L’intervista a Giancarlo Dotto. C’è tutto, da Pasolini a Boniperti a Maradona. «Il processo nacque a casa di Biagio Agnes. Moggi è una creatura di Allodi»
Pubblichiamo una celebre intervista concessa un paio di anni fa da Aldo Biscardi (scomparso questa mattina) a Giancarlo Dotto per Dagospia. Da leggere interamente. Ne pubblichiamo l’inizio, poi riportiamo sul giornale on line creato da Roberto D’Agostino.
Ho voglia di abbracciarlo e baciarlo ma temo di sgretolarlo. A 84 anni gli umani sono di carta velina. Non resisto. Lo abbraccio e lo bacio. Non si sgretola. Aldo Biscardi è una roccia, sotto la zazzera al carotene prodigiosamente uguale a se stessa. Il che conferma quanto già sapevo.
Come tutti gli ergastolani del video, Biscardi ha poco di umano, e questo me lo rende fisicamente attraente, oltre che intimo. Esposto da quasi quattro decenni ai raggi catodici, il suo è diventato un corpo spettrale, un cartonato di lusso, dentro cui resistono frammenti di un inconscio quasi azzerato dall’abuso di telecamera.
Se ancora oggi dici “processo”, da noi pensano più a Biscardi che a Kafka. Insomma, tecnicamente, una leggenda vivente. Accudita da Puccia, la governante filippina. Lui non la chiama, la invoca come un Zeus tonante. “Puccia!”. Sì, qualche smemoratezza, il minimo storico, da metterci la firma, l’occhio lustro tra la commozione e il tempo, la voce che manca e qualche volta raschia e rantola, ma sembrano i soffiati dell’attore ottocentesco quando esagera nel vezzo di simulare il privato essendo pubblico. Ricordi o allucinazioni? Qualcosa resiste e altro svanisce.
A Mosca con Pasolini
“Quella volta che andai come inviato di “Paese Sera” a Mosca con Pasolini per la festa della gioventù e lui abbracciò un ragazzo uscito mezzo nudo da casa”. Ogni tanto, gli parte, credo a sua insaputa, un sorriso di una dolcezza enorme dove ci vedo la conferma quantica che il tempo è un infinito presente. Il vegliardo che perde colpi convive con il bambino che bussa la sua innocenza sotto la ruvida, presunta cazzata della clessidra che si svuota.
Con Berlusconi
Il mondo dei sociale dei global non lo sa e forse non lo conosce neppure, ma Mister Sgub non molla. La notizia vera è che il suo Processo, l’originale, esiste ancora, vive e sbotta con noi, più che mai nazionale e inimitabile. Canale 61 del telecomando. “Vieni, ti faccio vedere una cosa”. Mi mostra alla parete, con un orgoglio che non potete nemmeno immaginare, la targa del Guinness. Da allora sono passati altri quattro anni. “36 edizioni consecutive”. Record assoluto di durata televisiva.
L’intervista completa la trovate qui.
Riportiamo qualche dichiarazione.
Il Processo e Biagio Agnes
“Il Processo nacque nell’appartamento di Biagio Agnes, allora direttore generale della Rai e tifoso Napoli. Lo considero il padre putativo del processo. Ti dico una bella cosa di Biagio”
Moggi (e Allodi)
“Era la copia leggermente sbiadita di Italo Allodi. Italo è stato il primo general manager alla Moggi. Aveva carta bianca. Poteva fare tutto. Comprare i giocatori, parlare con gli arbitri, con gli allenatori e i giornalisti. Moggi è una creatura di Allodi. Sentenza equa. Moggi era uno che non nascondeva di fare tutto per la sua società. Quale giornalista non baro può negare questo? Quelli come Moggi dettavano le regole del calcio. Come faceva Allodi ai suoi tempi. Luciano aveva il potere che hanno tutti i manager, solo che lo ostentava”.
Gli ospiti illustri
“Sono passati tutti da me. Dalla vita politica a quella artistica. Ho avuto Pertini collegato in diretta. Andreotti e D’Alema. Berlusconi l’ho avuto in diretta sei, sette volte. Ho avuto in studio anche Gianni Agnelli, contro la volontà di Boniperti”.