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Dietro le grandi individualità del Napoli c’è una squadra che gioca a memoria

Dietro le grandi individualità del Napoli c’è una squadra che gioca a memoria

Altro che vertigini. Altro che maledizione emiliana. Battendo l’irriducibile Sassuolo, il Napoli ha dimostrato che in vetta ci sa stare e ci vuole stare. Basterebbe questa annotazione per archiviare la vittoria di ieri sera come un crocevia importante della storia che gli azzurri stanno scrivendo in questo campionato, ma lo scontro all’ultima stilla di energie fisiche e mentali tra azzurri e neroverdi ha detto altre cose sulle quali è giusto soffermarsi. A partire dalle osservazioni amorevolmente preoccupate di Mario Sconcerti che sintetizziamo così: il Napoli è grandissimo e Sarri è il suo profeta ma, valutando senza pregiudizi la prova con il Sassuolo, si percepisce che ha giocato un po’ meno di squadra e un po’ di più affidando l’anima e la voglia di vincere alle straordinarie qualità dei suoi attaccanti. Higuain in testa manco a dirlo, ma anche Insigne, Hamsik – gli autori dei due passaggi quasi-gol con i quali è stata confezionata la rimonta – e, finalmente, Callejon che ha sfatato il tabù del gol in campionato costruendo, si può dire, la prestazione perfetta. Perché tale è stata la sua prova che giustamente è stata sottolineata dal pubblico con una standing ovation.

Vittortia strameritata, quindi, e lo ha sottolineato con apprezzabile onestà intellettuale anche Eusebio Di Francesco con un giudizio che pressappoco suona così: noi ci abbiamo provato, ma dall’altra parte c’erano i fenomeni che hanno imposto la loro legge. Postato senza aggiungere altro, questo commento sembrerebbe dare ragione all’opinionista del Corriere della Sera che ha tutta la nostra stima, ma tutti sappiamo che i match winner da che calcio è calcio hanno bisogno del collettivo per esprimersi al meglio. Le azioni irresistibili dei tre gol azzurri, d’altronde, lo confermano senza appello perché sono venute al termine di trame straordinariamente veloci e incisive che è possibile attuare solo se a monte c’è una squadra che gioca (benissimo) a memoria e poi le affida ai suoi implacabili esecutori. La controprova ci viene, se ce ne fosse bisogno, dallo striminzito pareggio rimediato dall’Inter a Bergamo: Mancini i finalizzatori li ha ma la sua squadra, almeno per ora, somiglia molto più a un coro stonato che a una orchestra affiatata e va avanti fidando nella buona sorte e in Handanovic: finché c’è lui a parare tutto, uno stonatissimo e immeritato pareggio si riesce a rimediarlo ma oltre non si va. (Anche perché il bluff del golletto vincente è già durato troppo consentendo all’Inter di respirare un’aria di classifica che, evidentemente, non fa bene al suo organismo).

Grande vittoria, quindi, e qualche segnale da cogliere. Se non vogliamo che un infarto collettivo colpisca i cinquantamila spettatori del San Paolo quando “super mario Bros” Pepe Reina è costretto ad abbandonare la porta e a prodursi in un tackle a centrocampo con un attaccante avversario. Come si esorcizza questo pericolo? Aurelio De Laurentiis, che è uomo di spettacolo e di azione, lo ha capito battendo tutti sul tempo: «Maksimovic e le stelle straniere di centrocampo non mi interessano, mi piacciono, invece, Barba e Grassi». Che, tra l’altro, costano anche molto meno. Ma non è questa l’osservazione vincente: Adl sa, perché glielo ha detto Sarri osiamo insinuare, che sull’armonioso telaio azzurro non c’è da fare ricami, per renderlo ancora più esclusivo bastano un paio (anche tre) innesti adeguati e di prospettiva – come Chalobah e El Kaddouri per intenderci – capaci di inserirsi senza provocare traumi. Questa è la ricetta e, se proprio il cassiere lo consentisse, aggiungerei anche un attaccante giovane che accetti di completare il tirocinio all’ombra di una delle più grandi bocche da fuoco del mondo. A molti, e anche al cronista, piace il genoano Pavoletti che non è proprio di primo pelo ma sente la porta con la giusta ferocia. Sogno o son desto canta Massimo Ranieri e insieme a lui cantano anche i cinquantamila del sempre più impresentabile San Paolo. A proposito, sindaco se ci sei batti un colpo.             

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