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Zalayeta, Pià, il San Paolo pieno contro la Reggiana. Bei tempi, altro che questo integralista di Benitez

Zalayeta, Pià, il San Paolo pieno contro la Reggiana. Bei tempi, altro che questo integralista di Benitez

Il mio Napoli-Parma

– Così com’era accaduto domenica, a causa del non gioco degli azzurri, per coerenza, anche questa volta ho deciso di non impelagarmi in discorsi tecnico tattici. Il Parma visto ieri è sembrato appunto il fratello inetto del Napoli sceso a San Siro.

– Una squadra molle e già sconfitta nell’animo, che rischia di far segnare Brivitos, che permette a Maggio un assist di sinistro e che soprattutto non riesce a segnare al San Paolo, ritengo che non faccia testo.

– Dopo l’anatema che abbiamo scagliato contro il Bologna la scorsa stagione, in questa tornata pare che stia cogliendo gli emiliani. Attendiamo fiduciosi.

– Se così fosse, all’appello mancherebbero solo Chievo ed Atalanta, ma non si può avere tutto e subito.

– L’attuale scarsezza del Parma sul piano del gioco non può farci capire a che punto siamo, dicevamo. Ma era importante portare a casa la pelle e i tre punti, evitando infortuni e squalifiche in vista di Doha. Missione compiuta.

– Di rilevante, voglio menzionare il sorriso del Minao, l’uomo a cui viene l’orchite quando ha a che fare con il camouflage, il vomitage e i jeans, e non la sua solita bestemmia di rito: non si vedeva infatti la maglia azzurra al San Paolo dai tempi di Zalayeta e Pià.

– Mi è venuto il coccolone pensando a Zalayeta e Pià. Erano i tempi in cui Reja ci ha riportato in Europa, per poi ritrovarsi, nel giro di un anno, immerso in una marea di fischi che manco Paolo Rossi. Gli dicevano di tutto. Uno dei più noti ed equilibrati giornalisti del nostro tempo lo definiva: troppo difensivista; distruttore della rosa; non considerava gente come Calaiò e Dalla Bona; adottava ossessivamente i 3 difensori, ma che di fatto erano 5; modulo offensivo con un solo sbocco: palla alta a Sosa o Zalayeta, spizzata, e amen; ecc. ecc., in breve, non adatto alla caratura del Napoli. Sembra passato un secolo, ma in realtà è roba di 6/7 anni fa. Chissà all’epoca quanti spettatori facevamo. E comunque, bei tempi.

– Personalmente, non ricordo nemmeno da quanto tempo non vedevo la giacchetta nera dell’arbitro. Casarin? Boggi? Longhi?

– All’ingresso in campo, ho poi rivisto la camminata malinconica di Donadoni. Un altro tuffo al cuore. Un po’ mi manca.  Erano i tempi in cui tra gli acquisti c’erano Hoffer, Cigarini e Datalo. Mentre Rullo tornava per un fine prestito. Vi risparmio le esternazioni del noto ed equilibrato giornalista, ma sono facilmente intuibili. Sembrano trascorsi due secoli, mentre in realtà è roba di 5 anni fa. Chissà all’epoca quanti vuoti c’erano al San Paolo. Bei tempi, insomma.

– E Santacroce? Un’eterna promessa. Ho pianto dalla nostalgia quando l’ho visto randellare prima Mertens e poi Ghoulam. Ho pensato al parco difensori di quel periodo: Dossena, Vitale, Grava, Aronica, Cannavaro, Campagnaro, Santacroce e Cribari. 

Erano i tempi in cui Rolando Bianchi e Floccari ci rifiutavano, delle rimonte e di Mazzarri. Ritengo sia stato un grande tecnico, al di là dei suoi problemi di comunicazione. Uno dei più noti ed equilibrati giornalisti del nostro tempo lo definiva: provinciale (da ReggiNapoli); limitato; fissato; che considerava l’Europa League un torneo da parrocchia; utilizzatore solo di 13/14 giocatori della rosa; inventore dello sciagurato turn over totale; forte con i forti, debole con i deboli; con un modulo di gioco anacronistico; non capace di leggere le partite in corso, ecc. ecc; in breve, non adatto alla caratura del Napoli. Sembrano passati tre secoli, mentre in realtà è roba di 3/4 anni fa. Chissà se all’epoca si fischiava. Comunque, bei tempi.

– Invece era da questa estate che non vedevo Paletta. Mi ha ricordato il liturgico Prandelli e quelle sessioni di mercato in cui il forte difensore della nazionale ed Heurtaux venivano accostati al Napoli un giorno sì e l’altro pure. Sembra l’altroieri, e infatti anche a gennaio ci sarà qualcuno che ce li appiopperà.

– E a proposito di amarcord, chissà Farouk Zuniga come e dove sta. Si sarà fatto più alto? Avrà qualche capello bianco? Qualcuno si è meravigliato della sua assenza alla cena organizzata dalla società, ma non capisco il motivo. Lo hanno ritrovato e nessuno mi ha detto niente?

– La nostalgia mi sta provocando un nodo alla gola. Mi viene quasi da piangere. Basta. Non ci devo pensare. Non ci devo pensare. Non ci devo pensare. Parliamo della partita. Basta piagnistei.

– Lebron Zapata, a segno per la quinta volta in campionato, con una media gol superiore a quella di Russotto, Dumitru,  Vargas e Pià messi insieme, sta dimostrando qualità insperate. A proposito di Russotto, Dumitru, Vargas e Pià, mi è tornato il magone. Che tristezza. Che fine hanno fatto? E Blasi? Dov’è Blasi? Bei tempi, ma non ci devo più pensare.

– Singolare che da domenica scorsa l’arbitro stia seguendo la moda di controllare il punto di battuta dal corner. Chissà per quale motivo. Anche ieri è accaduto.

– Bene anche Ghoulam e Lopez, e piccoli cenni di risveglio di Calle.

– Nell’azione del rigore mi aspettavo un tiro al volo da parte dello spagnolo. Invece con un sombrero geniale ha ridicolizzato Gobbi che lo ha atterrato.

– A proposito di Gobbi, urlo fortemente: NO a Tagliavento lunedì a Doha! Meglio l’attuale Casarin, magari in giacchetta nera. Così anche il Minao è contento.

– Il Minao, durante il secondo tempo, mentre Zapata, Hamsik e Calle fallivano il terzo gol, preso anche lui dalla folata di ricordi, ci ha riportato alla memoria quando con la Reggiana non si trovava un posto nemmeno sul tetto del San Paolo. Ho lacrimato pensando al gol di Abate. Bei tempi.

– La partita si è conclusa con un palo dei parmensi e una rete annullata a Higuain. All’uscita, dalle curve, che anche ieri non hanno fatto mai mancare il sostegno, si è levato un coro: vinci la Coppa, a Doha vinci la Coppa.

– Un brivido mi ha solcato la schiena. Sono quasi 25 anni che non l’alziamo. Quella coppa ce la giochiamo perché abbiamo vinto qualcosa. Roba che sino all’altroieri era impensabile. E il ratto di Pechino non si è mai rimarginato. Intanto un flash lungo 5 lustri mi ha trapassato la mente e ho capito che forse quel noto ed equilibrato giornalista del nostro tempo che oggi definisce Benitez integralista, poco italiano, cocciuto, scribacchino, troppo offensivista, che adotta un modulo non adatto ai suoi giocatori, ecc. ecc., non ricorda cosa siamo stati per tutti questi anni melmosi. La realtà in cui si lavora e la storia dovrebbero essere le uniche cose che fanno apprezzare il tempo che si vive. Tra un paio d’anni, mi mancheranno anche questi tempi, i fischi e questi spazi vuoti per protesta. Ma sono fiducioso, anche allora mi dirò: bei tempi. Mo’ però me vene ‘a chiagnere.

– Parma in B.

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