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Sarri e Spalletti: così vicini, così toscani

Sarri e Spalletti: così vicini, così toscani

C’è dell’altro, oltre alla parlata toscana. La ‘c’ aspirata che diventa acca è solo una delle tante similitudini tra i due allenatori che lunedì, nello scontro diretto dell’Olimpico, si giocano una fetta importante di secondo posto. Sarri contro Spalletti, Spalletti contro Sarri per il match tra Roma e Napoli: è una sfida nella fida. 

Innanzitutto, tra due tecnici con una grande concezione estetica del gioco. Sarri l’abbiamo conosciuto l’anno scorso ad Empoli e quest’anno, alla guida del Napoli; di Spalletti sapevamo già, ci sono le testimonianze del passato. Pensare a un loro inquadramento nei grandi sottoinsiemi degli allenatori vuol dire identificare subito due di quelli che fanno del bel gioco la loro bandiera. Gli automatismi offensivi, la manovra avvolgente. Certo, secondo principi diversi. Da una parte l’intensità e il possesso di Sarri, dall’altra l’ampiezza e le transizioni veloci di Spalletti. Capisci le differenze anche dagli schieramenti storici, dai nomi classici degli undici schierati in campo: Maccarone e Pucciarelli per gli inserimenti di Saponara per l’uomo nato a Bangoli, Totti centravanti di manovra con Perrotta, Mancini e Taddei per il tecnico di Certaldo. La Roma di Spalletti è stata una delle ultime squadre a competere realmente per lo scudetto ad avere un impianto improntato alla ricerca del gioco e del gol prima che alla solidità difensiva. Dopo quella Roma, vennero Ranieri sempre con i giallorossi nel 2010, Mourinho, Allegri e Conte. Nessun profeta del bel calcio. Poi ecco proprio Sarri, l’ultimo ma comunque il primo da un quinquennio a questa parte: in mezzo c’è stato un po’ di vuoto spettacolare. Un peccato che alla fine nessuno dei due abbia vinto, per il momento.

C’è anche altro, ad accomunare Luciano e Maurizio. Certo, l’Empoli come trampolino di lancio. In maniera diversa, ma la squadra della provincia fiorentina ha rappresentato il checkpoint decisivo per entrambi. Spalletti è partito da lì, Sarri ci è arrivato. La doppia promozione Serie C1-Serie A dal 1995 al 1997 e la salvezza in massima serie del 1998 fanno conoscere Spalletti al grande calcio, ma lontano dalla casa madre le cose non vanno altrettanto bene. Perché, dopo Empoli, parte un down che fa da seconda gavetta: Sampdoria (esonero e poi retrocessione), Venezia, Udine, Ancona. E poi di nuovo Udinese, dal 2002, senza grandi pretese. Andrà diversamente, con tre stagioni bellissime e la prima storica qualificazione Champions dei friulani, nel 2005. L’anticamera della Roma e di tutto quello che sarà dopo, ad alti e altissimi livelli. Sarri fa il contrario, con la gavetta infinita e l’approdo al Castellani per farsi conoscere, lui già grande, al pallone dei grandi. Poi il Napoli, e un’annata a ritmo di scudetto se non fosse per la Juventus. C’è della similitudine, sì: un lungo apprendistato prima dell’occasione in un grande club, pur se con percorsi diversi. Sarri e Spalletti sono due che se la sono sudata e meritata, questa dimensione.

E che l’hanno anche legittimata quest’anno, cambiando completamente le carte nel mazzo di Roma e Napoli. Rivitalizzandole, semplicemente, dopo due gestioni che promettevano tanto e bene e che alla fine non hanno portato ai risultati sperati (anche se Benitez ha vinto due coppe e Garcia nulla). Entrambi stranieri, Garcia e Benitez furono le grandi sensazioni del 2013 del pallone italiano. Roma e Napoli parevano davvero poter insidiare la Juventus, da vicino. Poi sono finiti scottati da e in due ambienti che forse non riesce a digerire bene i corpi estranei. Quasi come a dire: aridatece gli italiani, qui c’è bisogno di loro. Hanno avuto ragione, perché il Napoli visto quest’anno e la Roma del girone di ritorno sono due squadre di grande livello e prospettiva. Lo dice la classifica, che le vede a quote altissime: il Napoli secondo a 73 punti (l’anno scorso la Roma finì nella piazza d’onore con 3 punti in meno), i giallorossi terzi a 67 (la medaglia di bronzo della Lazio, nel 2014/2015, arrivò con 69 punti) a quattro giornate dal termine. E poi, i calciatori rilanciati. Tanti, per entrambi: quelli del Napoli li conosciamo, quelli della Roma pure (Salah, Manolas, Pjanic e i nuovi arrivi Perotti ed El Sharaawy).

Spalletti e Sarri sono gli autori di grandi imprese ancora incompiute in attesa di lunedì. Di 90 minuti che decideranno quale è più vicina alla pennellata finale, decisiva. E in attesa di un futuro che, a Roma e a Napoli, ripartirà da loro. Forse. Anche in questo sono simili. Per motivi diversi, non si sa ancora se i due tecnici toscani rimarranno ancora sulla panchina delle squadre che hanno rivitalizzato. Spalletti è impelagato nel caso Totti, Sarri non si è visto ancora confermare il rinnovo automatico da parte di De Laurentiis. Per Maurizio sembra più una formalità, mentre Luciano è un po’ più sulle spine. Così diversi e così uguali, Sarri e Spalletti. Anche in questo.

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