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Nel calcio di Ghirelli (contro il calcio di Brera) c’era l’umanità e il tratto ludico dei napoletani

La presenza importante e riconosciuta di Antonio Ghirelli nel giornalismo italiano è stata rilevata con voci unanimi di grande apprezzamento e rimpianto. E molte fonti di luce hanno illuminato il suo ruolo nel particolare mondo del giornalismo sportivo. Attraverso le cronache, le analisi, i commenti e gli sguardi in profondità sul succedersi dei fatti del calcio, Ghirelli ha tessuto nel tempo, con acuta attenzione e lucidità critica, una visione complessiva che rispecchia, in generale, proprio quel “sentimento” del foot ball in cui si riconosce l’animo sportivo dei napoletani, e che dà una rappresentazione calda e precisa della loro passione calcistica. Nella ormai mitica dialettica di alcuni anni orsono tra “difensivisti”, che riconoscevano il loro guru in Gianni Brera, e “offensivisti” che Ghirelli rappresentava a tutto campo, si poteva leggere con chiarezza una diversità di opinioni legata a fattori non rigidamente tecnici, bensì psicologici e culturali, nel senso di un modo di vedere e interpretare le sfide sportive. Con la sua analisi di fondo, Brera collegava l’istinto difensivo a un carattere italiano formatosi al nord lungo vicende storiche segnate da invasioni e resistenze all’invasore, sul filo della necessità difensiva divenuta parte del Dna collettivo. Difesa, dunque, innanzitutto, poi le sortite offensive rapide e velenose. Ghirelli, da parte sua, “sentiva” il gusto ludico dei napoletani anche nel seguire gli incontri di calcio, quel modo di valutare i casi della vita e della storia col metro di una umanità vitale e rivolta a cogliere l’attimo fuggente per rispondere alle iniquità ambientali e ai soprusi opprimenti. Senza cedimenti di fondo, naturalmente, ma usando l’assimilazione degli stranieri invasori ai propri costumi locali, per sopravvivere e poi vivere e durare. Tutto questo, calato nella “lettura” del gioco del pallone, della tattica prevalente, del modo di schierarsi in campo. Un affascinante confronto giornalistico, e non solo. Ne discendeva una concezione diversa del “bel gioco” e del “gioco utile” che a buon diritto si inseriva, senza pretenderlo, in una più ampia e intrigante dialettica che nobilitava, col suo svolgersi, il calcio e le sue vicende. Nel suo narrare le peripezie dello sport più popolare, Antonio Ghirelli, adoperando le capacità di analisi e di scrittura che gli erano proprie, effettuava, come oggi si sarebbe detto, dei “link” con la realtà del mondo esterno, tenendo sempre in primo piano la sua natura napoletana, intessuta di amore profondo, e anche all’occorrenza critico, per la terra, amata e contraddittoria, che da tanti secoli ospita una straodinaria “commedia umana” senza pari, sia per le tante luci, sia per le tante ombre. E di cui è specchio anche quel fenomeno collettivo chiamato gioco del calcio. Mimmo Liguoro

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