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Napoli, un’altra epica conquista di Roma: cinquant’anni fa valse una medaglia

Un Roma-Napoli del passato, per celebrare la squadra bella, pratica e (ieri pure) orgogliosa di oggi. E un modo per ricordare Roberto Fiore.

Napoli, un’altra epica conquista di Roma: cinquant’anni fa valse una medaglia

Cattivi pensieri

Quando Banti ha annullato un gol regolarissimo a Mertens che poteva portare il Napoli sul 2 a 0 già nel primo tempo sono immediatamente iniziati a materializzarsi gli incubi di una settimana, di un calcio parlato e malato che non piace, di torti arbitrali che si abbattono sugli azzurri peggio di un macigno.

Le reazioni nei tifosi, credo, siano andate in varie direzioni. Il disgusto, il reiterarsi di certi episodi, il complotto e le congiure, il sistema, la voglia di mollare e dire “ciao ciao caro calcio, è stato bello averti incontrato ma adesso non mi piaci più”. Gli incubi di sempre. Un amore per questo sport incondizionato che vacilla sotto i colpi di decisioni arbitrali quasi sempre sfavorevoli, un amore che rischia di essere minato da fattori che vanno a condizionarne la bellezza, un amore che sentenzia “cara, ci prendiamo una pausa di riflessione” o “cara, ho capito di non amarti più”.

Una sensazione che provammo con tale intensità solo col primo Calcioscommesse, quello che rischiò davvero di farci disamorare di uno sport che da sempre è passione, gioco, sentimento e gioia. Anche lacrime talvolta, perché no? Per questi motivi io e mio figlio abbiamo iniziato a fare contorsioni sul divano di casa, a cambiare espressione facciale, a chiederci i soliti “perché?“.

Difendere l’amore

Dopo un corso di yoga accelerato ho cercato di spiegare al virgulto come non dobbiamo permettere che una storia d’amore così lunga possa finire per colpa di decisioni avverse e che la nostra non deve essere una passione da tenere viva solo mettendo insieme i cocci di un vaso che è praticamente rotto. C’è dell’altro, ci deve essere dell’altro. L’amore per il calcio, per i colori che rappresentano la nostra città, deve essere incondizionato, dobbiamo solo giurargli fedeltà eterna.

Fortunatamente la squadra di Sarri, nella gara vinta contro i giallorossi, ci è venuta incontro, ci ha dato una mano in questa direzione, ci ha portato lemme lemme verso il r-innamoramento per il gioco del calcio, scacciando demoni e fantasmi, veleni e polemiche. Se esaminiamo i 95 minuti della partita, il Napoli ha giocato come sa fare, ha entusiasmato facendoci vedere un bellissimo calcio e ha gestito una partita non facile.

Sconfiggere gli spettri

Inoltre ha tirato fuori l’orgoglio e la forza del gruppo palleggiando senza alcun timore al cospetto della Roma mettendo a tacere i maligni che sospettavano la ‘crisi’ dopo un tris di colpi psicologici di non poco conto.

Gli spettri di Madrid, Atalanta e Juventus incontrati nelle tre competizioni rischiavano di aleggiare sui profili di una squadra giovane e alle prese, in questa fase della stagione, con un dilemma di non poco conto: giocare con i tre piccolini o riproporre il centravanti classico?  Il Napoli dei primi 80 minuti è stato armonioso ed efficace, ha fatto un partitone e poteva chiudere sul 3 a 0 in più di un’occasione.

Praticamente ci ha divertiti e ci ha riconciliati con questo gioco bellissimo facendoci dimenticare i torti di Torino e persino l’errore di Banti nel primo tempo. Poteva bastare questo per mettere da parte le chiacchiere di una settimana e quelle che rischiavano di ri-nascere nel caso quel gol annullato a Dries Mertens avesse pesato sul risultato finale? Abbiamo riflettuto e la nostra risposta è stata un “no” deciso. Ci voleva dell’altro.

Epic Napoli

Questo altro fattore lo abbiamo individuato in un dato semplice, sotto gli occhi di tutti. Gli ultimi 15 minuti della partita, i 10 canonici più i 5 di recupero, sono stati epici da parte della difesa del Napoli. La squadra, senza Sarri in panchina, si è difesa a denti stretti, ha eretto una barriera davanti a Reina, ha tamponato da ogni lato gli attacchi della Roma, ha alzato un muro in cui i pilastri portanti si chiamavano Albiol e Koulibaly. Sì, per una volta, e non ce ne vergogniamo, anche noi abbiamo messo il pullman davanti ai pali di ‘Ommità’ Reina. Come nel calcio epico di una volta.

Perché era troppo importante portare a casa un risultato pieno, anche rischiando come nel caso del palo di Salah e nelle paratone del nostro portiere che, per essere in tema, vestiva tutto di nero. E se per una volta, anche solo per un quarto d’ora, gli azzurri hanno subito, fa nulla. Abbiamo visto un calcio d’altri tempi ma abbiamo tre punti in più in classifica. Perdinci!

Terzo punto di questo lento ri-avvicinamento alla bellezza del calcio, al lasciarsi dietro le scorie di parole vuote e chiacchiere da bar, le pagelle. A guardarle, almeno sette/undicesimi degli uomini scesi in campo hanno avuto voti che vanno oltre il “sette”. Che significa? Vuol dire che il gruppo ha giocato ad altissimi livelli, i voti alti significano ‘partita speciale’ ed unità di intenti. Ha vinto il gruppo, al di là degli 8 e dei 7 dispensati a piene mani e solo qualche 6,5.

Roberto Fiore

Fino all’89, quando Strootman ha beffato Reina sperando di riaprire la gara, non ho smesso di pensare alla recente scomparsa di Roberto Fiore e ad una altra epica e gloriosa vittoria del Napoli all’Olimpico, quella del 2 ottobre 1966, firmata dalle reti di Braca e di Sivori che, con un diabolico pallonetto, uccellò il portiere romanista Pizzaballa. Pazienza se il giocatore olandese ha rotto la ‘rotondità’ del risultato ma questo 2 a 1 può avere gli effetti che ebbe quella vittoria davanti a 40000 napoletani in delirio (oggi, ahimè, i supporter partenopei sono più davanti alla tv che allo stadio).

La consapevolezza di essere forti, di giocare un ottimo calcio, pratico ed elegante, di divertire il pubblico e di essere sempre ai vertici della classifica. Successe questo allora, 50 anni fa, e può accadere lo stesso oggi. In quella occasione il presidente Fiore, inorgoglito dalla vittoria dei suoi ragazzi nel “Derby del sole”, non mise mani al portafoglio.

La medaglia

Pensò piuttosto, da napoletano verace, a qualcosa che potesse durare nel tempo e rinverdire le gesta degli eroi di quella partita. Regalò a tutti una medaglia d’oro a ricordo dell’impresa. Su di essa, con il nome di ogni giocatore, la data della partita e un ciuccio in rilievo che scalcia due palloni sull’Olimpico, impresse la scritta “Ai conquistatori di Roma”.

Fu un gesto molto apprezzato da tutta la squadra che rinsaldò il legame con un presidente ‘galantuomo’ che sapeva cementare il gruppo e per il quale il Napoli era una ragione di vita. Sarebbe eccessivo e troppo romantico fare un gesto del genere oggi per dare valore e credibilità a questo sport? Che ne dice, presidente De Laurentiis?

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