Difendiamo il Napoli di Benitez anche perché il dopo ci spaventa

Non è una crisi. Non è “ancora” una crisi. La nave non sta affondando né in termini di punti (siamo alla terza giornata) né in termini di gioco. Ma il problema è che le parole possono essere pietre e alla crisi potremmo arrivarci in tre giorni. L’iceberg lo vediamo bello, grande e grosso a prua, […]

Non è una crisi. Non è “ancora” una crisi. La nave non sta affondando né in termini di punti (siamo alla terza giornata) né in termini di gioco. Ma il problema è che le parole possono essere pietre e alla crisi potremmo arrivarci in tre giorni. L’iceberg lo vediamo bello, grande e grosso a prua, ha la faccia di questi professionisti che corrono con la testa pesante di problemi, forse di paura. Quali problemi? Non si è ancora capito, ricordiamocelo sempre: il tifoso ragiona senza avere in mano gli elementi per giudicare, se non ciò che vede. Ma ciò che vedi non è la realtà. Mai.

Dipende da quanto sapremo capire, che non è perdonare, le responsabilità di nessuno: né del vertice societario, né del tecnico e dei giocatori, né di tifosi e media. Il punto è che nessuno le racconta, nessuno scava. Noi non sappiamo perché le cose accadono, in compenso girano molte opinioni. 

Questa volta con Maurizio De Giovanni siamo d’accordo, quando conclude così il suo pezzo sul Mattino: “Nessuno molli, e ne verremo fuori anche stavolta”, avendo fatto in tutto l’articolo l’elenco impietoso delle scelte di Rafa Benitez che gli risultano incomprensibili. Perfetto: in ogni crisi, economica e non, il punto strategico è non chiudere il rubinetto del credito, oppure va tutto a farsi benedire.

Questo proponimento ha un esame importante mercoledì sera: perché se un gruppo è nel marasma, se sei sotto il fuoco delle critiche, dopo tre giorni puoi non esserne uscito. Perché una cosa chiara c’è, che nel gruppo Napoli ci sono sofferenze che hanno radici forti, forse contrasti e conflitti, e quelli non le curi in tre giorni. Ma se il cane è in acqua e rischia di affogare, picchiarlo con un bastone non risulta essere il modo per salvarlo. Eppure è questo che sta accadendo in queste ore, in questi giorni, in queste settimane, da almeno un mese: un massacro di media, di social media, di bar sport. 

Mercoledì andrà bene, il Napoli vincerà. Punto. 

Ma se dovesse pareggiare oppure se mercoledì dovesse andar male male, cosa faremo e che cosa dovremmo fare? A Napoli le due cose, il fare e la cosa giusta da fare, sono spesso comportamenti diversi. 

Noi diciamo: mantenere la calma. “Business as usual”, si lavora come se niente fosse, come si diceva a Londra sotto le bombe tedesche della “campagna d’Inghilterra”. Nell’Inghilterra di oggi, a Manchester, lato United dove hanno vinto qualcosa più di noi, hanno speso 193 milioni, rosso di mercato di 150. Un punto a partita di media come noi. Ma non hanno ancora linciato nessuno. A Napoli, il linciaggio è cominciato il 19 agosto, giorno dell’andata con l’Athletic. Perché? Perché era già pronto fuori dal Napoli e perché nella società ce n’erano alcune condizioni. Una e la principale: il dissenso Benitez/Presidente. Lo indicammo come l’origine di uno “sparpetuo di cazzimma” che avrebbe danneggiato la squadra. Ci dissero che avevamo preso troppo sole. Sta succedendo.

Non c’è alcun dubbio che il nostro appello allo “spalla a spalla” sarà preso come “papponismo”, “komenismo”, “fondamentalismo rafaelita”,”aziendalismo”. Sono tutti exploit verbali di chi gioca al Fantapresidente, come se fosse ancora il tempo delle banche amiche che ti fecero comprare Maradona (dichiarazione ufficiale: quanto detto non rappresenta consenso al mercato, vedasi commento sullo sparpetuo). 

Il punto è che non esistono parole innocenti. E di parole colpevoli contro il Napoli, da quando Benitez è arrivato, se ne stanno spendendo molte. Siamo arrivati al punto che, mentre il Napoli batteva lo Sparta in EL, si faceva la controcronaca dei difetti e dei problemi. Il gioco al massacro. O la costruzione di una campagna. 

Non è un problema di concezioni del calcio. C’è un mondo napoletano, che ha buoni rapporti anche nel commentariato nazionale, che non gradisce Rafa Benitez perché il suo nome non figura negli allenatori  del “giro”giusto. Ho fatto il giornalista sportivo, ma erano gli anni ottanta. Allora gli allenatori non graditi ai poteri forti del calcio venivano rapidamente bruciati. Erano i metodi di adesso. Fuoco amico giornalistico, tifosi che ci credono, e via nel circuito della “merda nel ventilatore”, fino a che la proprietà non era costretta a comprarsi un po’ di pace sociale con la testa dell’allenatore. Se De Laurentiis dovesse abboccare a questa manovra, non comprerebbe neanche un minuto di pace perché il bersaglio grosso è lui.

Perché potrebbe esserci altro. Abbiamo tutti letto con interesse un pezzo di Tuttosport che parlava di “gruppi qatarioti” e abbiamo riso di cuore davanti alla satira del Napolista Rionale che ne ha fatto uno scenario da fantacalcio societario. Ma nella nostra città a volte paradosso e realtà, satira e discorsi seri, incubo e buon umore abitano sullo stesso pianerottolo. Voi vorreste fare il tifo per il Napoli degli sceicchi? Noi no, perché quelli sono denari che girano per il mondo, di cui non si conosce l’origine e che giocano partite oscurissime. Sarebbero nostre le eventuali vittorie così ottenute, ammesso che ci fossero?  E mentre ricordiamo a noi stessi che un modo  per tirare sul prezzo è dire che la merce fa schifo, e dirlo mille volte, fino a che anche il venditore ci crede, a voi tutti diciamo che la realtà è una cosa complessa. È un mondo difficile e non c’è niente di peggio che parlare con i pensieri degli altri. Voi adesso ci darete dei papponisti o, se persone educate, “aziendalisti”. Noi vi rispondiamo che, come nei parchi di Mosca, a scacchi si possono giocare tante partite comtemporaneamente. Per esempio: De Laurentiis ha scelto Tavecchio,e tutta la compagnia del “vecchio del calcio”. Tutta gente che col vecchio del calcio ha trattato, è stata coinvolta. Ricordo a me stesso che Luciano Moggi fa una dichiarazione al giorno critica del Napoli attuale. Per questo “aspettare” può essere una misure di ecologia del tifo, se non fosse un ossimoro.

Possiamo anche sbagliarci di grosso, ma sapete, noi vecchietti ci ricordiamo ancora di una aereo sul san Paolo e la scritta “Ferlaino, Vattene”. Anche allora c’erano tanti bravi tifosi che erano d’accordo. Ma quell’aereo portava veleno, e che veleno.

Forza Napoli, sempre. La maglia azzurra è nel cuore.
Vittorio Zambardino

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