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Diego pensaci tu, così dissi in India durante Napoli-Inter, e si avverò

Non è vero ma ci credo. Non è solo il titolo di una commedia di Peppino De Filippo, ma anche il sentimento che spesso aleggia in caso di circostanze, eventi casuali, fatalità. Ecco, appunto: chiamatelo come volete, ma a me è successo un episodio strano, legato alla vittoria del Napoli con l’Inter. Complice le vacanze per il capodanno cinese che ci ha traghettati nell’anno del Dragone (io sperso sia sempre l’anno del Ciuccio), con la famiglia ho deciso di fare un viaggio nel sud dell’India. Premetto che in India ho vissuto sei anni fino a due anni fa, dove ho anche fondato il Club Napoli Ciuccio Sacro. Quel figlio di un bramino dell’agente di viaggi, non essendo devoto ai colori biancazzurri ma solo al rosso di Shiva, ha fatto si che il giorno di Napoli-Inter ci trovassimo in mezzo alle colline di Nilgiri, la catena montuosa più alta (dopo l’Himalaya) e più antica del sub continente, in mezzo alle tribù. Che Kali lo colpisca: come faccio a vedere la partita se qui arriva a stento l’elettricità e internet è un miraggio? Niente da fare anche con il cellulare, elemento sconosciuto. Mentre mi balzavano in mente le parole del sommo poeta Tony Tammaro che, raccontando in Sharm el Sheick le peripezie di una famiglia in vacanza in Egitto, “l’anno prossimo v’o giuro me ne vaco a Varcaturo”, ho cercato n tutti i modi qualche contatto con amici tifosi in Italia o in Cina per essere aggiornato sul risultato. Niente. In televisione davano le solite soap opera indiane con iss, essa e o malamente, le partite di quella specie di gioco pallosissimo, il cricket, del quale ogni incontro dura otto ore, e film tamil dove si pigliavano a cazzotti e facevano evoluzioni mortali, altro che Bud Spencer o Bruce Lee. Mi giravo e rigiravo nel letto, pensando alle parole , quasi una bestemmia, che un indiano mi aveva detto in un club dall’aspetto coloniale a Calcutta, quando parlando a proposito di calcio e cricket se ne uscì: “Sir the difference is that football is a game, cricket is a sport” (Signore, la differenza è che il calcio è un gioco mentre il cricket uno sport). Anatema su di te, devoto di Ganesh, Vishnu e Hanuman. Ma come ti permetti? Non solo ogni partita dura otto ore con la pausa the, ma fino a un paio di anni fa durava almeno tre giorni. La frase mi è tornata in mente come vendetta di tutti le 330 milioni di divinità del pantheon induista. Passo la notte in bianco cercando inutilmente notizie. Mi giro e rigiro, niente. La partita è troppo importante, dobbiamo risalire la china, e poi se vinciamo la coppa la finale di supercoppa si viene a fare a Pechino, a casa mia, un sogno che si realizza dopo l’incontro dieci giorni fa con Diego a Shanghai. Ecco, solo lui ci può aiutare: Diego, pensaci tu, fai il miracolo, fammi sapere. Mi sveglio, ancora nessun collegamento, niente tacche sul telefono. Ripartiamo, lungo la strada continuo a fissare il cellulare: niente linea, quindi nessun messaggio da Napoli e da Shanghai, ma soprattutto da Sergio Kaka, il mitico tifosissimo che a casa sua ha fatto l’altarino con Diego e con il quale c’è l’accordo che chi dei due è in viaggio in India viene avvisato dall’altro sul risultato del Napoli. Dopo diversi chilometri nella foresta tra indiani, scimmie, elefanti e cervi, una immagine folgorante: un cartello con un uomo con il pizzo, una collana, il dito della mano destra a simboleggiare uno e una scritta “Chemmanur gold no:1”. Ma quella faccia è la sua, no, non è possibile. Si, è lui, è Diego. Ci viene in soccorso. Scappa un “Diego, Diego”, al quale si uniscono non solo i compagni di viaggio, ma anche l’autista che mi giura di conoscere el Pibe de oro. Non finisco neanche di pensarlo che ecco il secondo cartello simile e poi un terzo. Appena passato il terzo cartello con Diego, il bip bip rassicurante: il messaggio tanto atteso da Sergio. “NAPOLI2 inter 0. Cavani rigore 5’ s.t.CAVANI STREPITOSO SLALOM in area 93’ SANPAOLO impazzito. Anche io” al quale ne segue un altro sempre suo: “Cari CLUBS NAPOLI potete essere orgogliosi della nostra SQUADRA e dei suoi tifosi. Grande serata di sport e di tifo conclusa da coro gigante che NAPOLI unica al mondo sa e può cantare ‘OI VITA OI VITA MIA’”. Mi si apre il cuore, fermiamo l’auto e cominciamo a festeggiare sotto il quarto cartellone di Diego. Non è vero ma ci credo.

p.s.: nel cartellone Diego pubblicizza (non so se coscientemente) una gioielleria indiana.
di Nello del Gatto

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