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Il ritorno del tifo violento a Napoli. Che cosa sta succedendo?

Che cosa sta succedendo a Napoli? Come mai, improvvisamente, è tornata la violenza all’esterno dello stadio San Paolo? Innanzitutto la cronaca. Sabato scorso, prima di Napoli-Milan, assalto dei violenti (non li chiamiamo tifosi) alle forze dell’ordine: un’auto incendiata e cinque agenti feriti. L’episodio non è rimasto isolato. Anzi. Mercoledì sera la scena si è ripetuta. Un gruppo di facinorosi ha provato a forzare il cordone di polizia allestito a piazzale Tecchio per proteggere l’arrivo dei tifosi romanisti. Ne sono scaturiti tafferugli, lanci di pietre, bottiglie. Dieci minuti di inferno che hanno provocato il ferimento di una poliziotta, un principio d’incendio e un po’ di danni per le auto in sosta. Una volta nello stadio si è assistito a un tripudio di bombe fatte esplodere dai tifosi di entrambe le squadre. Al punto che lo speaker ha ricordato le sanzioni cui andrebbe incontro la società in questi casi. Come simili ordigni riescano a entrare allo stadio resta un mistero, considerati i controlli cui sono sottoposti i “normali” cittadini all’ingresso del San Paolo.

Torniamo agli incidenti. Due assalti alle forze dell’ordine in quattro giorni. Qualcosa è cambiato, questo è sicuro. Anche se non conosciamo le ragioni della pericolosa inversione di tendenza. Quel che abbiamo registrato nell’ultimo periodo sono le contestazioni di una parte della tifoseria organizzata (in curva B) nei confronti del presidente e la risposta sibillina dello stesso De Laurentiis: «Quindici persone che non sono tifose e probabilmente ricevono ordini da chi allo stadio nemmeno ci viene». Chissà a cosa si riferiva il numero uno del Calcio Napoli. Sta di fatto che il San Paolo sembra essere tornato a sette-otto anni fa, quando in curva venivano sistematicamente fatti esplodere veri e propri ordigni, con la conseguente squalifica del campo. Non vorremmo che il punto fosse proprio questo: è chiaro che il ritorno della violenza fuori e dentro il San Paolo comporterà la squalifica dello stadio e, di conseguenza, un danno per De Laurentiis. È lui l’obiettivo di questa recrudescenza? Ovviamente non siamo noi a poter avere la risposta. Spetta agli inquirenti e alle forze dell’ordine.

Poi, va da sé, c’è un altro aspetto non trascurabile. Di questo passo, sarà sempre meno difendibile la posizione dei napoletani offesi su tutti gli spalti d’Italia. Che succede? Chiudiamo gli stadi e l’unico che resta aperto è quello dove vengono sistematicamente aggrediti i poliziotti?

Intanto, del ritorno della violenza negli stadi italiani si è parlato ieri a Roma nel corso di un incontro a Roma. Ne è emersa la volontà di rendere più semplice l’acquisto dei biglietti, ma anche un dato pericolosamente in controtendenza: nella stagione 2013-2014 è stata registrata un’inversione di tendenza rispetto al meno 60 per cento di incidenti dal 2007. Rispetto allo scorso anno, tutti i numeri sono peggiorati: sono aumentati i feriti, sia poliziotti che civili, così come sono aumentati gli scontri. Il numero uno del Coni Giovanni Malagò ha parlato anche di celle negli stadi: «Le forze dell’ordine devono essere messe in condizione di agire nell’immediato, dentro lo stesso stadio, come avviene in Inghilterra. Attraverso un sistema avanzato di controllo tecnologico, si possono identificare gli autori di atti violenti che vengono poi trasferiti in un luogo all’interno dello stadio e trattenuti in attesa del processo per direttissima». Il capo della Polizia ha toccato il cuore della questione: «In Germania si sta riflettendo sulla crescita della violenza e sulla sottovalutazione del connubio sport-politica». Il problema non è solo napoletano, ovviamente. Come abbiamo già scritto, il mondo ultras – o comunque le frange violente del tifo – comincia a somigliare sempre più a un movimento organizzato sul territorio nazionale. Il tifo, l’attaccamento alla maglia, è un fattore sempre più marginale.
Massimiliano Gallo

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