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Dalla benzina alla sciarpa nuova, in fondo è stata colpa mia

Piove, non piove, piove, diluvia, si gela. Dal primo mattino lo ripeti come un mantra. Come tutte le volte che c’è il Napoli al San Paolo. E così ti ritrovi quasi a gioire se alle due del pomeriggio tuoni e fulmini ti salutano in mezzo ad un cielo nero. Sei così felice che magari la fa tutta adesso e dopo ci risparmia che ti inginocchi davanti al balcone con tuo figlio ad aspettare di vedere i lampi. E vai avanti così fino al pomeriggio. Arrivano le sette e un quarto – e la tua babysitter – e fuori ha smesso di piovere e allora dici al Martire che si possono prendere le chiavi del motorino, che si va allo stadio con il solito mezzo (mentre pensi al modo migliore per scansare il parcheggiatore topo). E invece, scendi di casa e ti coglie il diluvio universale, così di corsa di nuovo su, a prendere le chiavi della macchina. Ti gira male e già lo sai. Hai un equipaggiamento da trekking sulla neve. Il cappello dell’Allianz Arena che ti hanno regalato Peppe Napolitano ed Antonio Coppola ti tiene calda solo a guardarlo. La sciarpa nuova del Napoli non hai avuto il coraggio di indossarla, la cedi al Martire poco prima di scendere, spacciandolo per un atto d’amore. La verità è che la vuoi portare con te, ma la responsabilità, da femmina come si deve, la scarichi su di lui (che al ritorno a casa, dopo la sconfitta, da maschio che si rispetti, la scaricherà addosso a te). Entri in macchina e già sai che stai facendo una cazzata. Lui si arrabbia perché non gli hai segnalato che si è accesa la spia dell’olio e perché l’ultima volta non hai fatto benzina lasciando l’auto a riserva. Ti arrabbi pure tu perché alla fine è colpa tua se perderai altri minuti preziosi. Domenica sera, pioggia, negozi aperti e una settimana scarsa prima di Natale: l’inferno automobilistico assomiglia al girone dantesco dei ritardatari a vita, se esiste. Alle otto e dieci sei ancora in macchina a pensare che ti stai perdendo le tue canzoni, quell’aria, il gelo degli spalti che volevi sentire come un coltello sulle guance mentre le senti che diventano rosse dal freddo. Stai in una monovolume con il riscaldamento acceso, ti fermi da un benzinaio e sei quasi contenta di dare un euro all’extracomunitario che ti saluta con il sorriso e ti augura buona serata dopo che con dieci euro ti ha messo scarsi cinque litri di benzina (eccheccazz!). Arrivi nei pressi dello stadio e parcheggeresti pure a Monte Sant’Angelo per poi fartela tutta di corsa verso il Tempio, ma il Martire cerca posto più vicino. Manco a dirlo, finisci in bocca ad uno strafatto parcheggiatore al quale cerchi di raccontare la bugia che ti hanno appena rubato il portafogli e non hai soldi da dargli, che te li fai prestare da tua zia allo stadio e glie li porti dopo. Ti viene da ridere, ma il Martire non ti segue nella menzogna e invece seguite voi il parcheggiatore nel tragitto per cambiare i cinque euro che lui stringe forte in mano. Il Martire avanti, il parcheggiatore in mezzo e tu dietro, che brandisci la bottiglietta d’acqua che gli sbatteresti sulle gengive. E intanto il parcheggiatore ti racconta che in nottata quelli della camorra (sì, vabbuò, ma chi??) andranno da lui a riscuotere i venti euro per i detenuti di Poggioreale, mentre tu ti chiedi “ma che è? Uno scherzo?”. I parcheggiatori amici suoi improvvisano un balletto per farti sorridere ma tu li fulmini con lo sguardo mentre vorresti spaccare tutto il circondario. Ai vigili domandi “voi lo sapete, vero che stanno facendo il parcheggio abisivo?” e quelli “sì, sì”. Bene, tutto a posto, allora. Corri, corri verso lo stadio. Caffè Borghetti, pantani in cui perdersi con gli stivaletti bassi. Una fila lentissima, la tua, al varco che hai scelto. Smadonni un po’, poi dici allo steward che sei immersa nel fango, che ti facesse passare. E passate, tu ed il Martire. Arrivi al tornello e lo guardi con quegli occhi che lui detesta, mentre esclami con la tua voce peggiore “io odio, detesto proprio andare allo stadio così’”. E lui? Ti risponde “ecco qua, sei la solita, per così poco? Ci siamo arrivati no? E non è ancora iniziata”. Sono le 20.30 e tu sei ancora fuori a rivendicare il tuo diritto di avercela con il mondo perché è la penultima prima della pausa natalizia che non ci vorrebbe proprio. Ti arriva il messaggio di Cappella che ti dice che ti sta aspettando. Ecco, addio pure al rito propiziatorio (e probabilmente alla sfogliatella del buffet Tribuna Stampa) perché non ce la farai mai. Entri in Tribuna Posillipo e c’è un ingorgo che manco a via Scarlatti il 23 dicembre pomeriggio. Gente che va controcorrente, e tu imprechi contro gli steward che fumano tranquillamente sotto le scale invece di regolare il traffico. Urli ad alta voce (dopo poco ti arriva l’sms di Napolitano che ti dice che la Puglia incazzata è uno spettacolo e che ancora più uno spettacolo è lo sguardo rassegnato del Martire ad avere una furia affianco). Sali di corsa e saluti tutti senza il solito sorriso. Prendi posto ed inizia la formazione. Non la urli come al solito, non ci sei arrivata in tempo, non sei pronta e ti isterizzi ancor di più. Non fa tanto freddo come pensavi, ma il gelo arriva prestissimo, con il loro gol. Poi una partita in discesa, sfortunata e malandata, nonostante non smetti un attimo di sperare, fino al 3-1. Quando esce il Pocho ti maledici perché sei diventata come quelli che dicono che il Napoli è Lavezzi-dipendente. Ma dov’è quello squadrone grintoso della zona Mazzarri, eh? A quel punto ti stringi nelle spalle e ti rassegni. L’articolo per il Mattino lo hai inviato, non hai più neppure un motivo per restare lì. Tua zia ti saluta ricordandoti che sabato è Natale, come se non bastasse tutta la frenesia e l’ansia che senti dentro. Anche perché per te, prima di Natale c’è mercoledì, il Genoa, il gemellaggio. E pensi che te ne freghi dei gemelli genoani. Che vorresti una benedetta partita in cui urlare dal primo minuto all’ultimo e godere per una cazzimmata all’ultimo istante. E a quel paese il gemellaggio e la sportività, santiddio! In macchina, al ritorno, De Sanctis ti dà il colpo di grazia. Non tanto per quello che dice, ma per come lo dice. Lo dice talmente bene che ti chiedi “ma che caz avrà voluto dire?”. Niente. Non ti resta che rifugiarti sotto le coperte, in cerca di un po’ di calore. Meno tre. E tutto è possibile finché la classifica e la fine del campionato dicono che no. E Forza Napoli. Sempre. Ilaria Puglia

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