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Napoli-Atalanta è “Vava” Vavassori: due anni e tante promesse mancate per un legamento

Arrivato da Bergamo nel 1972, Vavassori fu un gran colpo per il Napoli. Saltò più di un campionato per un incidente che all’inizio doveva tenerlo fuori solo due mesi.

Napoli-Atalanta è “Vava” Vavassori: due anni e tante promesse mancate per un legamento

Si diceva che qualche boccata di ‘ossigeno’ la dava, di nascosto, anche tra un tempo e l’altro di una partita. Non aveva, però, timore di farsi vedere nei corridoi degli stadi dove giocava il Napoli, zone notoriamente frequentate da giornalisti, tecnici e addetti ai lavori, con la sua ‘bionda’ tra le mani alla fine della gara. Non ne poteva fare a meno. Giovanni Vavassori era così, un ragazzo diventato uomo troppo in fretta, il pallone nel sangue ed una carriera da predestinato a disegnargli panorami colorati d’azzurro dopo un debutto boom con la ‘sua’ Atalanta.

Il pupillo di Chiappella

Il giovanotto di Arcene esordisce a 18 anni in serie B col club orobico nel 1970/71 collezionando ben 34 partite e diventa un baluardo difensivo di una linea Maginot che porta i bergamaschi in serie A. Nel campionato seguente la sua figurina, con capelli e volto da sbarbato ed uno sguardo che guarda già lontano verso i terreni degli stadi più belli d’Italia, campeggia tra quella di Ottavio Bianchi, Emiliano Mondonico, il futuro napoletano Ferradini e l’attuale presidente degli orobici, Percassi. Qui fa passi da gigante perché ferma Savoldi, Chiarugi, Boninsegna, Anastasi, Prati, Zigoni e Pulici. Chiappella, che di difensori ne sapeva molto, lo chiede espressamente a Ferlaino perchè intravede in questo serio bergamasco il gene del campione. “Datemi Vavassori e farò funzionare al meglio la mia difesa” dirà Beppone.

L’ingegnere lo accontenta e lo preleva dall’Atalanta per una sostanziosa cifra che si avvicina ai 300 milioni di lire nell’estate del 1972. Chiappella fu buon profeta visto che quella difesa, con Carmignani, Bruscolotti, Rimbano, Zurlini e il neo acquisto ‘Vava’, che salta una sola partita, è la seconda d’Italia con soli 20 gol subiti.

Sampdoria-Napoli

Il 3 marzo del 1974 il Napoli scende a Marassi per disputare l’incontro contro la Sampdoria. È una partita da vincere, gli azzurri di Vinicio sono secondi in classifica a tre punti dalla Lazio che, selvaggia e sentimentale, si avvia a vincere il campionato. Il cielo è scuro e nuvoloso su Genova, i giocatori indossano una rigorosa maglia bianca a manica lunga, hanno barbe lunghe e basette molto ‘british’, i capelli vanno là dove li porta il…. vento. Non devono mostrare tatuaggi e piercing, non devono far notare l’ultimo taglio alla moda del proprio barbiere né sfoggiare scarpini multicolori. Appaiono eroi senza paura, maschiacci impudenti pronti alla battaglia, conquistadores ispanici che succhiano il sangue al nemico. Il Napoli non parte per il pareggio, attacca ma senza costrutto, appare dominatrice ma con disordine, la Samp è povera di idee e vive di lanci alla “vediamo come viene”.

Pacileo

Finisce a reti inviolate con Braglia che da due passi schiaccia malamente di testa divorandosi un gol fatto. Il giorno dopo il maggior quotidiano napoletano, “Il Mattino”, lancia apertamente strali contro l’attacco degli azzurri, frasi che oggi appaiono lontano anni luce. Pacileo scrive, infatti : “Gli azzurri trovano spesso un limite nel fatto di giocare in dieci (o quasi) mancando una seconda punta abbastanza efficace al fianco di Clerici. Tale limite è riapparso con chiarezza deprimente nel confronto con la Samp… Il voto di Braglia? Mi astengo!”.

Oggi se un giornalista scrivesse una cosa del genere, apriti cielo, sarebbe il finimondo. Intervento del procuratore “ce ne vogliamo andare”, mugugni del giocatore, saluto tolto a tutta la stampa napoletana, ricerca di una casa lontano da Napoli. I tifosi partenopei? I peggiori del mondo. Ci risulta che in quell’occasione il povero Braglia lesse ed ingoiò il rospo. Così era il calcio di una volta, che vuoi farci.

Il fallo

Il crac all’improvviso, una carriera che poteva essere finita, il mondo che gira al contrario, accadde questo a Giovanni Vavassori, solido stopper (oggi ‘centrale difensivo) di quel Napoli arrembante e bellicoso. La partita vive di sprazzi, dall’altra parte c’è l’ex Improta, Lippi fa il libero, Lodetti sverna ed in panchina c’è l’eterno Bandoni, un mito dalle nostre parti. I primi minuti trascorrono così, tra tocchi e tocchettini, qualche lancio in profondità, le squadre sembrano prendersi le misure e studiarsi. Al 13’ accade il fattaccio. Vavassori osa una sortita in avanti e si spinge verso Cacciatori, il portiere avversario, tentando anche un dribbling. Maraschi, il suo avversario diretto, senza pensarci su due volte entra a martello, non cerca certamente la palla ma la gamba di Vavassori. Si vede subito che il fallo è di quelli che ti spezzano le gambe.

Un dolore incredibile, il giovane stopper non riesce a stare più in piedi, è accompagnato fuori dal campo dal dottor Covino che paternamente se lo carica in spalla e lo porta negli spogliatoi. Il medico sociale gli ingessa subito la gamba destra e il giorno dopo si attende la visita del prof. Jannelli al rientro a Napoli. Si pensa di rimuovere il gesso e sostituirlo con una doccia gessata. In un primo momento sembrava che il calciatore avesse riportato una “distrazione del legamento collaterale mediale del ginocchio destro” ma Covino non esclude che possa trattarsi di lesione.

Le reazioni

In questo caso si parla di guarigione clinica in 40 giorni, il ritorno in campo tra due mesi almeno. Vavassori dichiara “Certo Maraschi è intervenuto in maniera fallosa, senza dubbio, ma non so se voleva mettermi fuori uso. In coscienza non saprei se il suo è stato un fallo intenzionale”. Troppo buono nelle dichiarazioni il nostro Vava, Maraschi gli aveva spezzato la gamba e lui non lo sapeva ancora! Legamento saltato, campionato virtualmente finito.

Clinica del sole, Via Manzoni, il giorno dopo. Il primo ad arrivare nella stanzetta, dopo la fidanzata di Giovanni, la napoletana Dalia Fereffe, è Spartaco Landini, il giocatore che ne ha preso il posto in campo a Marassi e che ha bloccato con le giuste maniere Maraschi. Scambi di abbracci affettuosi e la promessa di rivederlo presto in campo, toccherà all’ex interista sostituirlo nelle restanti partite. L’ambiente, dopo la prima ‘botta’ alla notizia dell’infortunio, si acquieta, il Napoli continua a macinare successi, prestazioni super e Landini, dopo il patto d’acciaio stretto con Vavassori al capezzale del suo letto, gioca fino alla fine del campionato con profitto e di esperienza.

Due anni

Ormai tutti sono del parere che il giocatore infortunato riprenderà a correre nel ritiro estivo e a rientrare alla ripresa del campionato. Purtroppo mai infortunio fu più lungo. Quello dello stopper napoletano fu un vero e proprio calvario. La lesione fu tremenda ed in Italia non riuscirono a farlo giocare. Il Napoli, che aveva puntato su di lui ad occhi chiusi, seppe aspettare e lo fece visitare più volte dal luminare francese Trillat a Lione. Di nuovo sotto i ferri del celebre chirurgo, che aveva già operato il bolognese Liguori, poi la lenta riabilitazione, il tunnel ed il buio erano al capolinea ormai. Più di un campionato saltato, come doveva sentirsi un giocatore? Eppure arrivò il giorno, arrivò il momento del rientro.

Dal quel giorno a Genova, 3 marzo 1974, al ritorno in squadra, 11 gennaio 1976 contro il Bologna in sostituzione di Punziano, passeranno quasi due anni. Quando Vavassori rimise maglietta e pantaloncini aveva una tale voglia di spaccare il mondo che giocò ininterrottamente tutte le partite fino alla fine del campionato realizzando anche il suo unico gol in maglia azzurra nel 4 a 0 casalingo contro il Perugia. Saltò solo l’ultima, il 16 maggio del 1976. Si giocava a Genova contro la Samp, gli azzurri schierarono Bruscolotti stopper e fecero debuttare il sedicenne Pasquale Casale. “Non è vero ma ci credo” avrà pensato il rude ma elegante francobollatore di centravanti avversari, Gianni Vavassori.

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