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Pure le alghe dell’orto botanico sono azzurre e tifano Napoli

Pure le alghe dell’orto botanico sono azzurre e tifano Napoli

Se anche le alghe che vengono studiate nei laboratori dell’Orto Botanico decidono di scendere in campo e di tifare per il Napoli le cose possono mettersi davvero bene. E le speranze di superare la Juve si faranno più concrete. Soprattutto dopo lo splendido gol in azzurro di Lorenzinho che ha consegnato a mister Conte i suoi nobili padrini calcistici ricevendone in cambio un abbraccio e un impegno solenne per gli europei.

Parliamo, allora, delle alghe da curva B. Le abbiamo ammirate in un laboratorio della Federico II all’Orto Botanico. A mostrarcele è stata la professoressa Simona Carfagna, una ricercatrice di lungo corso, ancorchè molto giovane, del Dipartimento di biologia che ci ha permesso di assistere in diretta al miracolo di questi organismi che, dopo un trattamento scientifico, diventano azzurri e, oltre ogni suggestione, dello stesso azzurro delle maglie del Napoli. Roba da non credere e la prima cosa che ci è venuta di pensare è: se don Aurelio che una ne fa e mille ne pensa, scopre, come è successo a noi, la provetta ultras la fa brevettare seduta stante e la rivende come marchio certificato dell’azzurro dei nostri cuori.

La ricercatrice, divertita a questa idea così lontana dai suoi interessi ma molto vicina alla sua passione calcistica, spiega che il miracolo avviene perché si lavora su alghe che vivono abitualmente nella caldera della Solfatara – il loro nome scientifico è Galdieria sulphuraria – e sono, per questo aspetto genetico, più facilmente adattabili alla manipolazione che si ottiene, apprendiamo, in particolari condizioni di luce, temperatura, nutrizione e anidride carbonica. L’effetto, ripetiamo, è molto suggestivo e la professoressa Carfagna lo coglie in tutti i suoi aspetti: «Comprendo – dice – la sorpresa dei non addetti al lavoro e non mi stupisce che l’interesse esterno per l’alga azzurra dipenda in larga parte dalla straordinaria stagione calcistica del Napoli che fa felici anche noi addetti ai laboratori. Questo dato, però, fa piacere e insieme preoccupa perché ci obbliga a riflettere che la ricerca scientifica se non intervengono fattori esterni assolutamente non previsti è quasi sempre destinata a proseguire tra mille stenti. L’hashtag #algatifosa, però, ci sta benissimo e sia benedetto questo interesse soprattutto se ci consentirà di dimostrare ad un pubblico molto più vasto che da questo procedimento possono scaturire risultati sorprendenti in campo farmaceutico e in quello dei coloranti alimentari migliorando notevolmente la qualità del pigmento che attualmente viene importato dalla Cina, dall’India e dalla Spagna».

Ascoltando la lezione, intanto, il miracolo scientifico si compie e la nostra attesa viene premiata: all’inizio il liquido estratto dall’alga della Solfatara è verde, poi passa ad una tonalità sempre meno intensa fino a quando l’ azzurro non prevale definitivamente ed è proprio quello della maglia di Higuain dei suoi prodi compagni. E apprendiamo anche che questo pigmento, oltre ad avere un elevato potere antiossidante  è anche antitumorale: «E’ vero, questo è il primo risultato di una ricerca che ho svolto in collaborazione con l’Istituto Pascale. E che potrebbe essere ancora proseguito».

Siamo giunti al capolinea: dalla fumarole ancora per certi aspetti misteriose della Solfatara all’oasi rigenerante dell’Orto Botanico il scientifico dell’alga tifosa si è compiuto facendo dischiudere altre e più importanti possibilità e l’appello della ricercatrice e dei suoi colleghi è la sintesi più apprezzabile: con questo auspicio facciamo scendere in campo l’alga della Solfatara e puntiamo sempre più in alto. Si può fare.         

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