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«Meritiamo di più»? Ma come? Ma quando? Ma perché? Chi fischia la propria squadra in un momento di difficoltà non merita niente

«Meritiamo di più»? Ma come? Ma quando? Ma perché? Chi fischia la propria squadra in un momento di difficoltà non merita niente

Scritto dopo il primo tempo, col risultato di Napoli-Lazio 0-2 ed inviato ad alcuni amici.

Il Napoli ha giocato e la Lazio si è trovata due gol casuali (il primo su un tiro che sarebbe finito fuori senza la sfortunata deviazione di Inler, e il secondo su una classica azione di contropiede dopo un passaggio sbagliato).

Non si può guardare solo il risultato come ha fatto il pubblico che ha fischiato alla fine del primo tempo.

Questa è stata la cosa più brutta della partita: purtroppo abbiamo un pubblico immaturo.

Cosa significa fischiare alla fine del primo tempo, quando c’è ancora mezza partita da giocare e sappiamo che nel calcio può succedere di tutto (vedi Napoli-Lazio del 2011: perdevamo 2-0, poi vincemmo 4-3)?

Altro che dodicesimo uomo in campo!

Il pubblico di stasera (e, forse, non solo di stasera) è l’uomo in più per gli avversari. 

Scritto dopo la fine della partita Napoli-Lazio 2-4. 

Ora, a fine partita, confermo quello che avevo scritto: il nostro problema più serio è quello di non avere tifosi.

Come si fa, in una gara così importante, a coprire di fischi una squadra che, è vero, perde per 2-0 ma sta dando tutto in campo.

Tutto quello che ha, ovviamente. Di più non le si può chiedere. E bisogna sostenerla, se si è tifosi.

Qui qualcuno si e montato la testa: “meritiamo di più“? Ma come? Ma quando? Ma perché?

Chi fischia la propria squadra in un momento di difficoltà, non merita niente.

È facile applaudire quando si vince, ma il vero tifoso incoraggia, e deve incoraggiare, proprio nei momenti di difficoltà.

E ciò, in tutto questo sfortunato campionato, non è mai successo.

Ora la partita è finita: siamo stati sconfitti, dopo una rimonta clamorosa ed un rigore sbagliato che avrebbe potuto cambiare le sorti non solo di questa partita.

Mi rifugio nei “forum” nel tentativo di alleviare un po’ lo sconforto con compagni di sofferenza.

E invece mi imbatto in una furia iconoclasta che travolge tutto e tutti, senza la benché minima ricerca di mediazione della “ragione”.

Non mi piace il tifo da “forconi” imbufaliti, sempre alla ricerca di un colpevole, di un capro espiatorio, di qualcuno, insomma, su cui riversare la propria frustrazione di tifosi delusi, istigati e plagiati da una schiera di ridicoli opinionisti mediatici nostrani e da una pletora di cosidetti “giornalisti”, sempre fatti in casa, i quali hanno goduto e sputato sentenze dopo ogni sconfitta.

Vogliamo cominciare da Benitez? Chiamato “panzone”, “incompetente”, ” mbriacone”, “salumiere” fin dalle prime partite.

Bene, allora provate voi a disputare un intero campionato senza un portiere e con una difesa rabberciata e portare comunque la squadra a disputarsi l’ingresso in Champions fino all’ultimo quarto d’ora dell’ultima gara di campionato.

Passiamo al Presidente, appellato affettuosamente come “pappone”, “caccia ‘e sold”, “magnaccia” e via elencando.

Allora, qualcuno forse ha dimenticato che il Napoli (e non voglio parlare di dove e in quali condizioni è stato preso) oggi è una squadra che ha scalato le classifiche nel ranking europeo e ha toccato dei livelli che neanche nell’epoca di Diego avevamo mai sfiorato. Grazie anche al fair play finanziario che oggi ci colloca tra i club, italiani ed europei, con grande solidità economica.

Certo, di errori ne sono stati commessi, sarebbe ipocrita negarli.

Come sarebbe ipocrita negare che è stata sbagliata la campagna acquisti dell’estate scorsa. Ma le campagne acquisti le possono sbagliare tutti: sono un po’ come i cocomeri senza la prova. 
Anche la Juve ha indovinato con Pogba e Tevez, ma quanti ne aveva sbagliati, prima? 
Come ha sbagliato, poi, regalandoci un Gabbiadini, e lì abbiamo indovinato noi.

Anche Benitez ha sbagliato, sicuramente. La sua testardaggine di  “hombre vertical” lo ha portato ad insistere orgogliosamente su alcuni suoi teoremi. Teoremi che invece, altrove, lo avevano portato a dei trionfi.

Non qui da noi, dove la sua testardaggine è stata provocata e alimentata da un ambiente mediatico cittadino e nazionale (che strana alleanza).  Ambiente che non gli ha perdonato nulla trincerandosi dietro una mentalità provinciale e mediocre, grazie alla quale ha eretto un muro contro lo “straniero” (non solo in senso geografico) che osava mettere in discussione le loro piccole e povere certezze e le meraviglie del calcio all’italiana.

Errori, quindi, ce ne sono stati.

Ma non tali da giustificare il “via tutti”, “facciamo piazza pulita”, che oggi vengono invocati da cori stralunati di chi non ha il benché minimo senso delle proporzioni. 

E, ciliegina sulla torta, che dire di quelli che chiedono, oggi, anche l’allontanamento di Higuain il quale, dopo aver segnato due gol (due dei tanti che ha segnato qui da noi) ed aver rimesso in gioco partita e qualificazione, ha sbagliato un rigore?

Ebbene, un rigore, da che mondo è mondo e da che calcio è calcio, rappresenta il culmine di tensioni, emozioni, stati d’animo complessi (figuriamoci in un momento in cui avrebbe potuto decidere le sorti di un’intera stagione) che si impadroniscono dei muscoli, dei tendini, del sangue e della mente di chi deve tirarlo. “Non è da questi particolari che si giudica un calciatore…” e non devo dirvelo io. 

Ora questo sfortunato campionato – perché, diciamolo, è stata tanta la sfortuna che ci ha accompagnato in questi mesi, compresa quella di avere avuto in sorte degli arbitri i quali hanno sofferto di problemi di vista, di udito e di qualche altro senso, proprio quando si sono  trovati a dirigere le nostre gare – questo sfortunato campionato, dicevo, è finito.

Presto conosceremo il nome del nuovo allenatore. Presto sapremo anche chi resta e chi parte.

Chiunque saranno, allenatore e calciatori, io farò sempre il “tifo” per loro. E per i colori che indossano (spero non, consentitemelo, per la “camouflage”).

Né mi tirerò indietro, se le circostanze dovessero richiederlo, dall’esprimere delle critiche, ma cercherò sempre, nelle mie possibilità, di argomentarle ed esprimerle civilmente. 
Ma soprattutto, e questo è certo, disinteressatamente.

Mi auguro tanto che gli spettatori del San Paolo tornino ad essere il “dodicesimo uomo in campo”.

E che non si lascino trascinare da una schiera di imbonitori e capipopolo ai quali non interessa tanto il  bene del Napoli, quanto altri e, forse, inconfessabili e più prosaici interessi.

Andiamo avanti. Ormai è già giugno. Tra meno di tre mesi si ricomincia.
Nino Russo

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