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La nuova Fiorentina di Sousa è troppo distante da quella vecchia

L’analisi tattica degli avversari di domani: il processo di crescita avviato da Sousa si è arrestato, ma i viola restano pericolosi se gli viene data la chance di gestire la palla.

La nuova Fiorentina di Sousa è troppo distante da quella vecchia

Lo stop viola

Le due gare tra Fiorentina e Napoli della scorsa stagione furono probabilmente quelle più avvincenti dal punto di vista tecnico e tattico di tutto l’intero campionato. Merito di due squadre che si affrontarono a viso aperto mettendo sul piatto il meglio del loro repertorio. In particolare, la Fiorentina fu la squadra che in entrambi i confronti mise più in difficoltà gli azzurri giocando al loro stesso gioco, fatto di manovra ariosa in fase di possesso e di aggressione costante in quella di non possesso. Da allora, però, qualcosa è cambiato.

Non vogliamo dire che i viola abbiano subito un’involuzione, ma di certo il processo di crescita della creatura di Paulo Sousa si è praticamente fermato, non toccando più i picchi di eccellenza mostrati nel girone d’andata dello scorso anno. Lo dimostrano i numeri dell’intero 2016, discreti ma non eccezionali: 14 vittorie, 13 pareggi e 11 sconfitte. Cioè, in 38 gare, l’equivalente di un intero campionato, 55 punti.

Tornare indietro

Entrando maggiormente nel dettaglio, scopriamo che la Fiorentina non si è snaturata. Con il 55,8% di possesso palla medio, si piazza sul secondo gradino del podio immediatamente dietro al Napoli, e l’84,1% di passaggi riusciti la posiziona alle spalle solo degli azzurri e della Juventus. Semmai, è diminuita in parte l’efficacia nell’applicazione dei principi di gioco: 14,6 tiri effettuati a partita, sesto dato del torneo in corso; 12,6 quelli concessi, con ben sette squadre che fanno meglio. I 25 gol segnati e i 21 subiti riflettono piuttosto fedelmente questi dati e tutto sommato l’attuale ottavo posto in graduatoria è abbastanza congruo. La squadra pareva aver ritrovato una sua quadratura, prima che le due sconfitte di Genova e Roma interrompessero bruscamente una serie di 18 punti in nove gare (in cui l’unico ko era arrivato a San Siro con l’Inter).

In sostanza, parliamo di una mancanza di continuità. Emersa chiaramente dalla gara di domenica sera all’Olimpico contro la Lazio. Il 3-1 finale è stato forse severo nel complesso, ma ha punito l’atteggiamento della squadra di Sousa, deficitaria nell’approccio e capace di reagire opportunamente solo nella ripresa. Solo due conclusioni e due passaggi chiave in tutta la prima frazione, undici tiri e sei passaggi chiave dopo l’intervallo. Un cambio di rotta originato dalle scelte del tecnico portoghese, che ha corretto gli errori della formazione iniziale, risistemando l’assetto in maniera più funzionale.

Le assenze e l’elasticità

Certo, l’ex Basilea ha dovuto far fronte, contro i biancocelesti a due assenze pesantissime, quelle di Borja Valero e Gonzalo Rodriguez. Che, dato da non sottovalutare, sono rispettivamente il primo e il terzo miglior giocatore della rosa per capacità di gestire il pallone. Il centrocampista viaggia a una media dell’89,1% di passaggi riusciti, il difensore all’87,7%. Borja Valero è anche il giocatore che subisce più falli (2,5 a gara, anche più di Kalinic) e il secondo per produzione di key passes (1,5 a gara, dietro solo a Ilicic). Insomma, fare a meno contemporaneamente del centro di gravità della squadra e del suo regista difensivo non è cosa da poco. Un po’ com’è capitato al Napoli nel momento dell’assenza di Albiol e del crollo verticale delle prestazioni di Jorginho.

La cosa si è riflessa sullo schieramento in campo adottato contro gli uomini di Simone Inzaghi. Schieramento, come da abitudine ormai consolidata, piuttosto camaleontico (4-2-3-1 nominale che tendeva a diventare 4-4-1-1 in fase passiva e 3-4-2-1 in quella attiva), ma che risentiva di poca qualità e poco ordine nella costruzione dal basso in fase di possesso e di cattiva gestione delle spaziature in quella passiva. Qualche dato per spiegare l’assunto. Solo l’80% dei passaggi riusciti per Astori, uno dei due difensori centrali, poco meglio Carlos Sanchez, uno dei due centrocampisti centrali, con l’83%.

Per quanto riguarda gli eventi difensivi, solo quattro quelli di Vecino, l’altro schermo davanti alla difesa, e di Tomovic, che nei 45 minuti in cui ha giocato era il terzino più bloccato. In tutta la gara, l’altro, Maxi Oliveira, pur considerando la sua maggiore licenza di offendere, ne ha compiuto solo uno in più. Non limitandoci ai dati, mostriamo visivamente tutte le principali criticità dei primi 45 minuti dei viola.

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In uscita, spesso Ilicic tendeva ad abbassarsi, quasi sempre sul centrodestra (logico, essendo mancino) per favorire la manovra. La Lazio però leggeva opportunamente questa situazione alzando il pressing (cinque giocatori nella metà campo viola). Al tempo stesso, erano anche sbagliati i tempi dell’uscita della squadra di Sousa: il posizionamento già troppo alto di Tello in posizione di esterno destro toglieva la prima e più naturale opzione di passaggio e un possibile gioco a due sulla fascia, con conseguente vicolo cieco dell’azione. Aggiungiamo che lo sloveno, rigore fallito a parte, ha sbagliato partita di suo (zero passaggi chiave, zero dribbling, 4 palle perse) e il quadro è completo.

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Fase iniziale del primo gol della Lazio: tutti i difetti delle spaziature difensive dei viola. La Lazio riparte dopo un attacco della Fiorentina, ma, pur non essendo così veloce nella transizione, sfrutta a dovere tutti i buchi. Cataldi si muove in orizzontale ed attira Astori, liberando spazio per l’inserimento in profondità di Milinkovic-Savic. Taglio agevolato dal fatto che Vecino segue il serbo troppo da lontano e Sanchez non chiude la linea di passaggio né raddoppia Olivera su Felipe Anderson. In tutto questo, Tello è ancora una volta clamorosamente fuori posizione e la Lazio andrà a trovarsi in zona gol addirittura 4 vs 3.

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Come ben sappiamo, quando si prova a fare densità in zona palla per recuperare il pallone ci si espone al ribaltamento sul lato debole. Se poi posizione e atteggiamento di Tomovic e Tello sono quelli visibili in quest’immagine, con Keita e Lulic liberi di partirgli alle spalle con tutta calma, per la Lazio è quasi uno scherzo buttarsi negli spazi e presentarsi in area.

Sousa, nel secondo tempo, la cambia in tre mosse. Fuori lo svagato Tomovic e dentro Cristoforo. L’uruguaiano va a dare fosforo e sostanza al centrocampo (un secondo tempo da due passaggi chiave e 92,6% di passaggi riusciti, senza contare il rigore conquistato praticamente al primo pallone toccato) e Sanchez scala in difesa da terzo centrale, risultando molto più efficace in quella posizione. La seconda mossa è l’inserimento di Zarate in luogo dell’abulico Ilicic, e la terza è il passaggio definitivo al 3-4-2-1, con Bernardeschi in posizione più centrale e più in grado di far male alla difesa biancoceleste.

Il numero 10 è nettamente l’uomo più in forma dei viola e lo dimostrano i 4 tiri, i 4 dribbling e i 4 falli subiti. Non è un caso che con lui e Zarate (bello carico anche l’argentino: 3 tiri, 2 passaggi chiave, 3 dribbling in appena mezz’ora) più vicini a Kalinic (davvero troppo solo il croato, appena 27 palloni toccati) arrivi praticamente subito il gol dell’1-2. Finalmente, con un degno sfruttamento delle corsie laterali e una costruzione ragionata, anche elementare se vogliamo ma efficace:

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Questa volta, Tello aspetta il momento giusto per partire sul lancio di Vecino. E questa volta è Lulic a perderselo bellamente. L’uscita prematura di Radu su Bernardeschi, inoltre, libera spazio in profondità anche per Zarate, che ha trovato bene posizione dietro i centrocampisti biancocelesti. Si arriva al 3 vs 3 in area e al gol dell’argentino.

La partita a questo punto potrebbe girare totalmente: anche per stanchezza, la Lazio non riesce più a ripartire. La Fiorentina muove finalmente meglio la palla, accompagna l’azione con più uomini (nel primo tempo, l’area veniva attaccata al massimo con due giocatori, atteggiamento quanto mai inconsueto per i viola) e crea i presupposti di pericolosità quasi ad ogni azione.

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La Fiorentina attacca con sette uomini che occupano bene le posizioni offensive (addirittura, c’è anche Astori in avanscoperta). La Lazio si chiude ma non copre altrettanto bene il campo, collassando troppo centralmente e lasciando spazi potenzialmente letali per la giocata. Qui, Bernardeschi arriverà anche piuttosto facilmente alla conclusione centrale dai 20 metri.

Nel finale di partita, la Fiorentina non trova il gol del pari e viene punita in contropiede, pagando l’essersi svegliata decisamente troppo tardi. È una squadra che quando trova le distanze ideali sul campo e se viene lasciata gestire il pallone al proprio ritmo è assolutamente pericolosa, anche perché dotata di una qualità complessiva superiore alla media. Ma è altrettanto assolutamente vulnerabile, se si riesce a incepparne i meccanismi, specie ad inizio azione. Le capacità degli uomini d’attacco (Tello, Bernardeschi, Ilicic, Kalinic, anche Zarate) possono essere mortifere, ma nessuno di questi (a parte lo sloveno se e quando è in giornata) ha lo spunto per risolvere da solo situazioni intricate.

Isolati, come ha dimostrato il primo tempo di Roma, con il giusto pressing offensivo, sono assai più controllabili. Gli scompensi in non possesso per certi versi assimilabili a quelli del Napoli. Che proprio per questo, ha la possibilità di far male come suo solito. È una Fiorentina complessivamente meno reattiva dello scorso anno. Una circolazione di palla da parte degli azzurri ai ritmi e con la precisione che stiamo vedendo nelle ultime gare rischia di essere davvero troppo per gli uomini di Paulo Sousa.

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