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Auguri a Ciro Ferrara, un napoletano ambizioso che se ne frega dei fischi

I suoi primi 50 anni. A Napoli ha vinto tutto, diede dignità a quei ragazzini che giocavano “dietro”. Lo fischiano perché poi andò alla Juventus tradendo la liturgia.

Auguri a Ciro Ferrara, un napoletano ambizioso che se ne frega dei fischi
Ciro Ferrara segnò il gol del 2-1 a Stoccarda nella gara di ritorno della finale di Coppa Uefa 1989

Quel quattordicenne col morbo di Osgood-Schlatter

Auguri a Ciro Ferrara, un napoletano ambizioso. Oggi, undici febbraio, ha compiuto 50 anni. Una carriera non male per un ex quattordicenne con il morbo di Osgood-Schlatter, che tira in salita tra una marea di scudetti e ogni coppa immaginabile mentre scambia palloni con Maradona e Zidane. Un napoletano non troppo amato dai suoi concittadini che lo fischiano senza tregua al San Carlo, mentre saluta il ritorno scenico del Diego onnipresente.

Ma anche un napoletano che non fa una grinza, al quale tantissimo – negli anni – è letteralmente scivolato addosso senza lasciare alcuna traccia. Napoli fischia e lui se ne fotte. È lì la vera cifra stilistica di questo grande giocatore, il suo saper guardare a sé, il suo spiccato individualismo, l’aver fondato la sua causa personale su una voce che riguarda lui unicamente, la fame che gli deriva dalle sue viscere di campione indomito dai piedi di legno cui neppure il mare del golfo sa imporre redini e morso.

Diede dignità a orgoglio a chi giocava “dietro”

Non c’è da meravigliarsene, d’altra parte. Ferrara diede dignità ed un pizzico di orgoglio anche ai ragazzini che in quella felicissima seconda metà degli anni ottanta giocavano su strade e campetti della città da difensori, “dietro”, scudieri del portiere, a ridosso della propria linea di fondo, con un filo di vergogna, dove i compagni più estroversi, gli attaccanti di mestiere o semplicemente i più prepotenti li avevano ricacciati.

Ferrara rese nobile il ruolo di terzino, lo rese pietra necessaria alla costruzione di un successo. Per portare con orgoglio in spalla il peso greve del numero due devi anzitutto fottertene, come ha fatto Ciro in tutti questi anni. Serio e concentrato su di sé, col distacco che serve a battere un calcio di rigore in una finale di Champions vinta – e la Juventus non ne annovera troppe nel suo palmares.

C’è del bianconero nella sua carriera

A proposito, c’è del bianconero nella sua carriera. Lui lo mostra con un evidente disinteresse, da napoletano atipico – poco ciarliero, per nulla intrattenitore, non troppo compagnone e molto vincente. Si, c’è del bianconero, dopo aver vinto tanto in azzurro, quasi più di quanto i suoi occhi potessero sopportare quella notte a Stoccarda. Per tanti, all’ombra del vulcano, non basta. Devi fonderti col paesaggio, accettare la comunione di sangue, devi entrare nelle edicole votive con rispetto e restarci mentre gli altri celebrano funzioni e liturgie. Ciro Ferrara ha la concentrazione su di sé che non si addice a un santino, va altrove, rivendica persino il suo ottavo scudetto juventino, lui che l’ha giocato. E poi fischiate. Fischiate. Lui se ne fotte. Lui vince.

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