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Benevento, l’accoglienza a De Zerbi ci spiega come non esistano le isole felici

La retorica dell’appartenenza e l’irrazionalità del tifo giustificano un pregiudizio così sgradevole? Il caso Kolarov, a Roma, ci spiega che non è così.

Benevento, l’accoglienza a De Zerbi ci spiega come non esistano le isole felici

Il pensiero di pochi

È bene chiarire subito. Al di là del disprezzabile contenuto discriminatorio, lo striscione con cui Benevento ha “accolto” il nuovo allenatore De Zerbi è ascrivibile a una minoranza. Non ci sono “rivendicazioni” di gruppi organizzati, ma il punto non è ovviamente questo. L’idea veicolata in quella frase secca – “De Zerbi zingaro” – deve appartenere a un gruppo limitato di persone. A un gruppo sparuto, minimo, che però in qualche modo ci spiega come viene vissuto il tifo da una certa parte del pubblico italiano.

Il “problema” di De Zerbi è la sua vicinanza – espressa più volte – ai colori dell’Avellino e del Foggia. Che, per ragioni squisitamente storico-geografiche, sono le piazze calcistiche rivali di quella sannita. De Zerbi, bresciano, ha giocato nell’Avellino e nel Foggia, poi ha allenato per due stagioni i rossoneri. Lì si è segnalato come un enfant prodige della panchina, la sua espressione di gioco è stata considerata all’unanimità come una vera e propria rivoluzione (offensiva) per la Lega Pro. L’esperimento fallito a Palermo, nello scorso campionato, sembrava poter avere un’appendice all’estero: per tutta l’estate De Zerbi è stato accostato alla panchina del Las Palmas, poi l’affare è saltato ed ora eccolo al Benevento.

Dove, appunto, nessuno riesce a dimenticare e perdonare un passato nelle squadre rivali. È la distruzione di un’isola felice, di una presunta isola felice del tifo. Il calcio, soprattutto quello italiano, si nutre di certe convenzioni e convinzioni. Questa è la dimostrazione di come la retorica dell’appartenenza possa diventare uno sgradevole pregiudizio nei confronti di chi ha una sola colpa, che poi colpa non è: quella di essere stato e di essere un professionista.

Il caso Kolarov

Qualcuno potrebbe dire che questa è una lettura tipica del tifoso, perché il tifoso è irrazionale. Bene, noi ancora oggi non ci spieghiamo perché un tifoso debba per forza essere irrazionale. Tanto da rappresentare così male il sentimento di un’intera comunità. Al di là dei risultati, l’avventura di De Zerbi parte già in salita. E non riusciamo a spiegarci perché, o forse lo sappiamo e non vogliamo crederci per davvero.

Basta andare pochi chilometri più a Nord, a Roma, per capire che certi atteggiamenti lasciano il tempo che trovano. Aleksandar Kolarov, appena tre mesi fa, è stato accolto malissimo dai tifosi della Roma. Perché (ex) laziale. Bene, oggi è una specie di idolo per tutto l’ambiente giallorosso. Gli sono bastati 3 gol e 4 assist per cancellare le macchie bianconcelesti dal suo passato. Si chiama professionalità, semplicemente. Il tifoso irrazionale, evidentemente, è anche volubile. Bastano i risultati. Auguriamo a De Zerbi di fare lo stesso percorso.

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