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«A Firenze come a Napoli il papponismo è grillismo da stadio. Siamo fermi agli anni 80»

Intervista ad Antonio Montanaro, giornalista del Corriere Fiorentino che racconta al Napolista dove nasce la contestazione ai Della Valle e traccia un parallelismo con De Laurentiis

«A Firenze come a Napoli il papponismo è grillismo da stadio. Siamo fermi agli anni 80»

Napoli e Firenze

Della Valle e De Laurentiis, Napoli e Firenze, azzurro e viola. Due situazioni calcistiche diverse, eppure con un retroterra simile soprattutto nella percezione dei tifosi. O meglio: nella percezione di una parte dei tifosi, quelli inclini alla contestazione perenne. Alla contestazione non contestualizzata, alla faccia dei prefissi lessicali. Per capire qualcosa in più sulla situazione della Fiorentina (con i Della Valle che hanno messo in vendita la società), e per costruire un possibile collegamento con Napoli e il Napoli, abbiamo intervistato Antonio Montanaro, giornalista napoletano, vicecaporedattore del Corriere Fiorentino. In questi giorni, buona parte dei pezzi pubblicati dall’edizione toscana del Corsera sono firmati da lui. E sono pezzi che raccontano la “nuova paura” di Firenze in merito al destino sportivo della squadra viola. Che, come scritto anche oggi (da Ernesto Poesio, però) rischia di trovarsi nella stessa identica situazione di quindici anni fa, al tempo del fallimento di Cecchi Gori.

Anzi, il discorso di Montanaro parte proprio da questa idea di ritardo culturale in senso sportivo: «Siamo fermi agli anni Ottanta, ed è proprio questo il tratto comune tra le tifoserie di Fiorentina e Napoli. L’idea di fondo è quella del presidente mecenate che acquista i campioni e quindi fa vincere gli scudetti. L’Europa del calcio e la storia recente della Juventus dovrebbero insegnare che i successi di oggi si costruiscono attraverso la strutturazione manageriale della società. La nostra è vera e propria arretratezza culturale».

Il miracolo

La contestazione ai Della Valle va avanti da un po’. Nel mirino, i mancati investimenti che portano ai mancati trofei. Un circolo vizioso, secondo il tifoso. Una lettura che non trova riscontro nella realtà, secondo Montanaro: «Della Valle e De Laurentis hanno compiuto miracoli sportivi. Piazze come Napoli e Firenze si sono consolidate ai vertici del calcio italiano nonostante una storia povera di trionfi. Certo, le due gestioni hanno avuto dei momenti d’arresto e hanno qualcosa che non funziona, ma non tutto può ridursi alla mancata vittoria di un trofeo o di un grande trofeo».

Il confronto: «Il Napoli ha vinto tre degli ultimi 18 trofei assegnati in Italia, gli altri 15 sono andati a Juventus, Milan e Lazio. Con un rapporto di 13 a due in favore dei bianconeri. Nel frattempo, la Fiorentina ha giocato una finale di Coppa Italia e una semifinale di Europa League, fallendo l’accesso alle coppe solo quest’anno. Ripeto, un vero miracolo. Ma il pubblico contesta, sempre perché legato a questa idea old style, ereditata dai Viola, dai Ferlaino, dai Cecchi Gori, dai Pellegrini, dal calcio di una volta. Non funziona così, oggi occorre programmazione a lungo termine. E non è detto che funzioni».

Il fattore sfiga: gli infortuni di Rossi e Gomez

L’ordine di idee secondo cui i tifosi del Napoli non siano perfettamente contestualizzati nel calcio di oggi è uno dei fondamenti del Napolista. Evidentemente pure a Firenze hanno una capacità di autoanalisi non proprio centratissima. Anche perché la realtà è abbastanza diversa dal racconto dei tifosi: «La proprietà Della Valle – spiega Montanaro – ha investito 221 milioni di euro in quindici anni, con una media di circa 15 milioni l’anno. Questi soldi hanno portato la Fiorentina ad essere una società sana, in linea col fair play finanziario e pure in grado di centrare risultati sportivi importanti. Di fare meglio di altre piazze simili per storia e bacino d’utenza, come Torino, Bologna, Genova».

La retorica del salto di qualità, però, è un trappolone. I Della Valle ci hanno provato? «Nell’estate del 2013, la Fiorentina acquista Rossi e Gomez. L’anno prima era arrivato Montella, c’erano Cuadrado e Borja Valero, si intravedeva un progetto tecnico importante. Poi è subentrato il fattore sfiga che però non è altro che una parte del gioco, seppure importante. Gomez si è fatto male, poco dopo anche Rossi ha subito un infortunio. I Della Valle, per rientrare senza contraccolpi economici di un doppio investimento negativo, hanno dovuto investire solo sul ripianamento del bilancio».

«Nessun acquisto, o comunque nessun acquisto di grido. Poi la cessione di Cuadrado. Una serie di eventi concatenati che hanno in qualche modo “suggerito” la storia del disamore della proprietà. Paradossalmente, tutto è cominciato quando la società ha provato a fare un passo deciso in avanti. Ha finito per farne uno indietro, e a quel punto la contestazione è parsa inevitabile».

Grillismo di curva

Su questo punto, però, Montanaro non è d’accordo. O meglio, spiega in maniera diversa la natura della polemica nei confronti della società: «A Firenze vige una sorta di grillismo di curva. Tutto va male, tutto va contestato. Certo, non sono arrivati i trofei, e questo è un dato. Gli stessi Della Valle hanno vissuto questa mancanza come una specie di ossessione. Ma ci hanno provato, in qualche modo, a rompere il sortilegio. Montella e la sua aria nuova, che poi ha trainato il primo anno di Sousa. La Fiorentina, per un certo periodo, ha rappresentato un benchmark calcistico di un certo livello, soprattutto in riferimento al gioco. Ma poi anche questo ha finito per essere dimenticato. Certo l’idea di trattenere Sousa più del dovuto non è stata brillantissima, ma qui parliamo di criteri di valutazione soggettivi».

Per chi scrive, ad esempio, il portoghese avrebbe potuto rappresentare un tentativo più a lungo termine, per la viola. Una risorsa tecnica su cui far ricadere il progetto.

Il parallelo con il grillismo nasce quando Montanaro risponde a una domanda sulla differenza col papponismo napoletano. Sono due definizioni, c’è dentro un mondo: a Napoli la contestazione a De Laurentiis è trasversale, dai gruppi del tifo organizzato (influencer per una certa parte del pubblico) alla borghesia anche colta (che è rilevante in questo processo) e ad alcuni segmenti del giornalismo.

A Firenze, la struttura dei dissidenti – secondo Montanaro – è meno precisa: «A Firenze non esiste più un movimento di tifo organizzato di grosso impatto, ci sono piccoli gruppi che espongono striscioni contro i Della Valle. Io penso che il problema sia culturale, nell’accezione ampia del termine. Basti pensare ai post di Cavalli su Instagram, letteralmente deliranti. In Italia, la cultura del risultato e del calcio come mecenatismo non permette un’adeguata lettura della realtà. Il fatto che poi anche a Firenze ci sia un’attenzione enorme nel racconto quotidiano delle cose viola contribuisce a veicolare certi messaggi. Il calcio di ieri non c’è più. Ma facciamo fatica a rendercene conto».

Lo stadio (e la soluzione, è la soluzione)

Montanaro utilizza la modalità “diluvio universale” nel suo mondo ideale del calcio. Difficile non condividere questa visione, questa proposta: «È una provocazione, lo so. Ma pensate a una Serie A ferma per due anni, anni che servirebbero a costruire gli stadi nuovi da cui ripartire. Un modo per dimostrare che la programmazione a lungo termine è l’unico modo per poter competere davvero. Oggi il calcio è internazionale. Anzi, mondiale. L’Italia non è appetibile secondo gli investitori stranieri, per tutta una serie di motivi, politici ed economici. Ripartire da zero, a Firenze come a Napoli, servirebbe proprio a spiegare ai tifosi come vanno le cose oggi. Come dovrebbero andare, almeno. Forse è l’unico modo per uscire da questo nostalgismo per un calcio che non c’è più».

L’ultima domanda riguarda proprio lo stadio. Che è parte della soluzione per risolvere il problema culturale, ma rappresenta anche un punto importante della vicenda Fiorentina, oggi. «I Della Valle – conclude Montanaro – avevano promesso lo stadio a Firenze e ai tifosi. Nonostante il comunicato che mette in vendita il club, dicono di voler continuare su questa strada. In realtà, l’iter è stato complicato, l’area destinata all’impianto è occupata oggi dal mercato ortofrutticolo, un polo da 2000 lavoratori che dovrebbe essere spostato».

«La proprietà avrebbe voluto fare anche di più, poi si sono accontentati e hanno investito anche in questo progetto. Un’altra dimostrazione di un interesse reale alle sorti della Fiorentina. Ora vedremo come andrà a finire, il 31 dicembre c’è una scadenza importante e molto dipende dal futuro della società. Da un’eventuale nuova proprietà. Anche se, in questo momento, non c’è nessuna alternativa all’orizzonte. Che arrivi dall’estero come in Italia, dove ci sono pochi ricchi in grado di fare calcio a un certo livello». La “nuova paura” di Firenze, appunto.

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