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Sono i numeri a dirci che il Napoli non è peggiorato senza Higuain, anzi

Il confronto con il campionato scorso dimostra come la squadra di Sarri abbia migliorato il suo rendimento : il Napoli ha disegnato un’annata eccezionale.

Sono i numeri a dirci che il Napoli non è peggiorato senza Higuain, anzi

Confrontarsi con se stessi

Inter-Napoli ha emesso un verdetto sulla stagione del Napoli, seppur non matematico e tantomeno oggettivo. La squadra di Sarri ha migliorato se stessa, la versione 2015/2016: ha un punto in più dello scorso anno; è in piena corsa per un secondo posto che potrebbe alzare la sua quota di cinque punti rispetto all’ultima stagione; ha tutti i dati dalla sua parte meno quello dei gol subiti.

Il confronto con se stessi non ha grande valore statistico perché mette a confronto due realtà in relazione con sistemi diversi. Nel senso: il campionato scorso si caratterizzò per una lotta salvezza vera, la partita che effettivamente tolse lo scudetto al Napoli fu quella giocata contro la prima squadra non retrocessa, l’Udinese (a 39 punti). In questo momento, ne basterebbero già 38 per essere salvi matematicamente: il Crotone è fermo a 25 punti, non può più superare quota 37.

Nel caso del Napoli, però, verificare la propria annata rispetto all’ultima permette di scacciare i fantasmi nati dalla cessione estiva di Higuain. Un Napoli riveduto e corretto in base ad un contesto nuovo, pur partendo tra scetticismi e contestazioni, è riuscito a fare meglio rispetto alla scorsa stagione. Nella sua parte del possibile, le partite giocate, i conti tornano. Se poi anche Roma e Juventus migliorano le loro prestazioni, il Napoli può farci poco. Anche perché, ricordiamolo, il Napoli l’anno scorso vinse contro i bianconeri all’andata, mentre quest’anno non è riuscito a battere la squadra di Allegri in campionato. Il rendimento contro le altre 18 squadre è dunque addirittura migliore, per il Napoli.

Statistiche dedicate

Il numero di riferimento è il 6. Tanti i gol segnati in più, quanti quelli incassati. Da 72 a 78, da 29 a 35. Una specie di proporzionalità diretta, che ci spiega come e quanto il Napoli sia cambiato. Per ovviare all’addio di Higuain (e poi all’infortunio di Milik e all’apprendistato di Mertens), Sarri ha dovuto ritoccare un po’ il modo di giocare della sua squadra, allungandola un po’ sul campo per non far ricadere l’impatto del reparto offensivo solo su un centravanti giovane (Milik). Stessa dinamica anche successivamente, quando il centravanti era un “non-centravanti”. O, almeno, un centravanti non convenzionale.

Il Napoli ha lo stesso identico numero di conclusioni per partita (17,3); appena 2 occasioni create in meno (444 contro 446); una migliore accuratezza nel tiro (50% contro 47%). È una squadra che non ha accusato assolutamente la mancanza di un calciatore da 36 gol in 35 partite. Anzi, ha saputo fare in modo che la sua assenza potesse scoprire altri lati della sua forza.

Come abbiamo scritto in altre occasioni, è stato il sistema organico ad aver subito la perdita di un centravanti propriamente detto (Higuain prima, Milik subito dopo). Semplicemente perché ha dovuto reinventarsi. E proprio in quel periodo nasce il distacco dalla Juventus, dal primo posto: nelle successive sette partite all’infortunio di Milik, 3 vittorie, 2 pareggi e 2 sconfitte (media punti 1,57); nelle successive 20, 49 punti fatti, per una media di 2,45 punti a partita. Una quota che, sulla proiezione di un intero campionato, porterebbe il Napoli oltre quota 93.

Difesa

Tutto il discorso sul cambiamento della squadra ha inficiato il rendimento della difesa. I gol subiti, come detto, sono passati da 29 a 35. Il Napoli è stata (l’anno scorso) ed è la seconda squadra per tiri subiti della Serie A, ma c’è stato un leggero peggioramento statistico. Dalle 9 conclusioni per match concesse nella scorsa stagione, siamo oggi a 10. Non è un cambiamento sostanziale, e anche questa è un’indicazione su come è cambiata questa squadra. Più che avere un calo del dispositivo difensivo, il Napoli ha sofferto di una maggior propensione alla concessione di occasioni pulite. Un riferimento agli errori individuali, certo. Ma anche al concetto di squadra più lunga perché più partecipativa e collettiva in attacco rispetto al passato.

È questo l’unico dazio che il Napoli ha pagato alle vicissitudini (di mercato e sanitarie) vissute dal suo reparto offensivo. La cessione di Higuain non è stata “un affare” solo perché ha costretto Sarri a riscrivere alcuni momenti di gioco. Gli ha fatto perdere del tempo, per dirla banalmente. Per il resto, il rendimento e la profondità dell’organico hanno solo beneficiato di quell’operazione.

Rendimento e considerazioni

I dati sul turnover rispetto all’anno scorso erano già molto diversi qualche settimana fa, a fine stagione avremo una differenza netta. Il passaggio del turno in una competizione complessa (molto più dell’Europa League) come la Champions, quello alle semifinali di Coppa Italia e un campionato di eguale valore rispetto alla stagione 2015/2016 dimostrano di come il Napoli abbia risposto nel modo più giusto all’addio del Pipita. Non ne ha sofferto, ne ha addirittura beneficiato. Subito, quando nessuno se l’aspettava; sul lungo periodo, perché il club ha una solidità finanziaria diversa e un organico che non ha bisogno di rivoluzioni, ma solo di ritocchi mirati.

Roberto Liberale, questa mattina, ha estrapolato altri numeri da quest’annata ricca di soddisfazioni. Cifre che sono la certificazione di un lavoro, della sua bontà. Inter-Napoli ci ha detto questo. E l’ha detto pure Sarri subito dopo. «Un tecnico che ha visto il suo gruppo migliorare lungo tutta la stagione non può modificare la sua valutazione del tutto in base a una posizione in classifica». Come dire: c’è tutta la differenza del mondo tra seconda e terza piazza, anche Sarri lo sa. Ma Sarri non fa il tifoso, né il commentatore. Fa l’allenatore, e sa che questo Napoli era partito tra lo scetticismo e ha replicato l’ultima stagione record. E promette di crescere ancora.

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