E’ proprio vero che i tonfi fanno tanto più rumore quanto più è alta la posizione da cui si precipita. Anche se, in fondo, siamo solo passati dal secondo al terzo posto in classifica. Il fatto è che ci eravamo illusi.
All’ora che noi napoletani sorbiamo ancora l’ultimo caffè della mattinata e che per loro rappresenta l’ora del grappino per digerire il pasto pomeridiano, i nostri cugini Borbone del ramo Parma avevano provveduto a liquidare i piemontesi con quella specie di folletto giovincheo che mi piacerebbe vedere con la maglia azzurra addosso. Più tardi Roma, Lazio, e Milan si erano salvati solo grazie a generose befane arbitrali.
A questo punto mi ero illuso che la vecchia dispensatrice di giocattoli stesse per saldare con me un debito che aveva contratto 50 anni fa. Era il 1961. La mia ultima befana. O, meglio, la mia prima non-befana. Avevo 10 anni e mio padre aveva cominciato a mettermi in guardia già alla fine delle ferie estive (che allora si chiamavano, chissà perché, villeggiatura.Dato che durante quel periodo si rinunciava quasi del tutto ad ogni genere di conforto.Dallo spazio vitale –sei in una stanza- alle norme igieniche più elementari.Se ti andava bene avevi i servizi in comune). Ricordo il vocione di mio padre che sentenziava: quest’anno niente befana.Ormai sei grande ed i giocattoli costano caro.Molto più dei libri di scuola. Di fronte a queste affermazioni sfido chiunque, specie a dieci anni, ad accennare un minimo di contrapposizione. L’anno prima avevo ricevuto in dono due magnifiche pistole colt con le quali avevo giocato per l’intera giornata a cow-boy e fuorilegge. Poi una delle due l’avevo regalata ad un amichetto che impersonava quello che nessuno voleva fare: l’indiano disarmato che combatteva con un pezzo di legno che fungeva da pugnale. Mio padre mi elogiò per questo gesto, ma forse pensò che avrebbe potuto tranquillamente risparmiarsi i soldi di una pistola. Ma a 10 anni è difficile non fantasticare. Speravo che il sei gennaio mio padre si ricredesse e mi regalasse un sogno: il vestito da sceriffo. La mattina della befana la mia delusione fu enorme e non potevo neanche piangere perche ormai “ero grande”. MI fu d’aiuto un mio amico più piccolo, più povero e molto più maturo di me. Si chiamava Michele ma chissà perché tutti lo chiamavano Marittiello. Oggi è uno dei più brillanti imprenditori napoletani. Lui la befana non l’aveva mai avuta, perché il padre emigrato in Germania, mandava a casa appena i soldi per provvedere alla sopravvivenza della numerosa famiglia. Mi fece capire che c’erano cose molto più importanti per le quali disperarsi. Quasi mi convinse. Ma quando scendemmo in strada (allora i bambini giocavano in strada) ed incontrammo Eugenio, detto Gegè, uno spilungone di 15 anni col suo scintillante vestito da sceriffo, guardai la sua luccicante stella appuntata sul petto con la stessa voluttà con la quale, qualche anno dopo, avrei ammirato il paginone centrale di play-boy.
Mentre fantasticavo queste cose, alla Totò, Pazienza ha messo dentro il gol del pareggio ed ho pensato che la mia di pazienza stava per essere premiata: dopo 50 anni stavo per essere ripagato di quella befana mai ricevuta.
Avevo fatto i conti senza Maggio. Quando ha buttato fuori la palla del vantaggio (una rima per il mio amico Fabbrini), nel mio salotto sono scoppiate le invettive contro tutte le sue consanguinee. Insinuando dubbi non solo sul numero dei loro amanti fissi ed occasionali, ma anche sulla profondità di tutti i loro orifizi, da quelli auricolari a quelli situati più in giù, in zona basso ventre.
Quando, poi, Cannavaro è entrato, diciamo di schiena, su Cambiasso i nostri dubbi sono diventati certezze. A mente fredda chiedo adesso perdono, anche a nome dei miei ospiti, alla sua spettabile genitrice ed alle sue (se ne ha) di sorelle.
Appena finita la partita non ho avuto la forza di seguire nessuna trasmissione sportiva. Per tirarmi su sarei stato disposto a sorbirmi La Passione di Mel Gibson con sottotitoli in ebraico. Stamattina non ho neanche sfogliato i giornali. Ho appena dato un’occhiata al Napolista.
Ho resettato tutto. Mi sono detto: in fondo ho atteso 50 anni. Posso aspettare altri quattro giorni per avere quella befana che mi spettava da bambino. Forza Napoli. Battimi la Juve. Con o senza Quagliarella.
PASQUALE DI FENZO