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Perché nessuno vuole
venire a giocare a Napoli?

<em>Allora, le notizie sono queste: Balotelli, nonostante la serata all’Arenile, pare che abbia ribadito di non voler venire a Napoli; Gilardino fa sapere di pensare alla Juventus; Pazzini non ha brillato per dichiarazioni di amore nei confronti della squadra e della città. Insomma, siamo tornati alla fine degli anni Settanta, a quel no che Paolo Rossi rifilò a Ferlaino che voleva acquistarlo dal Vicenza. Erano altri tempi, Bosman chissà dov’era e i rifiuti dei calciatori si contavano sulle dita di una mano.
I tempi sono cambiati, di fatto i contratti valgono poco e quel che conta è sempre la volontà dell’atleta, o dell’allenatore. E, a quanto si legge suoi quotidiani e si ascolta in tv, Napoli non è una piazza appetita. A meno che non si tratti di professionisti a fine carriera, come Cannavaro o Toni.
Il segnale è preoccupante, non c’è che dire. E secondo me dovrebbe essere analizzato da più punti di vista. Quello societario, certo, dove a mio avviso la rigidità di De Laurentiis sui diritti d’immagine ha il suo peso. Monica Scozzafava ci ha spiegato che spesso ai calciatori – soprattutto quelli non ancora famosi – conviene rinunciare ai diritti d’immagine perché ci guadagnano con bonus e ingaggio. A maggior ragione, quindi, quello dei diritti d’immagine sembra essere una sorta di spartiacque che taglia fuori chi un nome già ce l’ha e, di conseguenza, chi è un campione già affermato.
Poi, probabilmente, c’è un altro aspetto, che pure qui sul Napolista abbiamo trattato. Napoli e la sua attrattiva sui calciatori e le rispettive famiglie. Non voglio qui aprire un altro dibattito, ma ci sarà stato un motivo per cui nel 2003 Alinghi scelse di disputare la Coppa America di vela a Valencia e non a Napoli. Da quanto tempo la nostra città non ospita una manifestazione sportiva di primo livello? Vado a memoria, mi sa che fu il primo turno di Federation Cup ( la Coppa Davis delle donne) qualche anno fa (mi sa il 2007) al palasport di Ponticelli. Giocammo contro la Spagna. Non solo perdemmo, ma le partite furono sospese perché pioveva nell’impianto. Una figura di merda memorabile.
Abbiamo più volte sottolineato come sia ridotto il San Paolo e da anni ormai assistiamo al valzer di responsabilità tra società e Comune. E chissà quanto ancora durerà.
Mah, io credo che questo c’entri, e tanto, con lo scarso appeal che il Napoli esercita sui calciatori. C’è un solo segmento in cui la città è riuscita in questi anni a restare in prima linea: l’arte contemporanea. Un po’ pochino, a voler essere sinceri. L’impressione è che siamo una città di seconda fascia, e che – temo – dovremo rassegnarci ad avere anche una squadra di calcio di seconda fascia.</em>
<strong>Massimiliano Gallo</strong>

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