Col 4-2-3-1 l’Arsenal in Premier è la squadra con meno gol subiti

Altri due gol subiti. Portano il totale a 22 e riaprono il dibattito. Va così nell’opinionismo italiano, non solo sportivo. Le sentenze valgono un giorno, arriva domani e se ne scaldano di nuove. Il Napoli, del quale si era detto che aveva ricompattato la difesa eccetera eccetera eccetera, diventa “una delusione” (Massimo Mauro) al primo […]

Altri due gol subiti. Portano il totale a 22 e riaprono il dibattito. Va così nell’opinionismo italiano, non solo sportivo. Le sentenze valgono un giorno, arriva domani e se ne scaldano di nuove. Il Napoli, del quale si era detto che aveva ricompattato la difesa eccetera eccetera eccetera, diventa “una delusione” (Massimo Mauro) al primo pareggio. Si dice: prende tanti gol perché mancano gli equilibri. Questa storia degli equilibri sarebbe bene chiarirla, una volta per tutte. Per mancanza di equilibri, nel ragionamento di chi sostiene la tesi, si intende l’esistenza di una squadra così sbilanciata, così esageratamente sbilanciata, così sconsideratamente sbilanciata, da compromettere la fase difensiva. In estrema sintesi: se il Napoli non giocasse così come gioca, con il 4-2-3-1, i gol subiti non sarebbero così tanti e le cose andrebbero meglio. Purtroppo quel testone di Benitez non ne vuole sapere.

Il punto è che si tratta di una posizione ideologica fondata sul nulla, molto più integralista rispetto all’integralismo che si rimprovera allo spagnolo, certe volte spacciato come una specie di Zeman, solo un pochino pochino più dissoluto. Intanto, va ripetuto fino alla noia, il 4-2-3-1 è un vestito. I moduli sono la maniera di stare in campo che gli allenatori giudicano migliore per i propri uomini. Il vestito cucito dal sarto Benitez nasce in questo modo perché il Napoli dispone in tutto di 4 mediani, sorvolando sul fatto che il migliore (Behrami) sia infortunato e il quarto è un ragazzino. Di cosa abbonda il Napoli? Di quelli che una volta si chiamavano terzini e atipici: in sostanza esterni, laterali, ali, alette e mezze punte. Se ne hai tanti così, ti metti in campo per utilizzarne il più possibile. Cioè con il 4-4-2, giacché in fase difensiva il 4-2-3-1 di Benitez altro non è che un 4-4-2, un atteggiamento tattico che chiede a Callejon a destra e all’altro uomo sulla sinistra di risalire fin sulla linea di metà campo, pure un pochino più dietro se ce n’è bisogno (certe volte Insigne è stato avvistato sulla linea dei terzini). Il 4-4-2 è come il demonio per gli allenatori offensivisti. Discutetene con Zeman e ve ne parlerà come dell’anti-calcio.

Il punto non è il 4-2-3-1, altrimenti l’Arsenal non sarebbe la squadra che ha subito meno gol in Premier. Così come non è garanzia di difesa insuperabile la linea a tre, la linea a cinque, il 4-4-2 o quello che è. Pensarlo significa avere una posizione ideologica, avere cioè individuato un responsabile prima ancora di averlo trovato. Gli equilibri possono mancare, certo, ma con qualunque modulo. Resta da chiedersi quali siano gli equilibri tattici che mancano quando si subisce un gol da calcio d’angolo. Nel Napoli di quest’anno gli equilibri tattici sono diventati fragili nel periodo in cui gli esterni erano in sofferenza (Maggio convalescente dopo l’intervento, Mesto ko, Zuniga fuori, Reveillere non ancora ambientato, Armero che è comunque Armero). Gli esterni sono gli elastici del vestito. Senza gli elastici, il vestito non si allunga e non si accorcia più, a un certo punto si strappa. I due mediani galleggiano in mezzo, nello strappo si infilano gli avversari. Ma ieri i gol non sono stati subiti per delle lacerazioni nel tessuto tattico. Nel primo tempo la squadra era compatta, non trovava spazi in attacco, ma neppure ne concedeva. Nel secondo, col terreno pesante, ha tenuto il comando del gioco costantemente. Rimproverare al Napoli di non aver chiuso la partita, di non aver cercato il terzo gol, è un altro argomento che viene usato a posteriori (sì, lo so, dallo stesso Benitez). Sul 2-1, con un uomo in più, la partita devi gestirla. Devi nascondere la palla agli avversari, non devi affondare per cercare il terzo. Se ti lanci in attacco per cercare il terzo gol e ne prendi uno in contropiede, questo sì è un errore di strategia, un errore tattico.

Il Napoli prende invece gol quando con la testa esce dalla partita. Ieri ha regalato l’intero primo tempo al Bologna, soffrendone un pressing esasperato e anche sul filo della regolarità. Ma non è affatto una sua caratteristica, entrare in campo così svagato. Il Napoli è la squadra che in serie A ha segnato più gol nei primi 15 minuti (9, subiti 2) e più gol nei primi 30 minuti (16). Il punto è nella incapacità di restare con i pensieri dentro il campo fino alla fine. S’era visto già contro il Borussia, con l’autogol di Zuniga, pure quello con l’uomo in più. Se spacchettiamo le partite del Napoli in fettine da 15 minuti, viene fuori che il Napoli prende la maggior parte dei suoi gol nell’ultimo quarto d’ora dei due tempi: sei fra il 31’ e il 45’ (la Roma 1, la Juve 2), e sei fra il 75’ e il 90’ (sui nove complessivi che ha subito nei secondi tempi). Se fosse stata una questione di equilibri difficili da trovare, con una squadra tanto rinnovata il problema sarebbe emerso soprattutto nelle prime partite. Un problema strutturale di equilibri non ti consente di vincere 13 partite su 20 (in linea con il Chelsea di Mourinho, che ne ha vinte 15 su 22). E a chi volesse obiettare che il campionato italiano è mediocre, bisogna replicare che un problema strutturale di equilibri non ti consente allora di vincerne 4 su 6 in Champions, contro la capolista d’Inghilterra e i vice campioni d’Europa. Invece di equilibri mancanti si parla solo quando il Napoli non vince. Se fosse una questione di cattivi equilibri, al Napoli capiterebbe anche di perdere le sue partite per 4-3 o per 5-4. Invece non succede, probabilmente perché il Napoli riesce a tornare con la testa nella partita quando serve, dopo esserne uscito di tanto in tanto per prendersi qualche distrazione. E’ quando ti distrai al 91’ che dentro la partita non ci rientri più.
Il Ciuccio

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