La mappa del tifo in Italia sta cambiando in fretta e in modo profondo. Dal punto di vista dell’estensione e dei confini. Lo mostra, con chiarezza, il sondaggio di Demos-Coop presentato oggi nelle pagine di Repubblica.
L’area dei tifosi, in primo luogo, si è ridotta in misura rilevante. Oggi è circa 3 punti meno del 2011 ma oltre 9 rispetto a due anni fa e addirittura 13 rispetto a tre anni fa. Nel 2010, comunque, oltre un italiano su due si diceva tifoso di calcio. Oggi poco più di quattro su dieci. Peraltro, l’unica componente del tifo cresciuta, seppur di poco, è quella più “tiepida”. La “passione italiana” per il calcio, dunque, sembra si stia raffreddando sensibilmente. Ormai da alcuni anni. E oggi non coinvolge più la maggioranza delle persone. Le partite di pallone attraggono ancora un’ampia fetta di persone. Una larga minoranza. Ma, appunto, una “minoranza”. Questo mutamento è stato prodotto e accelerato, in gran parte, dagli scandali che, da anni, corrodono l’ambiente. In modo ripetuto. Senza soluzione di continuità. Ieri Calciopoli, oggi le Scommesse. Domani chissà. Gli scandali, in Italia, non finiscono mai. E non si chiudono mai. Da ciò il clima di incredulità diffusa. In altri termini: gli italiani e gli stessi tifosi, in gran parte, non credono al calcio. Troppo condizionato da interessi (per l’84%). Lo scandalo scommesse: quasi un tifoso su due ritiene si tratti di un caso di giustizia sportiva che non si è risolto in modo giusto. Gli errori
arbitrali: al 53% dei tifosi (circa 8 punti più di un anno fa) capita di pensare che avvengano in malafede.
E si pensa, per questo, a introdurre novità tecnologiche, come la moviola in campo. Tuttavia, dubitiamo che basterebbe. Anche l’introduzione degli arbitri di porta non ha risolto il problema. Il fatto è che il calcio soffre di una crisi di fiducia – o di sfiducia. Agli occhi degli italiani e degli stessi tifosi. E se ieri nonostante tutto, nonostante i sospetti e le polemiche, il “tifo” resisteva, oggi non è più così. La sfiducia ha cominciato a erodere
alla base l’edificio della passione per il calcio. Reso più fragile anche dalla crisi economica, che ha ridimensionato la “capacità di spesa” delle società. Comprese quelle tradizionalmente più importanti. L’appeal del nostro campionato si è, così, ridotto. Per oltre 6 tifosi su 10 è divenuto meno interessante di altri.
Non è un caso che, mentre l’ampiezza del tifo “per” una squadra si è ridotto sensibilmente, quella del tifo “contro” si sia, invece, allargata. Tocca quasi il 56% dei tifosi: 5 punti più di un anno fa e 14 rispetto a due anni fa.
Quest’anno è cambiata anche la mappa del tifo, tracciata dall’Osservatorio Demos-Coop, in base alla squadra preferita. In questo caso, però, contano motivi soprattutto “sportivi”. Legati ai risultati e alla competitività delle squadre.
La Juventus resta saldamente e largamente in testa alle preferenze. La sua incidenza, però, è scesa, anche se in misura molto limitata. Meno di un punto percentuale. Oggi i suoi tifosi corrispondono a circa il 28 e mezzo per cento. La retrocessione e le difficoltà degli anni di Calciopoli non ne avevano eroso la base. Al contrario. I successi e la vittoria nell’ultimo campionato ne hanno confermato, ma non rafforzato, la posizione. Probabilmente risente, più delle altre squadre, del clima generale di sfiducia. Trattandosi della squadra più “popolare”. Con una base ampia di tifosi “tiepidi”. I più disturbati dal ripetersi degli scandali e dalle polemiche. La novità, semmai, è che torna a essere la più odiata. Bersaglio convergente delle tifoserie delle squadre avversarie, che le contendono il primato nel campionato. In un anno, infatti, la quota di tifosi ostili alla Juve è raddoppiata: dal 14 al 27%.
L’altra novità è offerta dall’affermarsi, su base nazionale, di nuovi “attori” del tifo. Che stanno modificando le tradizionali gerarchie. Il Milan conferma la sua quota di tifosi, intorno al 16%. L’Inter ha, invece, perduto una parte rilevante dei suoi sostenitori. Ora si è attestata al 14 e mezzo per cento: 4 punti meno di un anno fa. Mentre è cresciuta molto l’area del tifo per il Napoli, che ha superato il 13% e incalza l’Inter. Anche la Roma appare in crescita: ha superato il 7%.
Il mutamento degli orientamenti del tifo dipende, in gran parte, dai risultati delle stagioni recenti, che hanno visto il Napoli conseguire importanti successi. In tal senso, però, ha pesato molto anche il calciomercato. Milan e Inter hanno infatti ceduto molti dei giocatori più pregiati – talora, le bandiere della squadra e dei tifosi. Si spiega in questo modo anche la crescita del tifo giallorosso. Animato da una campagna acquisti che ha soddisfatto i sostenitori. Ma, soprattutto, dall’arrivo di un allenatore, Zeman, che al di là dei risutlati, gode di grande carisma.
E’ mutata, di conseguenza, anche la geografia del tifo. Fino a un anno fa la Juventus era la squadra “più amata” in tutte le aree del Paese. Ora non più. Superata dalla Roma nelle regioni del centro e dal Napoli nel Mezzogiorno.
E’ difficile, in conclusione, non evocare un parallelo con la politica. D’altronde, il rapporto fra calcio e politica si è rafforzato, negli ultimi anni. Basti pensare a come Berlusconi lo abbia utilizzato come modello e come veicolo del proprio soggetto politico. Fin dalla “discesa in campo”. Il nome del suo partito, Forza Italia: il grido di sostegno alla Nazionale. I suoi sostenitori, di conseguenza: Azzurri. Le sezioni: “club”, come quelle dei tifosi. In generale, il tifo ha surrogato la crisi delle appartenenze e delle bandiere, in tempi di perdita delle identità. D’altronde, il grado di interesse politico dei tifosi è perfino, di poco, superiore a quello della popolazione. Le stesse tifoserie, al di là delle posizioni estreme degli ultrà, mostrano orientamenti politici precisi. Sinistra: i tifosi della Fiorentina. Centrosinistra: la bandiera del Napoli. Centro: quella bianconera. Centrodestra: le suqadre milanesi.
A differenza di quanto è avvenuto in politica, però. scandali e polemiche non avevano compromesso la “fede” dei tifosi, fino a pochi anni fa. Oggi non è più così. La fiducia nel “sistema” appare, infatti, seriamente in declino. Verso i protagonisti del calcio, i giudici e i giudizi dela giustizia sportiva. Difficile “credere” se i risultati e le classifiche degli ultimi dieci anni sono stati rimessi in discussione. A vole rovesciati. Alla fine anche i “fedeli” più convinti cominciano a dubitare. A frequentare i riti con meno passione e regolarità. Mentre i più tiepidi e occasionali, ormai, hanno smesso di andare a messa. Se non raramente. In alcune, poche, festività.
Ilvo Diamanti (tratto da repubblica)