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Il reparto di medicina cinese all’ospedale San Paolo e l’antica diatriba sulle medicine alternative

Al Senato un convegno (contestato) per chiedere la gratuità delle cure. Il professor Iommelli: «L’agopuntura nel 700 agli Incurabili»-

Il reparto di medicina cinese all’ospedale San Paolo e l’antica diatriba sulle medicine alternative

“Quale altra alternativa?” recitava Massimo Troisi in una delle celebri scene di Ricomincio da tre, “…un’alternativa aggio sempre tenuta, una alternativa; mo’ addo’ asceva ‘sta seconda alternativa?”

Non avere un’alternativa significa non poter scegliere, perché la strada è unica, ma la cultura occidentale della libertà, la democrazia si basa proprio sulla possibilità di scegliere. Un concetto per cui ci siamo battuti, abbiamo fatto guerre e difeso popoli, ma ci sono degli ambiti in cui non riusciamo ad applicarlo. La sanità è uno di questi.

Domani, 29 settembre, è previsto in Senato un simposio dal titolo “Le Medicine Tradizionali, Complementari e Non Convenzionali nel Servizio Sanitario Nazionale per l’uguaglianza dei diritti di salute” per ragionare e discutere tra l’altro della possibilità di inserire le cosìddette “medicine non tradizionali” nel LEA (livelli essenziali di assistenza). Un’idea che ha dell’incredibile, anzi dell’assurdo secondo alcuni che hanno dato battaglia al Senatore Romani, promotore dell’iniziativa ed alle “medicine alternative”.

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I primi a scendere in campo sono stati quelli del Cicap (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale) additando le medicine alternative come pratiche antiscientifiche. Oggi in Italia la medicina oggi in Italia è intesa dal sistema sanitario nazionale esclusivamente come medicina allopatica tradizionale, tutto il resto non viene preso in considerazione. Siamo un paese dell’UE e l’Unione ha finanziato alcuni programmi di ricerca sulle “Complementary and Alternative Medicine”, di cui tra l’altro l’Italia ha fatto parte. In Europa non meno di cento milioni di persone fanno uso di prestazioni sanitarie basate su Medicine Non Convenzionali.

Anche il presidente dell’Iss (Istituto superiore della sanità) Ricciardi ha appoggiato le critiche al simposio di giovedì prossimo «È evidente che il Parlamento ha il diritto-dovere di discutere e dibattere ogni argomento attenga alla vita dei cittadini ma sul tema della salute è necessario prestare grande attenzione. La promozione di cure antiscientifiche significa, infatti, fare un’operazione culturale che va in direzione contraria alla costruzione di un sistema sanitario equo e sostenibile».

La presentazione del convegno sottolinea che “la parola Medicina è diversa per ogni cultura e po­polo che ne ha tratto beneficio; per cui esistono tanti sistemi di guarigione e cura quante culture esistono nel mondo”. E’ giusto chiudersi alla conoscenza di una cultura medica che è diversa dalla nostra?

Il professor Ottavio Iommelli, direttore del reparto di Medicina Tradizionale Cinese presso l’ospedale San Paolo, che lavora da anni a contatto con i pazienti praticando l’agopuntura e queste medicine “antiscientifiche”, la pensa diversamente. «Non si tratta di rinnegare la medicina tradizionale, né di gravare sul sistema sanitario nazionale, non è possibile che non si capisca. Ora si parla di costo effettivi, cioè se quella data terapia ha un costo effettivo per essere inserito nei LEA, bene l’agopuntura ad esempio ha un costo praticamente nullo per il sistema sanitario nazionale». Parole che appaiono una risposta alle affermazioni dei giorni scorsi del presidente dell’Iss. «Non bisogna confondere, infatti, la libertà di cura con i criteri con cui deve essere garantito un equo accesso alle cure per tutti i cittadini e che deve riguardare terapie e metodi di provata efficacia, condivisi dalla comunità scientifica in modo da evitare sprechi di risorse a danno della collettività»

«Alcune regioni – prosegue Iommelli – come Piemonte, Val d’Aosta, Emilia Romagna, Toscana non hanno atteso una legge nazionale, hanno inserito le prestazioni di medicina non convenzionale nell’offerta sanitaria. Il simposio nasce per analizzare queste esperienze e discuterne. Si tratta di dare la possibilità al cittadino di utilizzare l’agopuntura o la fitoterapia al pari di una medicina allopatica, senza dover affrontare costi che attualmente la rendono non alla portata di tutti. Al San Paolo abbiamo una grossa affluenza, anche maggiore di alcuni centri della Toscana, dove l’agopuntura è inserita nell’offerta sanitaria. Purtroppo noi non sappiamo venderci. I primi ambulatori pubblici di agopuntura sono stati aperti nel ‘700 presso l’ospedale degli “Incurabili”, ma nessuno lo sa. Al Sud non facciamo notizia. Molte signore del rione Traiano che vengono da noi, non sanno cosa sia l’agopuntura, ma glielo ha consigliato l’amica, la vicina e allora vengono per passaparola».

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