziaria e sportiva. Prima (a novembre), però, ci sarà l’assemblea dei soci che approverà il bilancio semestrale e presenterà all’Uefa il piano di adesione al voluntary agreement.

L’aumento dei profitti passerà dai risultati del campo fino all’espansione in Oriente, ed è qui che le cose non sembrano andare benissimo. Leggiamo sempre il Corsera: «È partito a rilento il progetto di Milan China frenato dalla burocrazia: la società dovrebbe essere costituita la prossima settimana, ma entrerà in vigore con un semestre di ritardo. Ed è in corso il viaggio dei responsabili del settore commerciale in Cina». Che non vale la Champions, ma poco ci manca.

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