E’ un giovedì malinconico perché avevamo creduto nel sogno, perché il Napoli poteva giocarsela, perché allo Stamford Bridge la squadra si è battuta, non con la brillantezza necessaria ma ha cercato il “miracolo” fino all’ultimo minuto delle due ore di gioco, inferiore al Chelsea solo in alcuni giocatori “scafati” della formazione inglese, improvvisamente risorti, Drogba su tutti. Adesso il mancato 4-1 al San Paolo, con quel salvataggio sulla linea di Ashley Cole sul quasi gol di Maggio, si “sposa” col maledetto 4-1 del Chelsea sul suo campo, un “buco” della difesa azzurra sulla rete decisiva di Ivanovic tutto solo sul dischetto del rigore per battere De Sanctis e acciuffare il passaggio ai quarti della Champions. Ma c’è voluto un Chelsea “epico”, come scrivono i giornali londinesi, per far fuori il Napoli.Il vecchio calcio inglese, riesumato da Roberto Di Matteo dopo i “sogni” di Villas-Boas, rinnovamento e gioco spagnoleggiante, ha assediato e stordito di cross e traversoni la difesa del Napoli. Ivanovic crossava continuamente dalla destra, Ramires e Sturridge e Cole dalla sinistra. Ogni calcio piazzato era un tormento e i corner una minaccia costante. Anche perché il Chelsea aveva un pivot formidabile, per stazza e qualità tecniche, quel Drogba che in campionato sembrava appannato e pesante, ma che contro il Napoli ha fatto di tutto e di più, non solo la spettacolare torsione sul primo gol, potenza atletica e precisione del colpo di testa, ma sponde, blocchi e appoggi (come quello risolutivo per il 4-1 di Ivanovic).
Il Napoli cedeva centimetri e peso al Chelsea: 1,89 Drogba, 1,88 Terry, 1,88 Ivanovic, 1,83 Sturridge. Ha resistito come ha potuto, con due salvataggi-miracolo di De Sanctis, col sacrificio dei difensori di statura e tecnica inferiori. I gol sono venuti tutti dai cross. Anche il rigore di Lampard veniva dal fallo di mano di Dossena sul cross dell’ennesimo corner del Chelsea. Il Napoli agguerrito, ma sempre più in difficoltà, ha costretto gli inglesi ai supplementari ed ha resistito per 105 minuti quando è arrivata la mannaia di Ivanovic.
Adesso è facile dire che magari sarebbe stato utile Fernandez (1,89) in area, ma il Napoli doveva innanzi tutto tappare i “buchi” che si aprivano sugli esterni, con Ivanovic preponderante a destra e Ashley Cole in proiezione offensiva costante a sinistra (e Maggio era uscito per infortunio dopo mezz’ora). La maggiore fisicità del Chelsea e il suo inappuntabile assetto tattico (tutt’altra squadra che si offriva al contropiede azzurro s’era vista al San Paolo) ha costretto i tre tenori a un massacrante lavoro di copertura che, col passare del tempo, dopo un inizio pimpante e le due parate di Cech su Cavani e Hamsik, hanno perso lucidità sulla strada del gol. Dopo la prodezza di Inler e i due salvataggi di De Sanctis che tenevano “fermo” l’1-2 della qualificazione, Zuniga ha avuto la palla del raddoppio, ma con un tocco in più se l’è vista sventare da Cech.
L’eliminazione fa male perché era possibile acciuffarla. Nei tempi supplementari l’arbitro tedesco, che aveva concesso molto, ha spezzettato il gioco fischiando tutto, frenando così gli ultimi slanci del Napoli che aveva preso di petto il primo tempo supplementare prima di cedere (il gran tiro di Hamsik al volo sul cross di Lavezzi usciva di poco oltre l’incrocio dei pali alla destra di Cech immobile).
E’ stata comunque una splendida avventura e gli azzurri vanno ringraziati in blocco, anche quelli che hanno commesso errori decisivi ma hanno dato l’anima. Si torna al campionato e la delusione può far danni più della stanchezza fisica. Si riprende a Udine, partita cruciale per il terzo posto. Vedremo come staranno in piedi i friulani dopo il match di ritorno con l’Az Alkmaar in Europa League e la missione fallita della qualificazione. Vedremo quante energie avranno sprecato con un giorno di riposo in meno degli azzurri. Poi la semifinale di Coppa Italia col Siena. Bisogna stringere i denti e dimenticare Londra.
Mimmo Carratelli